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Ecco perché il governo tirerà a campare fino a dopo le Europee. Poi basta

by Adolfo Spezzaferro
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Roma, 24 apr – All’indomani del Consiglio dei ministri che ha conclamato l’ennesimo strappo in seno alla maggioranza, con il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini che stralcia il salva Roma, ribattezzato salva Raggi, e se ne vanta, il premier Giuseppe Conte che si risente – “non siamo i tuoi passacarte” – e l’altro vicepremier, il capo politico del M5S Luigi Di Maio che addirittura è assente perché sta in tv, possiamo dire che la crisi di governo è semplicemente rimandata a dopo le Europee, ma è inevitabile.

Resa dei conti rimandata a dopo le Europee

A sentire il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che stamattina, in merito alle parole del leader del Carroccio – “dopo le Europee è inutile andare avanti” – commenta: “Dubito fortemente che Salvini abbia detto questa frase. In ogni caso la gente che incontro ci dice ‘litigate pure ma andate avanti'”, si intuisce che al di là delle dichiarazioni di facciata, il governo stia soltanto tirando a campare fino a dopo il voto del 26 maggio. Anche perché le differenze sostanziali, le distanze incolmabili restano. Basta vedere come Toninelli neghi la realtà sul disastro romano della pentastellata Virginia Raggi – “Non percepisco un dissesto di Roma… il bilancio oggi è positivo” – o come il ministro della Salute Giulia Grillo definisce la strana coppia al governo. Secondo lei, l’esperienza gialloverde è il “frutto dell’unione tra una forza politica non ideologica, il M5S, e una forza con valenza ideologica, la Lega, di destra. I conflitti ci sarebbero stati anche col Pd”, assicura in un’intervista al Corriere. Poi però la Grillo precisa: “Non possiamo essere d’accordo con chi pensa che gli omosessuali vadano bruciati come in epoca medievale. Noi in questa epoca medievale non ci riconosciamo. Loro sono oltre il medioevo. Poi però ci ritroviamo sui programmi di buon senso”.

Alleati di governo/avversari alle europee

Insomma, i 5 Stelle, in funzione della campagna elettorale, puntano il dito contro l’alleato e vogliono la testa del sottosegretario Armando Siri, indagato per corruzione. Toninelli gli ha revocato le deleghe ma lui non molla e la Lega lo difende. Già basterebbe questo, per far cadere il governo. Il tacito accordo è quindi aspettare. Poi ci sarà il redde rationem, con Salvini che punta a capitalizzare i consensi che raccoglierà alle Europee per andare a fare il premier. La Lega dal canto suo, punta sull’onda lunga del consenso, conquistato a suon di frasi a effetto, promesse altisonanti e pochi fatti. Anche se, a ben vedere, con i porti chiusi e l’argine all’immigrazione incontrollata, così come con altre battaglie sulla sicurezza dei cittadini, Salvini – è la narrazione dominante – ha parlato alla pancia dei cittadini. E ha fatto bene, in termini di voti: la Lega alle Europee sarà il primo partito italiano e il secondo nella Ue. Non a caso, parlando con un fedelissimo siciliano che reclamava un posto in lista per le europee, il leader della Lega ha detto di averne bisogno come capolista al Senato, visto che “si voterà a ottobre”.

M5S giustizialista

Di Maio e i 5 Stelle fanno i giustizialisti e sfruttano il caso del sottosegretario Siri indagato: “Salvini – ha detto il capo politico del M5S– non faccia come l’ex Cavaliere, lasci che sull’innocenza si pronunci la magistratura”, ha attaccato. Va nella stessa direzione una legge-giro di vite sul conflitto d’interessi: se la Lega la dovesse bloccare per i pentastellati sarebbe un successo mediatico, in virtù del sottosegretario indagato e dell’alleato elettorale della Lega alle amministrative, ossia Berlusconi. “Oggi la stampa riporta nuovi elementi in merito all’inchiesta che coinvolge il sottosegretario Siri, elementi politicamente significativi e che ci spingono nuovamente a chiedere un passo indietro al sottosegretario“. Lo dice stamattina il M5s in una nota. “Non solo, viene messo in luce il ruolo del M5S nel neutralizzare ogni possibile azione presumibilmente illecita e volta al condizionamento degli equilibri dello Stato. Ma quel che ci preoccupa di più e che troviamo grave è che nonostante tutto quello che stia emergendo la Lega continui a difendere Siri. Sembra di rivivere il film di Renzi con la Boschi. Ci auguriamo di vedere un cambio di passo nelle prossime ore“.

Lega attendista

In risposta agli attacchi su Siri, la Lega ha bloccato l’operazione tesa ad alleggerire il bilancio di Roma Capitale della pentastellata Raggi. Ma Salvini e i suoi in generale preferiscono aspettare, augurandosi che in qualche modo saranno i 5 Stelle a far cadere il governo, per poi poterli inchiodare alle proprie responsabilità sotto gli occhi degli elettori. Certo, è vero che i 5 Stelle sono dei neofiti della politica di governo, ma lo sanno persino loro che chi fa cadere un esecutivo spesso ne paga le conseguenze in termini di voti. Per cui non è detto che se punti il dito contro i corrotti al costo di mandare tutti a casa poi ti basterebbero i voti dei giustizialisti per tornare in pista (peraltro con temi e toni da Pd e dintorni).

Che succede dopo il 26 maggio?

Dopo le Europee, sia la Lega che il M5S potrebbero desiderare di tornare al voto. Sì, perché i 5 Stelle devono fare i conti con il Pd, che ha presentato una mozione di sfiducia proprio per vedere quanto Di Maio e i suoi vogliano davvero far cadere il governo prima del 26 maggio. Salvini, dal canto suo, auspica di ritrovarsi all’indomani delle Europee con Berlusconi sotto il 10 per cento e lui con i numeri per poter governare senza il Cav, magari con Fratelli d’Italia e pezzi di responsabili provenienti in gran parte da Forza Italia (a partire dal governatore ligure Toti).

Si potrebbe votare il 6 ottobre

Facendo due conti, se si arrivasse allo scioglimento delle Camere entro il 7 agosto, si potrebbe votare il 6 ottobre. In questo modo, tra l’altro, la legge di Bilancio (con tutte le “rogne” che comporta) spetterebbe al prossimo esecutivo. Certo, questi scenari sono aria fritta, perché i conti non si fanno senza l’oste. Sta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella infatti decidere se far tornare il Paese alle urne o tirare a campare con un governo tecnico affidato al presidente della Bce Mario Draghi, per esempio, sulla pelle dei contribuenti (proprio come è stato con Monti, che guarda caso è dello stesso giro del governatore centrale uscente).

Adolfo Spezzaferro

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