Roma, 7 giu – Fra stadi ridotti a teatri, battaglie “antirazziste”, nazionali sfigurate, mondiali comprati con i petrodollari, una delle poche cose sane rimaste nel calcio sono gli sfottò, di cui in Italia siamo naturalmente maestri.
Dopo la finale di Champions persa dalla Juve con il Barcellona, sono proprio i bianconeri il bersaglio delle ironie dei non juventini. Fa parte del gioco, come fa parte del gioco che gli sconfitti di Berlino ricordino agli altri tifosi il bottino magro delle loro squadre.
Insomma, il solito rituale. A cui non si sottraggono neanche i politici. Stefano Esposito, senatore Pd, è evidentemente un tifoso di Tevez e compagni, e a chi ha fatto delle ironie sulla Champions ha replicato con un tweet (in cui erano taggati Matteo Orfini, deputato Pd, e Luca Cassiani, avvocato e Consigliere comunale di Torino): “Godere per la sconfitta della Juventus è come essere impotenti ed esultare se qualcuno fa godere la tua donna”.
Apriti cielo. Le polemiche non sonoperò arrivate da interisti, milanisti o romanisti, che avranno tutt’al più risposto con metafore uguali e contrarie, ma da chi ha ritenuto che la battuta fosse… sessista.
Fra le indignate, la scrittrice (ed ex collaboratrice dell’Unità) Silvia Ballestra che – chiamando in causa il premier Matteo Renzi – si è chiesta: “Questa è la nuova classe dirigente con cui vuole modernizzare il paese?”. Esposito ha alimentato la polemica con altri tweet discutibili rivolti alle donne che hanno contestato la sua frase: “Per fortuna le donne italiane non sono tutte così – ha affermato con un altro tweet – sorridete qualche volta non è vietato e non fa male”.
È incredibile che sia un esponente del Pd – partito notoriamente alfiere del politicamente corretto – a ribadire un concetto tanto ovvio, ma evidentemente il fatto di parlare di calcio ha spinto il senatore a “rilassarsi” e a ragionare in modo meno attanagliato dall’ideologia. Certo, la metafora del marito impotente e della moglie fedifraga non era il massimo dell’eleganza, ma in un mondo schiavo delle buone maniere, lasciateci almeno la libertà di sfottò.
Giorgio Nigra