Home » "A quiet place": una famiglia e il silenzio per un grande horror

"A quiet place": una famiglia e il silenzio per un grande horror

by Francesco Boco
0 commento

Roma, 23 apr – John Krasinski è un attore di origini polacco-americane cresciuto professionalmente recitando in numerose commedie. Nel 2016 ha ricoperto il ruolo di protagonista nel bel film di azione 13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi, del regista di Transformer Michael Bay, dove tra l’altro viene citato lo storico delle religioni tradizionalista Joseph Campbell. Oggi ritorna nel doppio ruolo di regista e attore con l’horror A quiet place – Un posto tranquillo, un film che nessun appassionato del cinema di qualità e delle emozioni forti dovrebbe perdere.
La vicenda inizia in un supermercato abbandonato. Sin dalle prime battute risulta chiaro che il mondo è diventato un posto inospitale, disabitato e in rovina. La famiglia Abbott, composta dai due genitori e i tre figli, si muove in totale silenzio alla ricerca di medicinali o altri beni di prima necessità. Con l’andare del film si scoprirà che la causa della distruzione del mondo degli esseri umani è dovuta a una specie aliena estremamente sensibile ai rumori che ha sterminato quasi tutta la popolazione mondiale. La famiglia di cui la pellicola racconta le vicissitudini è una delle poche sopravvissute, ma per restare al riparo dai feroci predatori che infestano la zona deve attenersi a regole di vita rigidissime, la prima delle quali è proprio di non emettere alcun suono forte che possa attirarli.
Tutto si complica nel momento in cui si avvicina sempre più il giorno in cui la madre, una Emily Blunt intensa e ben calata nella parte, darà alla luce il bambino in arrivo. In un crescendo di eventi, conflitti familiari e pericoli, il film conoscerà un picco di tensione che dominerà tutta la seconda parte.
Diversi aspetti rendono A quiet place un film notevole, considerata anche la media dei film horror degli ultimi anni. È bene precisare fin da subito che questa è una pellicola che si apprezza appieno solo nel contesto di una sala di cinema, perché i lunghi silenzi, i sussurri e i suoni quasi impercettibili su cui il regista ha costruito tutta la solida struttura di tensione e paura richiedono una concentrazione costante garantita solo dall’impianto audio avvolgente di un cinema. Ed è precisamente sul silenzio che si gioca tutta la forza straordinaria di questo film. Lo spettatore si troverà a vivere con la famiglia ogni singolo gesto con l’orecchio teso al minimo rumore e quando le cose peggioreranno sarà proprio il suono a diventare il vero motore della tensione.
Le figure del padre e della madre sono quanto di più lontano si possa immaginare da qualsiasi narrazione “gender” oggi tanto in voga. Nel film non c’è alcun tentativo di decostruzione o ripensamento dei ruoli familiari. In una situazione di vera e propria sopravvivenza l’uomo provvede a guidare la famiglia, a proteggerla e a fissare le regole; la madre cura la casa, educa i bambini, supporta il marito nel duro e faticoso ruolo di sentinella senza quiete. Calati in una condizione di vita rurale, del tutto isolata dai resti della civilizzazione urbana, gli Abbott vivono in un posto tranquillo che diventa il loro fortino, recintato da luci rosse e protetto da muri di granturco. Sarebbe un idillio che richiama le più serene famiglie tradizionali se non fosse l’ultima disperata resistenza a un mondo ostile e feroce.
Similmente la parte dei figli rivestirà un’importanza crescente nel corso del film e verrà tratteggiata con cura e credibilità. Le dinamiche adolescenziali, le insicurezze della giovane età, la nuova vita che nasce, tutto viene sapientemente calato nello stretto legame familiare che stringe gli elementi di questo piccolo mondo sotto assedio. C’è perfino il rito di passaggio da padre a figlio, il momento di rottura che si rivelerà decisivo nel momento di massimo pericolo. Il padre, di nuovo, sarà lungo tutto il film una figura autorevole senza mai essere autoritaria. Paziente, coraggioso, perseverante («noi continueremo a provarci») e mai patetico. Emily Blunt sarà protagonista di una sequenza al cardiopalma in cui tutta la potenza della maternità verrà esaltata al massimo livello.
Cose da dire ce ne sarebbero molte, ma come sempre ognuno vedrà nel film ciò che la sua sensibilità gli suggerisce. Di certo non potrà restare indifferente a una pellicola che rielabora completamente i canoni del genere proponendo un modello non solo cinematografico dai forti caratteri anti-moderni.
Francesco Boco

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati