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Chi critica Corona (spesso) è peggio di lui

by Lorenzo Zuppini
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Roma, 7 gen – Peggiori degli illetterati sono solo i letterati a gettone, quelli che compaiono sul palco del pubblico ludibrio per esibirsi in cabaret denigratori e nient’altro. Appartengono alla categoria degli impegnati, ossia coloro nati col solo scopo di redimere l’umanità dalla loro grettezza e superficialità, condannandola a sprofondare nel peggiore dei conformismi possibili. Fabrizio Corona potrà non stare simpatico a tutti, potrà avere una strafottenza da schiaffi in faccia, potrà non esprimersi con chissà quali latinismi e si riferirà, magari, al pubblico pomeridiano di Pomeriggio 5, dei tronisti, delle veline, del mondo patinato che però un po’ tutti studiamo con la coda dell’occhio, fatto sta che ha del seguito e questo non è poco.

Fatto sta che fa col culo suo e neanche questo è poco. Fatto sta che ha creato il personaggio chiamato Corona e tutti noi siamo qui non per far altro, non per missioni “altre” o “alte”, ma per affermarci e garantire notorietà. È un male comune che riguarda tutti noi, e sta solo a noi ammetterlo al mondo che ci circonda. Fabrizio Corona non scriverà romanzi dannati sulla doppia personalità come faceva Oscar Wilde e non tratterà l’amore e il tradimento con la scioltezza di Flaubert, e magari non scriverà neanche poesie maledette strafatto di oppio e sbronzo di whisky imitando Edgar Allan Poe, ma il punto è che nessuno di noi sta facendo niente di tutto ciò e nessuno di noi è molto probabile che vi riesca nell’arco di un’età massima che si aggira attorno agli ottantacinque anni. Sta sempre a noi ammetterlo al mondo che ci circonda ed evitare lo squallido giochino per cui, pur non scrivendo un cazzo, montiamo sulla pedana del circo e frustiamo a sangue coloro che, scrivendo, sono affetti dalla pecca della leggerezza. E più ottengono successo, e più noi li frustiamo.

E più costoro non vogliono insegnar niente all’umanità, bensì solo fare un po’ di soldi, e più il vigore delle nostre frustate aumenta. Tentando, in tutto ciò, di piegar la loro schiena perché, non ricordo chi lo abbia detto ma qualcuno lo ha detto di sicuro, nella disgrazia di chi ci sta vicino c’è sempre qualcosa che non ci dispiace affatto. E i disgraziati siamo sempre noi, noi per primi, Houellebecq ce lo insegna anche con Serotonina oltreché con Sottomissione. Fabrizio Corona, affetto anch’egli da questa condizione di merda che ci accomuna tutti, ha tentato, riuscendoci, di prendere una boccata d’aria scrivendo un libretto che gli sta fruttando diversi soldi. Perché questi ultimi rendono liberi dalle catene degli altri, alla faccia del moralismo accattone che la Luxuria esibisce affermando che la sua libertà è dipesa dalla presa d’atto di volersi trasformare in donna: immaginiamo che le operazioni per farla sembrare femmina gliele abbia passate la mutua.

Ecco, questo passaggio chiave non è chiaro ai letterati a gettone impegnati. Loro credono che il mondo si divida tra eletti e scemi, e drammatico è che siano sempre e comunque certi di appartenere alla prima categoria. La conseguenza logica di questa loro supponenza è la ricerca del colpevole da inchiodare, del Fantozzi da crocifiggere in sala mensa, del popolino gretto da educare o, nel caso risulti infattibile, da rinchiudere nel recinto delle persone non accettabili, non ascoltabili, inguardabili. Con Corona lo fanno da sempre, e la discussione non ha mai avuto come oggetto i suoi casi giudiziari, i quali, per definizione, appartengono ai così detti cazzi suoi dato che la responsabilità penale è personale. La discussione ha piuttosto e sempre avuto per oggetto il mondo di cui lui fa parte o, per meglio dire, il mondo che dalle sue labbra pende. Appunto, il mondo da rieducare, quello dello scandalo gossipparo, quello della leggerezza, del trash, del mondo di Mediaset e quindi, per antonomasia, di Berlusconi e dei bunga bunga, delle nipoti di Mubarack, delle garbate frivolezze, delle cene eleganti. Elevando comportamenti personali, condotte personali a deriva comune.

Altro dramma: costoro non sono nessuno e non producono niente che non sia moralismo da quattro soldi. Il ceto medio riflessivo si sposta con senile disinvoltura dai testi antimafia per cittadini responsabili, belli e onesti; ai libri sugli allevamenti intensivi in cui invitano il gretto lettore a immedesimarsi in una gallina, in un coniglio e in una mucca; ai manuali su come divenire fascisti, con allegato fascistometro che segna un fascismo assolutamente alto a chiunque che non si chiami Murgia, ignari del fatto che questa loro tendenza alla cazzata renderebbe fascista anche il pollo spennato dell’allevamento di cui sopra.

E più il tempo passa e meno battaglie incisive per la vita del mondo ci saranno, dunque la qualità del loro impegno e dei loro scritti cadrà talmente in basso da rendere un moderno Dante anche il nostro Fabrizio, che in ogni caso ha scritto un capitolo sulla sua grande capacità di scoparsi qualsiasi donna, generando in noi un moto d’invidia. Costoro, invece, sanno solo ucciderci di noia.

Lorenzo Zuppini

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2 comments

Roberto 7 Febbraio 2019 - 12:08

Non sono riuscito a finire di leggere l’articolo. Quattro citazioni colte per sostenere la tesi che tutti in fondo in fondo vorremmo essere come corona. Io di corona me ne batto altamente la ciolla e il mondo dei vip dei tronisti di pomeriggio 5 non lo seguo con la coda dell’occhio ma lo schifo da debita distanza.

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Piero 8 Febbraio 2019 - 9:48

Attenti ragazzi: il disprezzo profondo nei confronti dei radical-chic (giusto, legittimo e condivisibile) non deve portarci a sopravvalutare gentaglia come Corona: il suo successo con le donne è indicativo solo dello stato di profonda abiezione raggiunto della società contemporanea, non di fantomatiche doti da latin lover di questo avanzo di galera, né di un suo particolare fascino.
Non sempre il nemico di un nostro nemico è necessariamente un nostro amico. Non dimenticate che noi ci battiamo contro questa modernità nel suo complesso, indipendentemente dai caratteri che essa può assumere (e del resto, la polimorfia è un prerequisito della sua intrinseca pericolosità).

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