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Cellulare vietato in classe, i capricci di una 14enne: “Non mi piego al sistema”. E il padre si azzuffa con il preside

by Cristina Gauri
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Roma, 20 ott — Ragazzine convinte di «lottare contro il sistema» perché si oppongono al veto della scuola di utilizzare i cellulari in classe: accade sempre al liceo scientifico Majorana di Latina, nell’ennesimo capitolo della saga che vede l’istituto bandire gli smartphone in classe riprendendo le linee guida contro il cyberbullismo e ovviando ad alcuni recenti casi di foto scattate ai professori durante le lezioni per deriderli o insultarli.

Studenti cellulare-dipendenti

Nel 2022 per uno studente sembra impossibile non essere dipendente dal cellulare, a tal punto da non sapersene staccare nemmeno durante le lezioni. Contesto in cui, a regola, il cellulare funge solo da distrazione e dovrebbe comunque stare. Come la studentessa di 14 anni che la scorsa settimana si era rifiutata di consegnare lo smartphone, sostenendo di non fidarsi di chi aveva in carico la custodia dei dispositivi.

La “spedizione punitiva”

Colpita da sanzione disciplinare, ha chiamato i rinforzi: ed ecco arrivare il padre, che ha ritenuto la sua sola presenza non sufficiente per sostenere un confronto con il preside. Quindi si è portato appresso anche il fratello e un’altra persona. In tre contro uno, tanto per abbassare i toni della faccenda e non risultare minacciosi. Come prevedibile — e forse, sotto sotto, voluto — il «dialogo» con il preside sfocia immediatamente in un alterco che finisce con l’intervento di due ambulanze e di una volante della polizia. Il dirigente scolastico sporgerà denuncia, mentre la polizia di Latina ha inviato un’informativa alla procura.

L’audio su Whatsapp

Nel frattempo, sui Whatsapp dei cellulari — dissequestrati — degli studenti circola il messaggio audio della 14enne: «Ho il diritto di oppormi, certe cose non le accetto e non voglio piegarmi al sistema. Ho preso una nota e va benissimo. Il preside non ha voluto ricevere i miei parenti, solo in questura li hanno fatti parlare. Regà, davvero nella mia indole alzare le mani è l’ultima cosa, vi dico che è stato il preside ad alzare le mani al socio di mio fratello». Il preside è di tutt’altro avviso: «Sono stato aggredito verbalmente e fisicamente», ribatte. Una cosa è sicura: la ragazza mostra di avere in testa poche idee, ma ben confuse: la distorsione vittimista e smartphone-dipendente le fa credere di essere «vittima del sistema» e che l’unico modo di opporvisi sia rimanere attaccata al proprio cellulare. Quando, invece, è proprio il sistema che la spinge a considerare lo smartphone un prolungamento del proprio cervello.

Cristina Gauri

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