Roma, 21 set — Costa soltanto 25 euro a iniezione, è sicuro, efficace ed in grado di «ridurre di oltre il 50% la mortalità dei pazienti trattati rispetto a quelli che ricevevano solo le cure standard» contro i casi più virulenti di Covid: è Anakinra, farmaco in commercio da vent’anni, usato per trattare l’artrite reumatoide e altri gravi patologie infiammatorie. Oggi uno studio internazionale, pubblicato su Nature Medicine, annuncia come un utilizzo «precoce e mirato» del farmaco, in combinazione con la terapia standard sia in grado di dimezzare la mortalità, ridurre i ricoveri e abbattere la spesa ospedaliera.
Anakinra: la scoperta è tutta italiana
Di mezzo ci sono vari istituti di cura italiani, tra cui l’IRCCS Ospedale San Raffaele che già dal 2020 — primi al mondo — avevano scoperto l’efficacia di Anakinra in tal ambito. Da qui era nato uno studio, condotto dal professor Giulio Cavalli, immunologo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, e coordinato dal professor Lorenzo Dagna, primario dell’Unità di Immunologia, Reumatologia, Allergologia e Malattie rare dello stesso istituto. «Fin dall’inizio della pandemia di Covid-19 era emerso chiaramente che, nelle forme più violente della malattia, una delle complicanze maggiori fosse lo sviluppo di una ‘tempesta infiammatoria’», spiegava Dagna qualche giorno fa all’Huffpost.
Un farmaco già testato e conosciuto
«Anakinra, farmaco in commercio da vent’anni e usato per trattare l’artrite reumatoide e altri gravi patologie infiammatorie, era un candidato ideale». Molti i punti di forza: «E’ un farmaco che esiste da tanti anni e che conosciamo perfettamente». E’ immediatamente disponibile, «sapevamo che era sicuro e che aveva effetti collaterali quasi nulli: la buona tollerabilità deriva dal fatto che si tratta di una molecola replica di una proteina umana. Anakinra era poi maneggevole nell’uso, anche in situazioni critiche».
I risultati
I risultati sono incoraggianti. «Il farmaco poteva ridurre di oltre il 50% la mortalità dei pazienti trattati rispetto a quelli che ricevevano solo le cure standard. Col professor Giulio Cavalli abbiamo illustrato i risultati in una ricerca pubblicata su Lancet Rheumatology». A quel punto, «Sotto la guida del professor Evangelos J. Giamarellos-Bourboulis dell’Università Nazionale Capodistriana di Atene, insieme ad altri istituti di cura abbiamo dato il via a uno studio registrativo da sottoporre agli enti regolatori per l’approvazione del farmaco. È nato così ‘Save-More’, studio disegnato in accordo con l’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) i cui risultati sono stati pubblicati il 3 settembre su Nature Medicine».
I vantaggi di Anakinra
«L’uso precoce e mirato di Anakinra, in combinazione con la terapia standard, riduce la mortalità e i ricoveri in terapia intensiva, aumentando la guarigione completa nei pazienti Covid-19 ricoverati con prognosi sfavorevole dovuta al rischio di insufficienza respiratoria grave. La diminuzione della mortalità relativa è stata del 55%. La percentuale dei pazienti che hanno ottenuto la guarigione entro 28 giorni supera il 50% mentre il numero di pazienti con malattia grave stazionaria è stato ridotto del 54%. Il tempo medio di dimissione dall’ospedale e dalla terapia intensiva è infine stato ridotto rispettivamente di 1 e 4 giorni. Ora lo studio è in valutazione all’Ema per una possibile autorizzazione formale all’impiego del farmaco per la cura del Covid-19».
Anche i costi, decisamente contenuti, sono interessanti: «Anakinra costa circa 25 euro a iniezione, l’intero trattamento si aggira sui 250 euro. Se si considera che una giornata di terapia intensiva a un ospedale costa 2.000-2.500 euro e che Anakinra può portare a una riduzione del ricovero pari a quattro giorni, i conti sono presto fatti: circa 10 mila euro di intensiva contro 250 euro di trattamento con questo farmaco».
Ma ora l’Aifa si deve svegliare
Sull‘uso dell’Anakinra contro il Covid, «auspichiamo che ci possa essere una presa in considerazione da parte di Aifa il più velocemente possibile», mentre «dall’Agenzia europea del farmaco Ema, se non ci saranno ulteriori richieste, ci aspettiamo una decisione, quale che sia di approvazione o meno, entro la metà di ottobre». Lo sostiene Sergio Lai, vice presidente e general manager di Sobi (Swedish Orphan Biovitrum), l’industria biofarmaceutica multinazionale che ha supportato lo studio «Save-more».
In attesa del pronunciamento dell’Ema, «Aifa ha la possibilità, come già dimostrato nel caso della terza dose di vaccino anti-Covid e in altre situazioni, di poter fare scelte autonome secondo quelle che sono la validità di dati che vengono sottoposti da parte di alcuni sperimentatori. Questo è avvenuto, nel senso che alcuni sperimentatori avevano mandato delle richieste di approvazione secondo quella che è la normativa 648 e Aifa ha deciso di declinare queste richieste». Probabilmente perché all’Aifa «hanno ritenuto che non ci fossero al momento della valutazione tutti gli elementi per poter dare un’approvazione».
Ma «in questo momento siamo alle ultime pubblicazioni, i dati parlano molto chiaro, lo studio ha dato dei risultati straordinari […] Non c’è farmaco al mondo, e lo dico a voce alta, che abbia dimostrato questi dati». Lai conclude con una valutazione personale. «Mi permetto di dire che ci siamo troppo facilmente abituati ad avere 70 morti al giorno. Settanta morti al giorno vogliono dire 500 morti a settimana, un piccolo paesino italiano che se ne va. A questa cosa non mi abituerò mai. E noi riteniamo che una parte di questi 70 potevano essere salvati, tutto qua». Difficile dargli torto.
Cristina Gauri
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