Roma, 9 apr – L’europeismo di Giancarlo Giorgetti è imbarazzante. No, non si dica che sono le regole e che vanno rispettate, visto ciò che producono Francia e Germania, con “stili” diversi da quando esiste questo carrozzone chiamato Unione europea. Un luogo visto come arena di battaglia geopolitica da tutti gli altri Paesi, tranne il nostro, il più ligio, il più osservante, numeri alla mano e non c’è tema di smentita, almeno fino allo scoppio della crisi del Covid. L’ultima uscita del ministro circa la compilazione del Def (Documento di Economia e Finanza) così come riportato anche sulla Stampa, è senza mezzi termini una sola cosa: imbarazzante.
Def a metà, l’europeismo dispensato di Giorgetti: “Aspettiamo Bruxelles”
Per carità, se il padrone non dice di muoversi si rimane a metà strada. Ben ispirato dal suo europeismo irrecuperabile, così fa il ministro dell’Economia Giorgetti, parlando della compilazione del Def per l’anno in corso. “Non ci sono ancora istruzioni sulla nuova governance. Quando ci saranno faremo il piano strutturale come chiesto da queste nuove regolazioni”. Insomma, sarà un documento al buio, in pratica. Perché se non parla Bruxelles non ci si muove. Una dichiarazione francamente debilitante.
Con l’esultanza degli euroinomani di sinistra, non tanto diversi da quelli di destra, come il “classico” Carlo Cottarelli, felice di ridurre strutturalmente il debito per impoverire ancora di più (anche se quest’ultimo punto ovviamente non fa parte della percezione dell’euroinomane medio), augurandosi addirittura procedure sanzionatorie eventuali se i conti non dovessero essere nell’altrettanto classico “ordine”: “Paradossalmente la procedura di infrazione per deficit eccessivo ci avvantaggia perché ci obbliga sì a ridurre di mezzo punto l’indebitamento strutturale, ma ci concede la possibilità di derogare all’impegno di tagliare subito il debito di un punto di Pil”. Una festa, insomma.
Una figura che rappresenta l’impotenza
Eppure Giorgetti, che euroinomane – è bene ricordarlo – è sempre stato, anche quando la Lega faceva le barricate anti-euro, ha dimostrato di rendersi conto della situazione in questo suo anno e mezzo di mandato. Come quando lamentò in maniera chiara e cristallina quanto le regole sul debito impedissero – di fatto – di spendere denaro pubblico per abbassare le tasse, per la Sanità e per sostenere le categorie sociali in difficoltà (e le tre cose spesso coincidono, visto che “i tartassati”, non quelli del celebre Totò, in questi decenni hanno spesso subito una caduta sociale a causa dei carichi fiscali necessari a finanziare uno Stato continuamente all’inseguimento di un debito insolvibile).
Aurelio Del Monte