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Borrelli, il deputato della sinistra napoletana ossessionato dal patriarcato

by La Redazione
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Borrelli patriarcato

Roma, 4 dic – Tra i tanti spiritelli che animano Napoli ce n’è uno in particolare, omologato agli altri, va senza dire, di cui oggi vi vogliamo parlare. Militante storico di Verdi, giornalista professionista, membro di ogni Parlamentino napoletano, (auto)riciclato(si) ad ogni tornata elettorale, col pallino della denuncia, allievo della peggior scuola partenopea che vede nei vari Roberto Saviano, De Giovanni l’esclusiva loro attività dello “Sputtanapoli”, ove “azzuppare ‘o ppane” – espressione con cui a Napoli si designa il gusto per qualcosa.

Borrelli, il deputato napoletano ossessionato dal patriarcato

Proprio come Saviano, anche Francesco Emilio Borrelli gira con la scorta – perché se a Napoli non hai la scorta non sei nessuno – solo che non vive in un attico a Nuova York, anche se lo stile con cui agisce è quello dell’americano in vacanza: telefono sempre pronto per immortalare le varie malefatte, denunce a gogò, solo che poi dimentica che il suo lavoro, quello per cui percepisce il fior fiore dei soldi dei contribuenti, è quello di risolvere le problematiche che egli stesso denuncia; ricettacolo di ogni segnalazione che nemmeno verifica per cui puntualmente lo porta a fare figure di Pulcinella, come quando denunciò l’Azienda Napoletana Mobilità perché c’era un bimbo alla guida del bus, ma poi il bimbo si rivelò una donna (ops…) che faceva pratica, prima di essere immessa in servizio; o quando si interessò ad un “medico che dorme in servizio”, ma che aveva solo appoggiato al testa al muro durante gli estenuanti turni di guardia; o la fake sul contagio da Covid al Cardarelli e non un rigo sul Cotugno che registrò il contagio zero, divenendo eccellenza mondiale con tanto di visite dall’estero.

Il “femminicidio” ha numeri bassissimi: i dati

Dopo la doverosa presentazione del personaggio poco noto ai più, ne parliamo perché il “nostro” si è reso protagonista di un post sui propri profili social criticando l’affissione di alcuni manifesti di CasaPound, a Napoli come in tutta Italia, il cui protagonista è il tristemente noto Filippo Turetta, dimostrando di non aver capito un granché. Pigliando ‘o cazzo p’ ‘a banca ‘e ‘ll’acqua, tanto per far capire anche Borrelli che scrive testualmente: “Mentre negli scorsi giorni l’Italia intera si è unita in un coro quasi unanime contro la violenza sulle donne dopo la tragedia di Giulia Cecchettin uccisa dall’ex compagno, bisogna tornare a fare i conti con la cruda realtà di violenza e menti retrograde”. Se il Borrelli, oltre a non sapere intendere ciò che è scritto, sapesse almeno fare i conti, saprebbe, dai dati riportati sul sito del Ministero dell’Interno, che i “femminicidi” – perché coloro che tanto cianciano di parità di genere finiscono per usare un termine che si riferisce esclusivamente alle donne, resta un mistero – compreso quello di Giulia, sono “appena” quaranta. A cui vanno, poi, sommati gli omicidi le cui vittime sono donne (105) e che non possono considerarsi femminicidi: una madre che ammazza la figlia o viceversa, un marito che ammazza la moglie e poi si toglie la vita, il fratello che ammazza la sorella per questioni di eredità, il medico ammazzato in Calabria. Tutti morti che non hanno a che fare con le cosiddette questioni di genere. Ne deriva che 40 casi di femminicidio su quasi 60 milioni di abitanti è una percentuale “insignificante”, pur sapendo che parliamo di vite umane. Ma c’è di più: confrontando questi dati con quelli degli anni precedenti, ci si rende conto – per chi sa leggere, chiaramente – che i casi sono addirittura in diminuzione. C’è, allora, davvero un’emergenza su questo fronte? Appare in maniera incontrovertibile di no! E, allora, la persona che sa leggere si chiede perché si cavalca questa pseudo-emergenza per la quale si ha già la soluzione sic et sempliciter che è quella di rieducare il maschio, magari tramite psicologi che vanno direttamente nelle scuole. Insomma, un ddl Zan con la mascherina. Una Bibbiano legalizzata.

