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“Amore sconfinato per la Russia”. Fino a quando resterà al potere la guida del Burkina Faso

by La Redazione
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Burkina Faso Russia

Pubblichiamo l’articolo dell’analista russo Viktor Vasil’ev – uscito originariamente per il sito Regnum – e tradotto in italiano da Marco Civitanova [IPN]

L’attentato ai danni della guida del Burkina Faso Ibrahim Traoré, avvenuto alcuni giorni fa, ha inaspettatamente ricevuto una notevole attenzione nei media russi. Probabilmente, tale attenzione è stata suscitata dai piani già annunciati dell’ingresso e della presenza attiva nella regione di una nuova struttura del Ministero della difesa russo: il Corpo Africano.

Erede di Sankara

Il Burkina Faso è un paese in cui è al potere la più giovane figura di comando africana: il capitano Ibrahim Traoré, 34 anni. La maggior parte della Russia ha saputo dell’esistenza di questo paese e della sua giovane guida solo dopo una foto iconica in cui un uomo in uniforme militare e con una spiccata postura marziale posa accanto a Vladimir Putin, durante un servizio fotografico al vertice Russia-Africa. In quell’occasione, nel luglio dello scorso anno, molti osservatori stranieri (e generalmente ostili) notarono che durante la tavola rotonda Ibrahim Traoré fu tra le prime figure di comando africane a cui venne concessa la parola. Inoltre, durante la sessione fotografica generale, Traoré era la persona più vicina al presidente russo. A questi dettagli non solo in Occidente, ma anche in Africa si attribuisce un significato particolare. Non avrebbe potuto essere un segnale casuale nemmeno per il vertice Russia — Africa, tenutosi a San Pietroburgo.

Dopo tale vertice, i giornalisti dei principali mezzi di informazione russi hanno iniziato ad esaminare più attentamente la storia della relazione tra i due paesi (Russia e Burkina Faso) e, con loro sorpresa, hanno trovato paralleli rivelatori. Basti ricordare la visita che Thomas Sankara fece nel 1987 in Unione Sovietica e gli appassionati discorsi rivoluzionari che la guida africana, divenuta oggi un’icona del movimento panafricano, pronunciò dal podio delle Nazioni Unite. Non c’è da stupirsi che Sankara sia anche chiamato il «Che Guevara africano». Come la giovane Cuba degli anni 1960-70, Sankara (e in generale i capi africani) avrebbe potuto ancora dare nuova linfa al decrepito socialismo sovietico, ma non accadde. Gli eventi contemporanei e la nuova pagina delle relazioni tra i due paesi ricordano invece un miracolo.

Cominciamo col dire che l’ascesa al potere tra il primo e il due ottobre 2022 di questo capitano dell’Unità Speciale Cobra, prima dei fatti un illustre sconosciuto, fu una sorpresa assoluta per tutti. Inoltre, come africanista e come persona che ha trascorso diversi mesi in Burkina Faso, assicuro: l’ascesa al potere del capitano Traoré è stata una sorpresa assoluta anche per gli attivisti politici più audaci nella stessa capitale Ouagadougou. Che un nuovo capo politico si identificasse genuinamente con Thomas Sankara e la sua eredità, che la riabilitazione ideologica di Sankara si verificasse anche nella sfera geopolitica, che avvenisse un’alleanza strategica con la Russia, che le nuove autorità si attenessero ad una retorica socialista e assolutamente ostile all’occidente… insomma, tutto ciò sarebbe stato possibile solo nei sogni più intrepidi di pochi seguaci del sankarismo.

Nemmeno oggi questi politici romantici (e, per alcuni, estremisti) sono poi così tanti in Burkina Faso. La società locale non sembra ancora aver realizzato del tutto l’importanza di ciò che sta accadendo. Bisogna ricordare che qualsiasi successo di Thomas Sankara e la sua eredità politica furono sottoposti a damnatio memoriae per molti anni dal regime filofrancese di Roch Kabore, mentre i suoi seguaci vennero perseguitati.

Il Club dei Capitani

Ma torniamo alle circostanze dell’ascesa al potere di Ibrahim Traoré. Tali circostanze segnano un punto importante. Perché questa ascesa è stata possibile, al netto del fatto significativo che la società e i gruppi di potere (il che è ancora più significativo) sono stati colti completamente impreparati? La ragione ultima va ricercata nella guerra, in cui questo paese si trova dal 2019.

Dopo il crollo della Libia, o meglio, dopo la sua distruzione da parte della coalizione occidentale, la minaccia del jihadismo si diffuse a sud. Le forze armate del Burkina Faso, che tradizionalmente si affidavano a un contingente militare francese e mancavano dell’esperienza, delle attrezzature e della forza adeguate, si dimostrarono impreparate a una guerra su larga scala con gruppi ben armati che si infiltravano attraverso i confini settentrionali con il Mali e il Niger. Inoltre, si scoprì che una parte della popolazione locale (e determinati gruppi etnici, ad esempio i Fulbe, il terzo gruppo etnico più numeroso del paese) era sensibile alla propaganda degli estremisti. A questi processi si sovrapponevano i problemi tradizionali dell’Africa: alta disoccupazione giovanile, sviluppo insufficiente delle infrastrutture e dell’istruzione, ecc.

