Reggio Emilia, 28 giu – La notizia dei 18 arresti dell’operazione Angeli e Demoni di Reggio Emilia, in merito agli affidi illeciti di minori, rappresentava soltanto la punta dell’iceberg dell’orrore. Perché ora iniziano a emergere le storie di chi ha subito abusi, inganni, sevizie mentali, ore di lavaggio del cervello martellanti camuffate da sedute di psicoterapia – in alcuni casi stupri avvenuti nelle case-famiglia. Atrocità che avranno effetti “gravissimi e permanenti” sulla mente delle vittime, come sostiene lo psichiatra Alessandro Meluzzi.

Plagi e lavaggi del cervello

Il Tgcom24 riporta l’intercettazione ambientale di una delle sedute a base di vere e proprie torture psicologiche subite da una delle piccole vittime. La bimba non riesce a comprendere perché non può più incontrare i genitori naturali e vorrebbe riabbracciarli. Ma le psicologhe, le assistenti sociali, e gli affidatari, indagati, la plagiano in ogni modo, martellandola, confondendola, instillandole dubbi sulle sue memorie. “Ma io non mi ricordo perché non li posso più vedere”, sostiene la bimba. “Ma non ti ricordi che hai detto che tuo padre non lo volevi più rivedere? Io ricordo questo”, le spiega la psicologa. Ma la bambina è sicura di quello che ha vissuto: “Non ho detto questo. Ma io non ho detto che non volevo vederlo”. “Sì, hai detto che non volevi vederlo perché avevi paura che ti facesse del male… che si potesse vendicare… o che ti potesse portare via. Ti ricordi la paura che hai sentito. Te la ricordi adesso?”, le chiede l’affidataria facendo eco alla psicologa. Da gelare il sangue nelle vene. “Quello che tu dirai al giudice il tuo papà non lo saprà, neanche la tua mamma”, la rassicura una psicoterapeuta. E poi le mette il dubbio, cercando di fiaccarle la memoria: “Forse sono io che mi ricordo male, ma quando ti hanno detto che non avresti più visto il tuo papà tu eri contenta, te lo ricordi?”. La piccola vittima: “Non mi viene in mente, non mi ricordo di aver detto così“. E a questo punto interviene l’affidataria a dare manforte all’altra aguzzina: “Guarda che non c’è niente di male! Perché se tu hai vissuto una situazione che ti hanno fatto stare tanto male… d’accordo, tu come bimba puoi dirlo che stai proprio male e che non hai voglia di star male così (…) Sono gli adulti che si occupano dei bambini, non viceversa. Non è che se tu hai detto che stavi tanto male e non volevi più vederlo sei una brutta bambina”.

L’incubo delle famiglie affidatarie

Vi è poi la storia di Giulia, riportata da Il Fatto Quotidiano: epilettica, è stata data in affido a due donne dopo l’accusa (falsa) di molestie paterne. Una delle due affidatarie aveva avuto una relazione sentimentale con la responsabile dei servizi sociali, ora agli arresti. Giulia è stata minacciata con urla e bestemmie dalle “mamme” perché confessasse violenze mai subite. O quella di Roberto, costretto ad accusare i genitori di aver masturbato lui e tutti i suoi fratelli, viene realmente stuprato a soli sette anni da un ragazzo, di 17 anni, affidato alla stessa famiglia. L’assistente sociale incolperà però il piccolo: “Chissà che segnali avrà mandato a questo ragazzo perché fosse predabile”.

La procura: “Il sindaco dem sapeva”

Un sistema che, presentato davanti alla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, il sindaco dem Andrea Carletti definiva come “il fiore all’occhiello del Comune”, in grado di “mettere in campo tutte le azioni possibili per ridare speranza, futuro e dignità a questi minori”. Ma non solo: “Un sistema di servizi di welfare di comunità composto da operatori estremamente competenti, un sistema abituato a saper innovare, rimodulare le proprie azioni, i propri comportamenti, i propri progetti in base al mutamento dei bisogni”. Un po’ diversa l’opinione della Procura, secondo la quale Carletti era “pienamente consapevole della totale illiceità del sistema e della assenza di qualunque forma di procedura ad evidenza pubblica volta all’affidamento del servizio pubblico di psicoterapia a soggetti privati”.

Cristina Gauri

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

19 Commenti

  1. Chi risarcirà la vita violata di questi ragazzi appena i riflettori si spegneranno e i bravi avvocati rimanderanno i loro assistiti a casa come se nulla fosse successo, noi ce la prendiamo sempre con i giudici ma cosa ne dite degli avvocati che sono pronti a vendere le loro madri per avere un’assoluzione? Ma possibile che quando accadono queste cose specialmente sui bambini piccole vittime innocenti non si possa chiudere gli aguzzini in carcere e buttare le chiavi, anche fare chiasso mediatico gioca a loro favore, forse in Germania o altri paesi accadono le stesse cose ma non vengono pubblicizzate come da noi, qualche volta ho sentito dei suicidi in carcere…….saranno veri?

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