Il solo dato che il Viminale non fornisce, ma è ugualmente reperibile su altri siti i cui risultati non altrettanto gradevoli, non sorprendendoci affatto, è la distinzione per etnie. Diciamo questo perché quando è stata ammazzata Saman, nel modenese, nessuno “dell’Italia intera si è unito al coro unanime” – per dirla con Borrelli – e ha gridato al femminicidio e al patriarcato. E lì il patriarcato non si può negare. Chissà Borrelli dove stava. Forse alla via Foria di Napoli, dove si è scandalizzato a leggere le affissioni di CasaPound: “ma quale patriarcato. Questo è il vostro uomo rieducato”. Borrelli deve essersi unito alla pletora acefala che considera la soluzione proprio il problema creato ad hoc, ovvero la deviralizzazione dell’uomo. Un uomo che non è più capace di soffrire, né di reagire positivamente alla sofferenza, che non accetta rifiuti e che di fronte ad un problema perde la testa, arrivando persino a perdere la propria vita; un uomo che non riesce nemmeno a difendere la propria donna perché c’è il rischio che si rovini le unghie appena smaltate o che cada dai tacchi a spillo, magari rossi, che chi gli detta l’agenda gli ha imposto di calzare; un uomo che non pratica sport da combattimento, perché significa necessariamente essere violento, che non si assume le proprie responsabilità e non riesce ad essere esempio. La verità vera è che non si forgiano più uomini, quelli con la schiena dritta e la testa alta, quelli che riescono ad essere l’ago della bilancia, l’equilibrio di sé stessi, della coppia, della famiglia. Altro concetto patriarcale.

E non si può non parlare di questi concetti, di CasaPound, del fascismo – questa volta ce lo aggiungiamo noi prima che lo gridino istericamente loro- senza parlare di odio e di violenza. Se Borrelli proprio non riesce a passare da via Foria, dove ha sede la storica Sezione Berta, proprietà del movimento della tartaruga frecciata, può chiedere alla folta schiera di suoi segnalatori quanti sono i “beneficiari” che nel sacchetto alimentare, ivi mensilmente distribuito, non trovano certo “odio e violenza”. Italiani sconosciuti di cui CasaPound si occupa (al posto di quelli come Borrelli) in ogni periodo dell’anno e senza chiedere nulla in cambio. In alternativa, visto che dall’ottobre 2022 frequenta gli onorevoli salotti romani, può passare dalla sede di via Napoleone III, dove sono entrati tutti, ma proprio tutti a parlare dei temi più disparati con le più diverse personalità, tutte riunite intorno allo stesso tavolo: da Paola Concia a Nicola Porro, dall’economia fino a Che Guevara. Ma questi personaggi, in maniera molto “democratica” e in piena ottemperanza alla sottrazione al confronto, preferiscono i monologhi e la negazione del contraddittorio. Eppure, pur rimanendo comodamente sul sofà del proprio loft, il “verde” (dalla rabbia) Borrelli potrà ripartire dai commenti al post in questione che certificano una sonora sconfitta per le tesi di cui anche Borrelli, una sola unità del coro unanime dell’intero Stivale” (semicit.), si fa megafono e che non attecchiscono presso la gente comune, quella che si confronta tutti i giorni con la realtà che non è certo quella ovattata dei Palazzi e che CasaPound anche stavolta ha ottimamente interpretato. Provare a leggere (e capire per Borrelli) per credere.

Tony Fabrizio

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