Roma, 22 ago – Il Presidente Mattarella ci è già passato – con la travagliata nascita della maggioranza gialloverde, che tra le altre cose vide ben tre giri di consultazioni – e stavolta esige tempi brevi. Per il Colle, come è stato chiarito da subito, non esistono che due vie percorribili per la crisi di governo: o la formazione di una nuova maggioranza, forte, solida, in grado di durare, oppure il ritorno alle urne. Niente governicchi da pochi mesi o pastrocchi senza un programma valido e ampiamente condiviso. Questo perché il tempo stringe e serve stabilità: incombono il rischio dell’esercizio provvisorio di bilancio, l’aumento dell’Iva, le scadenze con la Ue.
E’ tutta una questione di numeri in Aula
Per Mattarella il fulcro della crisi è il Parlamento. Certo, su questo si potrebbe obiettare che non è chiaro se il capo dello Stato darà il giusto peso al fatto che l’attuale assetto parlamentare non rispecchia più l’orientamento degli elettori (il primo partito è il M5S che se si votasse oggi – sondaggi alla mano – si fermerebbe al 10%). Comunque, delle due l’una: o la maggioranza dei gruppi presenti in Aula si sarà espressa per le elezioni anticipate (posizione condivisa dall’intero centrodestra), oppure avrà optato per il tentativo di formare un nuovo esecutivo (l'”inciucione” M5S-Pd) per evitare la fine anticipata della legislatura.
Voto anticipato
In caso di maggioranza numerica per il voto anticipato, il Presidente non potrà che avviare l’iter di scioglimento delle Camere. Prima però incaricherà un premier di garanzia che formi un governo con il solo compito di portare il Paese alle urne. In base ai tempi tecnici, poiché è sfumata la data del 27 ottobre, le possibili elezioni non potrebbero svolgersi prima del 3-10 novembre.
Nuova maggioranza
Se invece stasera, al termine delle consultazioni, Mattarella avrà verificato l’esistenza di una maggioranza a favore di un nuovo governo, potrebbe concedere alcuni giorni, al massimo una settimana, per permettere ai partiti di trovare la quadra. Quello che il capo dello Stato chiede in tempi rapidi è il nome del possibile premier e un accordo programmatico. Due paletti che fanno da vaglio della solidità di una eventuale nuova maggioranza (finora 5 Stelle e dem non hanno raggiunto alcuna intesa, in tal senso). Pertanto, una volta costituita la nuova maggioranza, i partiti sarebbero richiamati al Colle per comunicare il nome del nuovo presidente del Consiglio, che verrebbe a quel punto incaricato e in tempi stretti dovrebbe individuare la squadra dei ministri e il programma.
Escluse altre possibilità
Altre strade per superare la crisi di governo istituzionalizzata martedì sera con le dimissioni del premier Giuseppe Conte, dal mandato esplorativo (la legislatura non è appena nata, non v’è alcun che da esplorare) al governo del Presidente (secondo alcuni scenaristi, Mattarella ha chiuso a qualsiasi tecnico: un nuovo esecutivo se nasce deve nascere in Parlamento), vengono del tutto escluse al Colle. Questo significa due cose: che è ancora possibile che alla fine – proprio come chiede il leader della Lega Matteo Salvini, che questa crisi l’ha scatenata due settimane fa – si tornerà alle urne; ma soprattutto – e questo è molto più importante – che un nuovo governo, proprio in ragione dei paletti di Mattarella, potrebbe durare fino al termine della legislatura (così nessun “sovranista” deciderebbe del nuovo inquilino del Colle). E – si sa – la memoria dell’elettore medio è corta, cortissima: Salvini perderebbe il suo “momento magico”, ridimensionando i suoi consensi.
Adolfo Spezzaferro