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Ciò che Giorgio Locchi ha da dire su Heidegger e il nazionalsocialismo

by Adriano Scianca
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locchi-heideggerRoma, 25 ott – Il 25 ottobre 1992 moriva Giorgio Locchi, una delle menti più originali, erudite, geniali, ma sfortunatamente anche poco prolifiche dell’ambiente non conforme europeo. Caduto nell’oblio pressoché totale dopo la morte, se non nel ricordo di alcuni rari “discepoli” che ebbero modo di frequentarlo personalmente, negli ultimi anni Locchi è tornato a godere di una certa notorietà fra gli identitari d’Europa, sia pur nei limiti concessi dalla estrema densità delle sue non numerose opere, dato, quest’ultimo, che ne ha a lungo sconsigliato l’interesse. Ed è per un fortunato caso – o forse no – che proprio oggi, in occasione di questo anniversario, esce in libreria un’altra raccolta di saggi locchiani fino a ieri inediti o quasi.

Si tratta di due saggi sul pensiero di Martin Heidegger, con specifico riguardo al suo legame con la Rivoluzione Conservatrice e con il nazionalsocialismo. Il volume si intitola Sul senso della storia (Edizioni di Ar). Il primo scritto locchiano è quello che dà il titolo all’intero libro e si tratta di un testo uscito finora solo in tedesco (“Über den Sinn der Geschichte”, in P. Krebs, Das unvergängliche Erbe. Alternativen zum Prinzip der Gleichheit, Grabert, Tübingen 1981). I lettori italiani ne hanno avuto un assaggio leggendone una versione pesantemente rimaneggiata e diversa uscita nella raccolta Definizioni, ma si può dire che il saggio qui tradotto da Valerio Benedetti sia di fatto un testo completamente diverso. Le parti nuove non presenti nella precedente versione riguardano tutte il pensiero di Heidegger, che Locchi presenta con competenza e concisione per mostrare appunto le caratteristiche della storicità umana.

L’altro testo presentato è uscito solo sulla rivista La Contea numero 34, del 1988, e si tratta di una recensione al primo libro che accusò Heidegger di essere stato un nazionalsocialista convinto e radicale, quello del cileno Victor Farias, uscito proprio in quell’anno. Ma Locchi fa molto di più di una semplice recensione, fissando in netto anticipo sulla critica filosofica contemporanea tutti i punti esatti del legame che unì il filosofo tedesco all’avventura nazionalsocialista. Il testo è arricchito da scritti di Valerio Benedetti, Giovanni Damiano e del sottoscritto, nei quali si è cercato di rendere al meglio la profondità della lettura locchiana di Heidegger, riassumendo comunque tanto la filosofia della storia di Locchi stesso in senso generale, quanto la questione del controverso rapporto fra il tedesco e il movimento di Hitler.

Non si tratta, peraltro, di un puro esercizio devozionale nei confronti di Locchi, del quale nei contributi critici si evidenziano anche alcuni limiti, come per esempio una lettura eccessivamente germanocentrica sia della parabola fascista, sia dell’essenza storica e metafisica dell’Europa stessa. Il fatto di non fare di Locchi una imaginetta sacra da adorare, ma un profondissimo autore con cui è obbligatorio confrontarsi se si vuole avere davvero una visione non conforme dell’attualità è del resto un pregio, e non certo un limite, del libro in oggetto. Il quale, va detto, costituisce forse il primo intervento organico di una certa area sulla questione che sta agitando l’intero mondo filosofico occidentale, ovvero quello del rapporto fra Heidegger e il nazismo, questione resa ancor più controversa dalle recenti pubblicazioni dei Quaderni Neri e dell’epistolario. Argomento non solo storico e non solo filosofico, ovviamente, ma anche intrinsecamente politico, in cui da oggi a prendere la parola non saranno solo i falsificatori impenitenti del pensiero heideggerriano o i suoi accusatori isterici e gonfi di ressentiment.

Adriano Scianca

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3 comments

Stefano Vaj 25 Ottobre 2016 - 4:21

Fantastica iniziativa. Piccolo appunto: ad essere dall’autore “pesantemente rimaneggiata” (in senso interamente positivo, e in particolare in modo da essere praticamente raddoppiata di lunghezza) è la versione che è stata tradotta ora, e di cui quella contenuta in Definizioni, e tradotta invece dal francese, era stata il primo abbozzo. 🙂

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J. Estrada 1 Novembre 2016 - 10:17

C’è anche un testo di Locchi pubblicato nella rivista di Pierre Krebs (Elemente 1986, credo che fosse il primo numero) in cui viene abbordata esplicitamente l’importanza dello sviluppo concettuale di Heidegger per comprendere la questione della storicità da una prospettiva sovrumanista. Secondo Locchi in questo testo, Heidegger sarebbe stato il primo in campo sovrumanista a trattare la questione del tempo della storia in modo propriamente concettuale laddove gli altri, i precursori, si sarebbero espressi tramite una serie di Leitbilder. Il titolo dell’articolo di Elemente è “Die Zeit der Geschichte”. È molto diverso da quello pubblicato in Definizioni (infatti ha poco a che vedere con quello sul senso della storia) e non è quello sul libro di Farias (che, per inciso, il curatore spagnolo di Definizioni ha avuto modo di integrare nella versione spagnola dell’opera ;-))

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J. Estrada 1 Novembre 2016 - 10:52

Forse con qualche errore di trascrizione, lascio qui un passo tratto dall’articolo in tedesco pubblicato nella rivista di Krebs, Elemente, in cui si trova la valutazione di Locchi sulla sfida rappresentata da Heidegger e sullo scenario del secondo dopoguerra:

Nach der Katastrophe von 1945 has das gegnerische Lager nicht nur die mytische “Rede” der Konservativen Revolution verteufelt und gesellschaftlich verfemt, sondern auch die Begrifflichkeit seiner Sprache, die die gegebene ererbte Sprache der abendländischen Völker ist, weiter verschärft und gefeistigt. Umso schärfere, einleuchtendere, tiefgreifende Konturen müssen die Leitbilder der neuen Weltanschauung, des neuen Mythus erhalten, wenn sie den Kampf mit der fremdem Sprach-begrifflichkeit einmal mehr durchstehen sollen. Auch in diesem Ringen mit der Sprache ist Heidegger der Wegweiser. Er selbst erachtete seinen genialen Versuch einer radikalen Umstrukturierung und Erneurung der Sprache als gescheitert. Was aber “Scheitern” heissen mag, das erhellt nur die Erkenntnis der eigentlichen Geschichtlichkeit: Da, wo sich Ende und Anfang im gemeinsamen Ursprung “augenblicklich” vereinen, ist jedes Scheitern ein Neubeginn, den es ürsprunglicer zu wiederholen gilt.

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