La maggior parte dei tagli, che secondo il quotidiano tedesco Handelsblatt “ridurranno i costi di quasi 4 miliardi di euro”, saranno concentrati negli stabilimenti tedeschi di Volkswagen, che dovranno farsi carico della riduzione dei livelli produttivi pur senza andare incontro ad alcuna chiusura. In totale sono 20mila i posti di lavoro a rischio a Berlino e dintorni, 10mila quelli negli Usa. La casa automobilistica non parla esplicitamente di licenziamenti, preferendo utilizzare parole come prepensionamenti e transizione. Analogo discorso vale anche per la produzione: Volkswagen punta a riorganizzare i modelli, riducendone il numero e le configurazioni per tentare di aumentare la produttività del 25%.
Ma il succo del discorso è chiaro e sembra quasi una nemesi. Taglio dei costi e aumento della produttività sono ciò che la Germania ha imposto a mezza europa in nome dell’austerità. Si chiama svalutazione interna, della quale è ora uno dei suoi più grandi gruppi – sia pur nel novero di uno scandalo dalla dubbia genesi – a soffrire. Visti i fallimentari precedenti tuttavia, difficile a credersi che possa essere un successo. E non solo per il dominus d’Europa, dato che i fornitori Volkswagen sono disseminato in tutto il continente, specialmente in Italia.
Filippo Burla
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Deve andare aventi il mercato dell ybrid , tutto qui , tra poco dichiareranno illegali i diesel ed il gioco è fatto