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Quando i democratici Stati Uniti crearono i campi di “rieducazione” per i nativi americani

by La Redazione
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Roma, 31 gen – Alla fine del gennaio 1876, la democrazia degli Stati Uniti d’America – quella che glorifica la propria nascita quale antagonista dei regimi assoluti – intima ai Sioux e ai Lakota ostili, alcuni fra i nativi del continente, di tornare nelle riserve. L’occupante straniero – lo statunitense – erige, intorno al 1830, innumerevoli campi di rieducazione al fine di recludervi le tribù autoctone, dopo averle trucidate e averne saccheggiato il territorio. La colpa delle vittime? Esistere. Essere nate sulla terra invasa. Le Indian reservation sono isolotti felici, così felici da essere circondati da altissime mura, che non permettono ai nativi americani – e non indiani – di uscirne; decimati e imprigionati a casa propria.
Farà meraviglia, ma gli “ostili”, leggasi gli aborigeni che non si piegano al colonizzatore, rifiutano la deportazione nelle trincee di contenimento. Scoppia la Grande guerra Sioux. Le terre appartenute agli autoctoni franano nel sangue: uomini dalle carni ferite, figli senza padri, senza madri e madri senza figli, in nome dell’oro, trovato, là, sulle Colline nere e voluto dai conquistatori. E’ strage. Una delle tante, su cui nasce e cresce la più grande democrazia del pianeta. Quello degli autoctoni del Nord America, è un massacro: si contano, dal momento dell’invasione, 18 milioni di vittime. Si tratta di genocidio quasi silente.
Un genocidio è la metodica distruzione di un gruppo etnico, compiuta attraverso lo sterminio degli individui, la dissociazione e dispersione dei gruppi familiari, lo scardinamento di tutte le istituzioni sociali, politiche, religiose e culturali. Come può una nazione, dunque, che si definisce modello, per antonomasia, di democrazia e libertà, ergere il proprio edificio su un genocidio? E i piani superiori del palazzo?Quello innalzato lo scorso secolo (l’unico Paese ad aver sganciato una bomba a fissione nucleare contro un nemico sconfitto, il Giappone) e, questo, attraverso l’esportazione della democrazia, sotto forma di missili? Sono muri dipinti col sangue. Muri dai quali urlano altri figli senza padri, altri figli senza madri e altre madri senza figli. In nome, ancora una volta, della democrazia e della libertà.
Igor Buric

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4 comments

Tony 31 Gennaio 2018 - 6:02

…..democratici…ora che Tramp sta facendo guadagnare i ”democratici”, i democratici si spellano le mani per l’antidemocratico Tramp..

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Robert Lee 1 Febbraio 2018 - 6:49

A proposito dei Sioux c’è un noto e bellissimo libro di Vittorio Zucconi (sì, proprio quello di repubblica! Strano davvero) dal titolo “Gli spiriti non dimenticano” ove ripercorre le ultime gesta di Cavallo Pazzo e dei suoi Lakota

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Nativi americani contro la Jeep: “Basta usare il nome Cherokee. Ci usate solo per vendere” 22 Febbraio 2021 - 7:16

[…] York, 22 feb – La richiesta arriva direttamente da Chuck Hoskin Jr., capo della Cherokee Nation: la Jeep deve smettere di utilizzare il nome Cherokee per identificare uno dei suoi modelli più […]

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Nativi americani contro la Jeep: “Basta usare il nome Cherokee. Ci usate solo per vendere” - 22 Febbraio 2021 - 8:24

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