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Da imprenditore italiano a Londra vi dico: la Brexit non è stata un buon affare

by La Redazione
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Gran BretagnaRoma, 6 giu – L’amico Davide Olla, imprenditore italiano a Londra da sempre vicino alle istanze identitarie, ci invia la sua testimonianza sulla Brexit. Si tratta di un resoconto che in parte si scontra con alcune delle analisi fatte da questa testata, ma è comunque un punto di vista interno con cui sarà interessante confrontarsi, pur senza necessariamente condividerlo. [IPN]

E’ un dato di fatto che la cosidetta “Area” ha accolto in modo positivo la vittoria (che come si sa è stata di margine strettissimo e senza che i quasi due milioni di Britannici residenti all’estero abbiano potuto esprimersi) del fronte del “leave” vedendolo come una reazione dell’”Inghilterra profonda”, un moto contro gli interessi dei finanzieri della City e delle multinazionali, una sfida ai burocrati di Bruxelles, un chiaro segnale contro l’invasione migratoria. Una vittoria di Popolo insomma.
Da imprenditore dotato di doppia cittadinanza e che risiede ed opera in gran Bretagna da più di vent’anni, mi permetto di dissentire da questo giudizio forse troppo semplicistico. Andiamo con ordine.

Una rapida analisi del voto, come tutti sanno, ha fatto emergere che Londra e le aree adiacenti hanno votato per il “remain”, così come tutta la Scozia e buona parte dell’Irlanda del Nord (nelle contee più vicine alla Repubblica Irlandese); in buona parte del Sud e del centro i risultati sono stati piuttosto equilibrati, mentre le Midlands, ovvero il centro, ex cuore industriale dell’Impero ed ora piuttosto depresso, così come il Nord la parte Est dell’Isola si è schierata per il “leave”. Un altro dato statistico interessante è stato che il voto dei giovani, così come quello dei più istruiti è andato in direzione del rimanere, mentre gli over 50, i disoccupati, i meno abbienti erano per la separazione dall’Unione.
La soddisfazione per la vincita dei “Brexiters” che si è percepita emanare dai nostri ambienti e formazioni varie proviene anche dalla lettura di questi dati: hanno vinto i Nazionali contro i cosmopoliti, il Popolo contro la finanza internazionale e via discorrendo. Ma a ben vedere le cose forse non stanno proprio così purtroppo. Sopratutto se ragioniamo su quelle che saranno le conseguenze, prima di tutto a danno proprio degli autoctoni Britannici che in buona fede han votato per uscire e generalmente per tutti noi Europei.
Benchè il Referendum sia stato indetto e promosso inizialmente per limitare l’influenza crescente delle istituzioni dell’Unione Europea guidate dai sempre più impopolari rappresentanti non eletti, ha preso progressivamente una connotazione più anti-immigratoria e pseudo-sovranista. Facciamo un passo indietro, anzi due.

Da quando l’UE ha cominciato ad ammettere progressivamente i Paesi dell’Est a partire dal 2004, c’è stato un flusso continuo di immigrati qui in Gran Bretagna: Polacchi sopratutto ma anche Ungheresi, Cechi, Baltici vari, e poi Bulgari e Rumeni, questi ultimi con qualche limitazione temporanea all’accesso di alcuni servizi sociali. Questo aumento esponenziale di Est-Europei è stata una delle ragioni del voto “Nazionale” anti UE.
Poi, a partire dal 2007 e sino ad oggi, la crisi economica nei Paesi del sud Europa (Grecia, Spagna, Italia in testa ma anche Francia) ha ingrossato e stravolto i flussi immigratori da queste terre: dico stravolto perché sino ai primi anni 2000 in Inghilterra sbarcavano prevalentemente giovani Europei con un buon livello professionale e di istruzione, oppure ragazzi che venivano a fare un’esperienza temporanea all’estero o a studiare, migliorando il proprio inglese o intraprendendo studi specialistici. Da qualche anno arriva gente con motivazioni differenti: la maggior parte di questi, non parlo solo dei giovani, è alla ricerca disperata di una qualsiasi possibilità lavorativa perché le speranze di vivere una vita degna nei propri Paesi di origine è diventata drammaticamente remota. Per fare un esempio: la Chiesa Italiana di Londra a Clerkenwell, così come l’adiacente Consolato non riescono a gestire le richieste di aiuto se non di vero e proprio sostentamento da parte di famiglie di italiani che son sbarcate alla cieca, senza mezzi e senza una conoscenza minima dell’inglese. Per molti di loro l’unica strada è quella del rimpatrio, magari con l’aiuto del clero locale e delle autorità consolari appunto. Io stesso ho constatato come fosse impossibile uscire di casa, andare in giro (e non mi riferisco ai quartieri tipicamente turistici) e non sentire parlare ad ogni angolo italiano piuttosto che spagnolo o francese… cosa impensabile sino a qualche anno fa. Sicuramente l’arrivo di queste masse bisognose e poco qualificate di Europei dell’Ovest ha influito ulteriormente nell’orientare il voto di molti Britannici meno istruiti e più poveri verso il “leave”.

