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La verità del mito: archeologi trovano la grotta di Circe narrata nell’Odissea

by Valerio Benedetti
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Roma, 1° ago – Sin dall’antichità l’Italia è terra di dèi ed eroi. È la Saturnia tellus, la terra d’esilio del dio Saturno che qui inaugurò l’Età dell’oro. Ma è tutta la toponomastica italiana a parlare di miti antichi e verità sepolte dal tempo. Pensiamo solo a Palinuro, nel Cilento, che prende il nome dal nocchiero della flotta di Enea, o alla Miseno partenopea, così nominata in quanto luogo di sepoltura del trombettiere dell’esercito troiano (e anch’egli compagno di Enea). E pensiamo, infine, al Circeo, il promontorio che si erge sulle coste del Mar Tirreno e che richiama alla memoria Circe, la dea che, con l’inganno, tramutò in animali i compagni di viaggio di Ulisse. Ebbene, grazie a delle ricerche condotte da una squadra di archeo-speleologi, il mito sembra trovare conferma: è proprio nelle grotte del Circeo che possiamo individuare l’antro descritto da Omero nell’Odissea.   

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Omero al Circeo

La tradizione aedica, infatti, parla di «cave grotte» in cui i compagni di Ulisse devono tirare in secco le navi e nasconderne il carico, prima di dirigersi alla contigua reggia dell’ammaliatrice Circe. Ebbene, secondo gli studi sul campo del gruppo di archeo-speleologi, la Grotta Spaccata di Torre Paola sembra effettivamente corrispondere alla narrazione omerica: «Una cavità impressionante che squarcia la falesia come un enorme fulmine pietrificato, proprio a ridosso della fortificazione costiera edificata nel Cinquecento», racconta il ricercatore Lorenzo Grassi che ha partecipato alla spedizione. «Addentrandoci nelle oscure viscere della montagna, siamo riusciti a documentare quelle che con ogni evidenza sembrano essere le “cave grotte”», spiega l’archeo-speleologo. Che prosegue: «Anche considerando il livello del Mediterraneo all’epoca del viaggio di Ulisse, risulta possibile il ricovero delle navi e c’erano vasti ambienti ipogei dove poter mettere i carichi al sicuro».

La reggia di Circe?

Ma non è tutto. Scalando l’enorme parete rocciosa della caverna, i ricercatori sono giunti in un antro di dimensioni tali da poterlo identificare con la reggia di Circe: «Le pareti si perdono nelle fitte tenebre, mentre massi ciclopici testimoniano antichi crolli. E nella parte più interna, uno stretto cunicolo sembra risalire verso la superficie come antica via d’uscita per il monte», illustra sempre Grassi. Questo antro-salone misura 40 metri di lunghezza ed è alto più di 25 metri, per un totale di 30mila metri cubi. E ancora: queste grotte segrete sono abitate da una ricca colonia faunistica, soprattutto numerosissimi pipistrelli. Un altro riferimento ai malcapitati avventori trasformati in animali da Circe?

Valerio Benedetti

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1 commento

ugo 2 Agosto 2019 - 4:24

Magari, invece, è una grotta tra le tante e si è escogitato questo “riconoscimento” per farne una possibile attrazione? Per farne parlare, magari poi ci si costruisce un bel circuito di visite guidate, con battelli all’uopo predisposti… 20 euro a cranio, grazie. Per chi volesse, all’uscita troverete un ristorante tipico e, qualora le vostre finanze siano più strette, un chiosco nel quale acquistare un bel panino, a scelta tra quelli ai quali è stato attribuito un nome a tema.

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