In queste condizioni critiche, al fine di combattere i jihadisti nel 2019 vennero istituiti i “Cobra”, unità speciali (in altri termini, forze speciali) dell’esercito. Queste unità si trovarono a gestire da sole le aree più impegnative della turbolenta regione e finirono per subire le perdite più gravi, il che non poteva non causare malcontento tra gli ufficiali di grado medio e i sottufficiali. Da questa confraternita militare nacque un gruppo di ufficiali che sarebbero ascesi al potere nel 2022. Si tratta di un gruppo molto ristretto di militari, circa 20-30 individui, orientativamente della stessa età (30-35 anni) e dello stesso grado. Li si chiama anche “Il Club dei Capitani”. Sono tutti giovani e inesperti. Sono tutti idealisti. E la cosa più sorprendente è che da circa un anno e mezzo riescono a conservare il potere nel paese. A dispetto di tutto.

Sottolineiamo la cosa più importante: chiamare le autorità attuali una «giunta militare», come è consuetudine nella stampa occidentale, è fondamentalmente sbagliato. Gli ufficiali che sono saliti al potere non esprimono gli interessi dell’esercito, che viene tradizionalmente considerato il maggiore vertice di potere nei paesi africani del Sahel. E, cosa più sorprendente, non possono fare affidamento interamente sull’esercito, da cui provengono. È sufficiente tenere conto del fatto che la maggior parte degli ufficiali superiori è in un modo o nell’altro legata alla Francia (si sono addestrati quasi tutti lì). Inoltre, tradizionalmente i militari africani sono lo strumento attraverso cui la Francia esercita la sua influenza sul continente nero.

Secondo i miei calcoli, l’ultimo attentato è come minimo il settimo tentativo di colpo di Stato nel periodo in cui il capitano Traoré si trova al potere. E sono quasi sicuro che nei prossimi sei mesi uno di questi tentativi avrà successo. Per la semplice ragione che l’esercito e i servizi segreti in Burkina Faso hanno un’enorme influenza e formano il vertice di potere nazionale: per quanto possa sembrare strano, Ibrahim Traoré non ha un sostegno affidabile proprio in questi settori della società.

La capitale contro la provincia

Menzionerò anche un altro fatto che un osservatore esterno, in caso di permanenza prolungata nel paese, non può non notare. Intendo la vita ordinata e sufficientemente sviluppata (per gli standard africani) della capitale Ouagadougou. Tutti i caffè e i ristoranti lavorano e sono pieni (se non completamente, almeno a metà), l’ordine sociale ed economico è stabile, la gente ha uno stile di vita dinamico, per strada girano molte auto costose.

Tutto ciò contrasta con la retorica (che è chiaramente estranea ai residenti della capitale) espressa dalle nuove autorità. Tutte questi militari in uniforme, con i loro solenni discorsi sulla morale, sulla patria, sulla giustizia e sul sacrificio di se stessi hanno un aspetto come minimo surreale sullo sfondo della vita metropolitana. Lo stesso Traoré, come se sentisse l’assenza di questa reciprocità, trascorre la maggior parte dei suoi impegni ufficiali nelle province, da dove trasmette tutti i suoi appelli principali alla nazione. È nelle province che ha un vero sostegno della maggioranza.

Ora poniamo la domanda in modo diverso. E il nuovo potere? Vede l’instabilità della propria posizione? Credo di sì. Ecco il motivo delle frequenti sostituzioni di personale tra i più alti ufficiali dell’esercito e dei servizi segreti. Si vuole evitare che si verifichi con successo una cospirazione controrivoluzionaria. Un’altra tecnica efficace applicata dalle nuove autorità è lavorare con i media tradizionali (TV, radio, stampa). La popolarità di Ibrahim Traoré tra la gente comune non è solo intuitiva e spontanea: è anche la conseguenza di un lavoro piuttosto professionale.

Comprendendo che Thomas Sankara è l’archetipo del capo nazionale per i burkiniani comuni, Ibrahim Traoré imita consapevolmente il suo stile esteriore, evitando tuttavia misure brusche o radicali nel governo reale. Di per sé, anche il lavoro dell’amministrazione presidenziale con la stampa è organizzato in modo professionale ed efficiente. Vale la pena notare questo aspetto a parte: tale professionalità si manifesta anche nei dettagli minuti, compresi tutti gli eventi ufficiali in cui sia presente la nuova guida. Questo lavoro efficace viene ripetuto anche nel contatto sistemico con i capi dei movimenti urbani. Naturalmente, i militari non possono coordinare di persona queste operazioni: hanno istituito gruppi di esperti consiglieri e funzionari civili. E finora lo “scommettere sulle strade” e anticipare il nemico si è rivelata una strategia di successo.

