Il nostro ordinamento attribuisce la “presunzione di evasione fiscale” in favore dell’erario; basta quindi una somma versata ma non dichiarata nel 730 per far pensare ad un’evasione fiscale. Tornando alla sentenza ci sono due aspetti che non possono essere trascurati. In primis, la Suprema Corte ha smentito la Corte Costituzionale, che con la sentenza n°228 aveva dichiarato inapplicabile ai liberi professionisti la “presunzione di evasione fiscale” valida invece per i versamenti sul conto corrente non giustificati dagli imprenditori. In secundis, ha smentito se stessa. Infatti, come evidenziato dal quotidiano economico Italia Oggi: “Le cause arrivate in Cassazione hanno quasi sempre visto annullate le pretese del fisco”.
Insomma, anche la sezione tributaria della Suprema Corte dava ragione ai ricorrenti quando il contenzioso tributario non si esauriva nei primi gradi di giudizio, ossia presso le commissioni provinciali o regionali. L’ultimo verdetto degli ermellini ha ribaltato tutto. I contribuenti saranno costretti a dover giustificare ogni minimo movimento sul loro conto corrente. Tutto ciò, ovviamente, moltiplicherà gli adempimenti fiscali che già ostacolano la vita delle imprese italiane.
I commercialisti, denunciano da mesi una situazione insostenibile: “Il 2017 era stato accompagnato dalla volontà di semplificazione fiscale; i dati mostrano l’esatto opposto e la seconda metà dell’anno sarà ancora più intensa per commercialisti e imprese”. Infatti, secondo il Sole 24Ore: “Sono 130 milioni i documenti trasmessi tramite i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate nel primo semestre del 2017, cifra destinata tristemente a salire e a superare i 177 milioni inviati lo scorso anno”. La proliferazione di adempimenti e costi non è certamente la strada da seguire per combattere l’evasione fiscale.
Salvatore Recupero
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[…] Quanto detto potrebbe sembrare un caso limite se il risparmiometro riguardasse solo i ricchi. In realtà la platea di riferimento è composta da persone fisiche, intestatari di rapporti finanziari in euro e unicamente ad loro riconducibili, con codice fiscale presente e valido nella banca dati dell’anagrafe tributaria. In pratica, tutti quelli che hanno un conto in banca. Per ciascuno di questi soggetti l’algoritmo ricostruisce il patrimonio finanziario proprio partendo dalla titolarità dei rapporti finanziari ed è in grado di individuare gli incrementi di tale patrimonio che non siano giustificati dai redditi prodotti nell’anno al netto delle spese sostenute. C’è da dire che non è la prima volta che l’erario usa strumenti come questo. […]