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Addio a Corioni: portò a Brescia Hagi, Baggio e Guardiola

by Lorenzo Cafarchio
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corioni baggioBrescia, 8 mar – Il capello sul tavolo e la valigia pronta, biglietto di sola andata. Ci ha lasciato Gino Corioni trovando l’eterno riposo, a 78 anni, agli Ospedali Civili di Brescia. Corioni è stato per 22 anni – dal 1992 – al timone del Brescia calcio portando la periferia del pallone lombardo in Europa. Prima ancora numero uno dell’Ospitaletto e redentore del Bologna per poi arrivare alla guida della squadra della sua terra, lui che il 9 giugno 1937 era nato a Castegnato a soli otto chilometri dalla città Leonessa d’Italia.

Basterebbe citare i nomi dei calciatori scesi in campo nei, quasi, cinque lustri da comandante delle Rondinelle per capire quanto importante e decisivo è stato il legame tra presidenza e rettangolo verde, tra amore e desiderio di emergere. In principio fu Gheorghe Hagi, il Maradona dei Carpazi – con Mircea Lucescu in panchina – arrivato dal Real Madrid per otto miliardi di lire assieme a lui, per completare la colonia romena, Ioan Sabau e il centravanti Raducioiu. Un talento problematico, un Cassano con 15 anni in più sulla carta d’identità, eppure quando parliamo di calcio, parliamo di estetica e la palla bisogna farla cantare. Il primo anno chiuso con la retrocessione in B – fatale lo spareggio contro l’Udinese – ed un Hagi da 5 goal e 2 assist in 31 partite. Rimane in Lombardia anche la stagione successiva culminata con la vittoria della cadetteria per migrare a Barcellona, ma il Brescia non si ferma. Sono ancora anni di alti e bassi perché per stabilizzarsi bisogna aspettare le porte del nuovo millennio e il “temuto” millennium bug.

Nella calda estate del 2000 arriva Carlo Mazzone ad insegnare calcio – dopo che si erano avvicendati come tecnici Edoardo Reja, Silvio Baldini e Nedo Sonetti – confermando finalmente la Leonessa nel massimo campionato. La gemma Roberto Baggio, convinto a sposare il progetto tecnico proprio dall’allenatore romano, mentre il “Divin Codino” stava per scendere nella torrida Calabria con destinazione Reggina. In campo giocatori del calibro di Dario “Tatanka” Hubner, Daniele Bonera, Alessandro Calori, i fratelli Filippini, Andrea Pirlo, Luca Castellazzi e il compianto Vittorio Moro. Dodici mesi dopo arrivarono Luca Toni e Pep Guardiola, un Brescia sublime con talento e anima, ma anche tanta sfortuna. La morte di Moro e Baggio ai box fecero sfiorare la nuova retrocessione ai bresciani il 5 maggio 2002. Mentre l’Inter consumava il suo dramma personale, anche Corioni spendeva lacrime, ma di gioia dopo il 3-0 rifilato al “suo” Bologna. Una stagione al limite tra drammi ed Europa, con la finale di Intertoto persa contro il Paris Saint-Germain non ancora “sceiccoso”.

Qui la discesa, Corioni a combattere contro il cancro e gradualmente i suoi pupilli pronti a trovare una nuova strada. Prima Mazzone poi il logoro Baggio fino alla ridiscesa in serie B. Le tensioni si accavallarono, lo stadio di proprietà – pallino del patron biancoblù – e il rapporto non certo idilliaco con la tifoseria, sopratutto le frange organizzate. Ma restavano ancora scampoli di lucentezza e il 2010 segnò il rientro del Brescia nell’Olimpo del calcio italico. A macinare goal e giocate Andrea Caracciolo affiancato da Alessandro Diamanti ed Eder, tanta classe, ma poca concretezza e il purgatorio nell’immediato. Poi quel no, premonitore, a Manenti, eminenza grigia finita a Parma, ma questa è un’altra storia. Nel 2015 Gino Corioni segnò il passo lasciando la presidenza al gruppo Profida che salvò la compagine dal fallimento, il tutto sotto l’egida di Ubi Banca. Ma il Brescia non smise mai di essere in cima ai suoi pensieri fino all’ultimo, all’ultimo respiro. Un calcio fatto di interpreti con piedi fini e sensibili da Baronio a Sodinha, facendo accarezzare il pallone al genio di Marek Hamsik ed indicando il cammino a calciatori come Negro, Appiah, Matuzalem, Doni e Viviano. Il taccuino segna decine di nomi che dalla periferia bresciana hanno spiccato il volo, un volo intrapreso da Corioni in un football ormai senza più criterio.

Lorenzo Cafarchio

 

 

 

 

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Anonimo 9 Marzo 2016 - 10:44

Bell’articolo.
Piccola annotazione: il calciatore scomparso nel Gennaio del 2002 si chiamava Vittorio Mero.

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