Quanto ho appena detto non annulla la mia previsione: la situazione delle autorità in carica (a differenza del Mali) è estremamente instabile. L’intera ex élite politica ed economica del paese si è semplicemente ritirata per qualche tempo, in attesa che Traoré faccia un passo falso. Le idee del sankarismo sono profondamente estranee sia all’esercito in forza che ai servizi segreti, così come all’intero apparato burocratico (che è numeroso ed influente, in osservanza della tradizione francese).

Gli attivisti tipici e i sinceri sostenitori delle nuove autorità sono per lo più emarginati sociali. E persino tra costoro (dettaglio a cui ho prestato particolare attenzione) molti hanno paura di esprimere pubblicamente opinioni panafricane per timore di perdere il lavoro o di finire nei guai dopo la caduta delle autorità in carica. La società è divisa, le persone hanno paura di esprimere la propria opinione. Sono tutti segnali di allarme per il potere di Traoré. In uno dei prossimi tentativi di colpo di stato… semplicemente non si troverà un numero sufficiente di attivisti che scendano in piazza a gridare slogan panafricani con le bandiere del Mali, del Niger e della Russia.

La Russia africana

A proposito, la Russia. Si tratta di un altro sorprendente fattore nell’attuale situazione geopolitica. In Burkina Faso, dove è rimasto nella memoria degli umili l’amore per Thomas Sankara e sempre più frequenti sono le notizie politiche sulla creazione di un’Alleanza degli Stati del Sahel, la gente comune prova una vera e propria adorazione per la Russia e tutto ciò che è russo. Per strada, i tricolori russi si vedono quasi più frequentemente delle stesse bandiere nazionali. Ogni russo che giri per le strade di Ouagadougou ha la sensazione continua di trovarsi in una Russia africana.

La stessa Alleanza degli Stati del Sahel è stata creata con il tacito sostegno della Russia. Attualmente, tale sostegno è stato formalizzato tramite la creazione del Corpo Africano del Ministero della Difesa della Federazione Russa: nel prossimo futuro, il Corpo diventerà una vera forza di combattimento, pronta tra l’altro alla lotta contro la minaccia jihadista.

Nessuno — o quasi nessuno- ha dubbi sul fatto che la situazione presto sarà simile a quella già verificatasi in Mali: i centri organizzati dalla minaccia jihadista saranno fisicamente distrutti. Il che, a sua volta, darà dividendi politici ancora maggiori alla Russia per la crescita della sua influenza nella regione. Come si può impedire un simile esito? La risposta è ovvia: eliminare la guida in carica, vale a dire Traoré. I nostri nemici geopolitici non sono stupidi e useranno questa variante in aggiunta a tutte le altre possibilità disponibili. Le autorità del Burkina Faso sono pronte a questa eventualità? Solo in parte. E la parte russa? Lo è? Purtroppo, ritengo non lo sia.

Il lavoro che gli specialisti civili e militari del Corpo Africano stanno iniziando a svolgere sul territorio del Burkina Faso non è in grado di influenzare le attuali dinamiche, quando la vera minaccia per il capo filorusso proviene dall’interno e non dall’esterno ed è più politica che militare.

Alla Russia manca l’acutezza e l’assertività della struttura che ha portato i principali frutti dell’influenza russa in Africa [quasi certamente, l’autore intende la Wagner di Prigozhin, n.d.t.]. La motivazione di vincere e la motivazione di passare le giornate in una confortevole missione «africana» con una posizione ben pagata si escludono a vicenda. E, sfortunatamente, sino ad ora prevale la logica del «non dobbiamo irritare l’Occidente».

Affinché il potere dell’attuale guida filorussa sia conservato e rafforzato, è necessaria una vasta gamma di misure di mobilitazione della società del Burkina Faso. Il problema non è solo e tanto il saper lavorare con la “strada”, ma riuscire ad organizzare attività educative e professionali con il coinvolgimento dell’intellighenzia nazionale e con la traduzione delle principali tesi e conclusioni dei nuovi programmi geopolitici nelle lingue locali (mooré, fula e bambara, nel caso del Burkina Faso) con l’ineludibile coinvolgimento di tutte le principali stazioni radio (che sono accessibili ad ogni africano), o ancora meglio con la creazione di una propria stazione radio che copra tutto il paese.

Tanto più questo lavoro sistemico dovrà avere un carattere interregionale, in particolare coinvolgendo politici locali, giornalisti, musicisti ed esperti del Mali, dove l’intellighenzia nazionale si è già sviluppata e il paese è oggi un avamposto della lotta per la vera sovranità e un alleato regionale affidabile della Russia.

Viktor Vasil’ev

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