Adesso però proviamo a fare due considerazioni fondamentali. Primo: la prosperità e la fortuna della Gran Bretagna degli ultimi 30 anni si basa in buona parte sull’apporto fondamentale degli europei continentali, siano essi camerieri o super manager, stiamo parlando di centinaia di migliaia di persone, dove, forse sorprendentemente per alcuni i Tedeschi sono di gran lunga superiori in numero rispetto ad Italiani o Francesi, per non dire degli Spagnoli, costituendo quindi la comunità continentale più numerosa (a parte ovviamente i giaà citati Polacchi che viaggiano sul milione e sono sopratutto operai o impiegati nel settore edile). Le ultime stime parlano di mezzo milione di Tedeschi, 350/400.000 Francesi seguiti da 300/350.000 Italiani e 150.000 Spagnoli. E poi ci sono gli Irlandesi della Repubblica, altri 500/600.000 e varie altre centinaia di migliaia di Baltici ed Est-Europei. Senza di loro non ci sarebbero senz’altro tanti locali o ristoranti alla moda ma soffrirebbe anche il sistema sanitario (infermieri e medici sopratutto Italiani e Spagnoli, anche altamente specializzati, costituiscono ormai l’ossatura di cliniche ed ospedali), per non parlare delle migliaia di insegnanti, managers, dirigenti italiani, francesi, tedeschi che occupano i più alti livelli nel settore finanziario, turistico e dei servizi. Senza di loro la “Cool Britannia” di Blairiana memoria non ci sarebbe mai stata. E’ un dato di fatto. Questi Europei continentali sono concentrati sopratutto nei grandi centri del Sud dell’Isola (Londra in testa, chiaramente). E non a caso il sindaco di origine pakistana Sadiq Kahn si è subito affannato a precisare dopo il voto a favore del “leave”, che farà di tutto per ottenere uno status speciale per la capitale, sapendo benissimo che il limitare i movimenti o l’influenza degli Europei ivi residenti e lavoranti costituirebbe una vera rovina per Londra (si pensi solo al mercato immobiliare).
A chi durante la campagna referendaria e dopo i risultati della consultazione faceva notare ai “leavers” questa cosa, chiedendogli come avrebbero pensato di ovviare ad un problema logistico di dimensioni epocali che sarebbe occorso in caso di limitazioni ai movimenti dei “continentals”, questi affermavano e tutt’oggi insistono che avrebbero compensato favorendo l’immigrazione di cittadini del Commonwealth… Cioè: sopratutto dentro Indiani, Pakistani, Bengalesi, Nigeriani, Kenyoti, Ghanesi e fuori Tedeschi, Francesi, Italiani, Spagnoli, Polacchi etc. Se le cose stanno così, verrebbe da proporgli di esportare un po’ di quelli che sbarcano a migliaia sulle nostre coste allora, visto che gradiscono il genere… Ci sono certo anche gli Australiani, Canadesi e Neo-Zelandesi, Sud Africani bianchi ma questi hanno già i loro canali dedicati: la maggior parte sono studenti che si svolgono lavori non specialistici per mantenersi agli studi oppure professionisti di ogni settore che hanno già un contratto o una proposta di lavoro prima di muoversi.

