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Alla Regione Lazio funziona l'inciucio Pd-M5S. Di Maio farà come Zingaretti?

by Adolfo Spezzaferro
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Roma, 10 apr – Alla Regione Lazio l’inciucio Pd-M5S si è già consumato. Il governatore Nicola Zingaretti infatti per poter governare si è accordato con i 5 Stelle. Si vede che alla Pisana i pentastellati fanno meno storie che per Palazzo Chigi. Oppure, più semplicemente, per governare il Paese gli accordi non sono ancora maturi.
Insomma, come spiega Davide Barillari, consigliere 5 Stelle della Regione Lazio, “il M5S è cambiato molto in questi anni, c’è stata una crescita e una maturazione. Adesso siamo un partito di governo, dobbiamo capire come portare avanti i nostri contenuti. In 3 mesi dobbiamo capire se su temi importanti come la sanità e i trasporti riusciamo a costruire qualcosa con la giunta Zingaretti. Questo rapporto finora sta funzionando, per quelle che sono le regole che ci siamo dati”.
“Prima – spiega Barillari – c’era un muro invalicabile, adesso i nostri interlocutori sono costretti a dialogare con noi. Zingaretti non è Renzi, ha vinto anche perché è riuscito ad apparire come lontano dal renzismo”. A tal proposito Roberta Lombardi, capogruppo 5 Stelle al Consiglio regionale, si spinge oltre, ammettendo che un Pd “derenzizzato” sarebbe perfetto per governare il Paese.
“Cerchiamo di portare avanti questa collaborazione – prosegue Barillari – , ma abbiamo una mozione di sfiducia pronta qualora il Pd prendesse un’altra direzione. Come sta cercando di fare Di Maio col contratto di governo, anche noi stiamo discutendo su alcuni punti chiave, alcune proposte concrete su cui possiamo trovare una via di mezzo, dalla sanità al piano rifiuti”.
Le parole d’ordine sono le stesse che per la politica nazionale, insomma. Con la differenza che alla Pisana, se Zingaretti non rispetta l’accordo, i 5 Stelle tolgono la fiducia. A Palazzo Chigi invece sarebbe il contrario: a Di Maio servono i voti del Pd in Aula.
Ma la sostanza non cambia: l’inciucio alla Pisana c’è già. E molto probabilmente ci sarà anche in Parlamento.
Zingaretti, dal canto suo, dovrà portare avanti un programma il più possibile condivisibile, anche dal centrodestra. I numeri per governare si reggono sulle intese e per andare avanti si dovranno spartire incarichi e poltrone con il bilancino.
Come sul fronte delle commissioni. Dovrebbero essere 12 o 13 (sommando alle otto permanenti, il Corecoco-Comitato regionale di controllo contabile, il Comitato per il Monitoraggio dell’attuazione delle leggi e la valutazione degli effetti delle politiche regionali e qulle speciali su Antimafia, Terremoto e Riforme istituzionali), con 4 o 5 presidenze che andrebbero al centrosinistra e il resto agli “alleati”.
Adolfo Spezzaferro

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1 commento

Raffo 10 Aprile 2018 - 1:00

Siamo ai titoli di coda,alla chiusura del sipario,piddini e grillini insieme, razze padrone e frustrate,regaleranno sicuramente case e palazzi a zingari e feccia africano magrebina…….daranno soldi a islamici e terroristi maomettani, cresceranno come funghi moschee e zone di spaccio e contrabbando…….. Auguri Italia.

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