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Quella sinistra che non sa ridere, nemmeno di Vannacci

by Michele Iozzino
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Roma, 8 apr – Roberto Vannacci pubblica una foto sui social che lo ritrae alle prese con i fornelli. Un modo per sdrammatizzare su chi gli dà del misogino, ma c’è chi polemizza con il generale parlando addirittura di “gaffe” o “autogol” perché pensare che cucinare sia un lavoro “da donne” sarebbe appunto una dimostrazione della sua misoginia e poca considerazione dell’altro sesso.

La foto in cucina e le polemiche su Vannacci

La sinistra non sa ridere, ne abbiamo l’ennesima dimostrazione con l’ultima (inutile) polemica contro Vannacci. Così una immagine innocua, quotidiana, con un commento auto-ironico, diventa un qualcosa per cui indignarsi e un riferimento criptato a una qualche mascolinità tossica o pensiero retrogrado. Un’esagerazione dei termini che rende evidente – se mai ce ne fosse il bisogno – il ridicolo che sta dietro il cipiglio inquisitorio del mondo progressista, pronto a problematizzare e colpevolizzare qualsiasi cosa, anche la più normale o comune. Insomma, vedere i gendarmi del pensiero scandalizzarsi per la foto di Vanacci sorridente in grembiule mentre cucina e scrive di sé “il misoginoci ricorda al tempo stesso la vuotezza del politicamente corretto e il suo accanimento. Ma non c’è chi critica la foto di Vannacci solo da sinistra, ma anche da destra. L’accusa è per certi versi opposta, farsi ritrarre in un contesto così dismesso e casalingo svilirebbe il suo ruolo di generale, quasi fosse un segnale di debolezza. Ad esempio, qualcuno chiede: “I generali cinesi, russi o americani si fanno fotografare in grembiule in cucina vero?”. Anche qui si manca il punto e si sfiora l’assurdo, prendendosi troppo sul serio.

L’isterismo della sinistra

Se proprio dovessimo cercare una motivazione dietro l’immagine, forse dovremmo tornare a un’intervista a Repubblica di qualche giorno fa dove a Vannacci veniva chiesto cosa facesse di solito in casa: “Cucino, riparo, stucco, imbianco, sturo le fogne, pulisco. Io mi vergogno solo di ciò che non so fare”. In particolare, l’ultima frase viene ripresa anche nei commenti alla fotografia. In fondo, qui troviamo molto di quello che rappresenta Vannacci. Nelle vicende che lo riguardano quello che colpisce il più delle volte non sono i suoi messaggi, ma il sovradimensionamento che ne dà la sinistra e le reazioni eccessive che ne conseguono. Quasi fosse quello che nel gergo internettiano si definisce troll, però al rovescio. Così l’aria bonaria di Vannacci, i suoi contenuti spesso pre-politici – se non propriamente impolitici – e radicati in un certo buonsenso piuttosto normalizzante, innescano l’isterismo del mondo progressista che per contrasto appare ancora più caricaturale e demenziale di quanto non sia già.

Michele Iozzino

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