Per tutti gli imprenditori (che infatti lo hanno già segnalato con grande apprensione) o le persone dotate di un minimo di senso logico questa soluzione rappresenta solo una ricetta per il disastro economico e sociale.
C’è poi un altro tipo di argomentazione, per quanto mi riguarda (e dovrebbe riguardare anche tutti quelli che hanno una certa forma mentis): la Gran Bretagna è Europa, fa parte della storia di tutti noi, una storia fatta di conflitti anche recenti ma che è popolata da Genti Europee a noi affini e con le quali condividiamo un patrimonio storico, culturale, genetico. Per circa 500 anni è stata una colonia dell’Impero Romano, il cui lascito (al di là del fatto di continuare a guidare a sinistra) è rappresentato dall’impronta culturale indelebile, dalla civilizzazione testimoniata materialmente da fortezze, ville, templi sparsi da Dover sino al Vallo Adriano. E adesso ci vengono a dire che il Pakistano o il Nigeriano è il benvenuto mentre un Europeo non lo è più o lo è molto meno? Ridicolaggine, bestemmia, sacrilegio…
Ma ora poniamoci l’ultima e fondamentale domanda: cui prodest? E’ presto detto. Il piano verosimilmente è trasformare la Gran Bretagna in un paradiso fiscale e sociale per pochi (una specie di Dubai all’ennesima potenza) cioè per la solita élite in gran parte cosmopolita che può tranquillamente pagarsi l’ingresso e la permanenza dorata (ci son già dei canali aperti dove con qualche milione depositato e/o investito si ottiene la residenza e anche il passaporto). Quindi dentro principi arabi, oligarchi russi, dirigenti di multinazionali e grandi società finanziarie. “No problems”. Ma dentro anche gli schiavi de facto (molti dei quali entreranno comunque clandestinamente) che dovranno servire i loro ricchi padroni. Gente senza professione, passione, radici e diritti. Molto meglio dei brillanti e dinamici Europei che avevano ridato vigore ad una classe media agonizzante. Persone con un’istruzione ed una visuale molto spesso superiore a molti autoctoni Britannici ormai abbruttiti, gente che lavorava bene ma che pensava pure. Che conosceva la dignità del lavoro, pretendeva diritti sociali e cominciava anche ad avere voce in capitolo riguardo al futuro della Gran Bretagna. E tutto questo non poteva che dare fastidio.

Alla fine, alla faccia di tutti i Britannici che hanno votato per buona fede o ignoranza per il “leave” pensando di riappropriarsi della loro Terra, quelli che pagheranno di più e piuttosto caro con gran probabilità saranno proprio loro…
L’unica ricaduta positiva poteva essere la spallata all’Unione Europea dei burocrati asserviti agli interessi anti-nazionali ma, sopratutto alla luce delle sconfitte degli euroscettici nelle ultime tornate elettorali (Austria, Olanda, Francia e vedremo che succede in Germania, dove la Merkel va verso una probabile riconferma) questa spinta che poteva esser positiva si è esaurita in poco tempo.
Insomma: l’ultima cosa sulla quale riflettere è che tocca constatare ancora che come la storia insegna il popolo albionico sembra proprio che ami schierarsi sempre dalla parte del proprio carnefice. Da qualche centinaio di anni almeno.

Davide Olla

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2 comments

Matteo 7 Giugno 2017 - 10:20

Ottima analisi.
Vivo e lavoro a Londra da 10 anni e mi sento di condividere a pieno il punto di vista di Davide Olla.

Reply
Pino Rossi 8 Giugno 2017 - 3:35

Interessante. Ma devo dire che nel 1995 mi trovai per oltre un anno in UK per lavoro. Non ho mai dovuto fare un visto né chiedere niente a nessuno. Gli inglesi non sono fessi, troveranno il modo di far rimanere la manodopera qualificata (anche un manager a Londra fa la vita di uno schiavo). Sempre queste visioni in bianco e nero. Lo scrivente crede che se l’UK ha davvero bisogno di persone come lui non troverà il modo di farle rimanere? Probabilmente vogliono liberarsi del vero e proprio esercito di lavapiatti polacchi, rumeni, spagnoli e italiani.

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