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Basta ritirate: davanti alla “Mafia rossa” o si è militanti, o non si è

by Sergio Filacchioni
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Basta passi indietro

Roma, 22 nov – Mettiamo subito le cose in chiaro, partendo dal giusto criterio linguistico: gli antagonisti che ieri – come a Torino e Bologna – hanno provocato scontri e tafferugli all’Università La Sapienza non sono “Fascisti”. Continuare a ripetere il mantra “i veri Fascisti siete voi“, magari mentre si è accompagnati alla porta della Facoltà dalla Digos e mentre piovono insulti e bottiglie, è una grandissima cazzata. Si chiamano comunisti, compagni, antifascisti, insomma come vi pare, ma non Fascisti.

Basta ritirate

All’epoca della Guerra Fredda, alcuni definivano il comunismo ‘fascismo rosso’. Non si rendevano conto che l’uso di questo vocabolario continuava a essere una concessione all’ideologia che cercavano di denunciare“, scrive Alain De Benoist. Basta passi indietro insomma. Basta uscire dagli spazi pubblici con la coda tra le gambe, ammiccando da “vittime” ad un’ingiustizia che continua a compiersi con la complicità di tutti. I Collettivi universitari non sono “Fascisti“, e nemmeno gli “squadristi rossi” che Rampelli evoca ogni qual volta deve fare la vittima per tornaconto politico: sono gli antifascisti reali, quelli che sono sempre esistiti sotto la cupola istituzionale della sinistra petalosa. Sono, al massimo, i “baroni rossi“, gli eredi del PCI che occupano i ruoli di dirigenza ed amministrazione delle Facoltà, il vero problema. Sono gli orfani delle Brigate Rosse che inneggiano al sangue, il problema. Sono i Collettivi antifascisti che operano dentro scuole ed università praticando delazione e prepotenza, il problema. Soprattutto, è questa destra che vuole mantenere la sua flebile vocazione identitaria e militante, ma non permette ai suoi giovani di affermarla e difenderla, il problema. È il “ricatto dell’ordine“, con il quale però si censura sempre la destra (Francesca Totolo e Blocco Studentesco lo sanno), il problema. Insomma, tutti questi problemi non hanno niente a che fare con il Fascismo, i neo-fascisti o l’Ur-Fascismo, ma con la mancanza di un profondo lavoro culturale e di mentalità attrezzata alla conquista dello spazio politico. Chi pensa che per risolvere questi problemi basti essere “vittima” e chiedere agli altri di apprezzare tale status, poco o niente ha capito (vogliamo essere fiduciosi e non dire che si tratta di malafede) di questa vera e propria “Mafia rossa“. E di fronte a questa Mafia o si è militanti o non si è.

Essere militanti

La libertà si conquista, non si chiede, tantomeno a chi non vuole che tu esista. Perchè essere antifascisti non vuol dire “apprezzare le sfumature”, ma ridurre tutto al minimo termine, con rabbia e faziosità. Non è più tollerabile vedere generazioni sacrificate alle scadenze elettorali, alle carriere personali e ai tornaconti piccoli piccoli. Quello che è successo in questi giorni in Sapienza è grave non tanto per le aggressioni dei pupazzi antifa’, ma per l’ennesima dimostrazione di come si possa battere in ritirata senza aver conseguito nessun risultato. Essere militanti quindi significa prendersi la responsabilità delle proprie scelte e decidere di rimanere, di non cedere al ricatto dell’ordine, di affrontare la prepotenza, di rispondere colpo su colpo: culturalmente e fisicamente. Altrimenti non si è, si diventa comparse e non i protagonisti sulla scena politica giovanile. “Andate come peste sull’ottusità del mondo; I andate contro di essa con il vostro taglio“, “Andate e sfidate l’opinione pubblica” (Ezra Pound). Perchè all’Italia e l’Europa non serve un’altra generazione di “schiavi delle convenzioni” e “ispessiti dalla mezza età“: ma di un'”onda d’acqua fresca” e di “disprezzo per gli oppressori“.

Sergio Filacchioni

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