Roma, 21 set – Durante gli equinozi (da aequa-nox, “notte uguale”) i periodi dell’anno in cui la Terra si allinea con l’asse minore dell’ellisse di rivoluzione intorno al sole, il giorno e la notte hanno esattamente la stessa lunghezza. Il periodo che si apre con l’equinozio di autunno, che quest’anno capita il 22 settembre, è il “punto di svolta” dal momento in cui, durante l’estate, le ore di luce sono maggiori di quelle di buio a quello in cui le ore notturne iniziano ad avere il sopravvento. È quindi il periodo dell’anno che più di tutti indica la discesa del Sole e della Luce, tanto nel macrocosmo quanto nel microcosmo.
Nell’antica Grecia nel periodo equinoziale d’autunno si svolgevano i riti dei Grandi Misteri Eleusini. Durante questi riti si ripercorreva il mito del ratto di Proserpina, la bellissima figlia di Demetra rapita da Ade e portata negli inferi. Gli iniziati dovevano ripercorrere, dopo un rituale e un pasto sacro, la discesa nel mondo sotterraneo, guidati solo da una fiaccola.
A Roma non c’era una festività analoga, ma è quanto meno indicativo che nei primi giorni di ottobre si celebrasse lo Ieiunium Cereris, il digiuno di Cerere (poi identificata proprio con Demetra), proprio prima dell’apertura del Mundus Cereris, una porta che manteneva racchiuse e contenute le potenze ctonie e infere e che veniva aperta solo tre volte l’anno.
Quello della discesa negli inferi è un tema ricorrente nel mondo classico e indoario.
Sempre nella mitologia greca e misterica abbiamo Dioniso che prima di ascendere alla divinità discende negli inferi per salvare la madre Semele, lasciando in cambio ad Ade come pegno una pianta di mirto, sempreverde sacro anche a Venere ed usato anche nei Misteri Eleusini come simbolo di eterna ed immortale fecondità. Legato al culto dionisiaco c’è la discesa orfica per cercare di strappare Euridice al mondo dei morti.
Una delle discese più famose poi è quella di Ulisse nell’Odissea: l’eroe greco, prima di lasciare l’isola di Ea della maga Circe, discende nell’Ade dove il cieco indovino Tiresia – capace di “vedere” proprio perché ha sacrificato gli occhi materiali per quelli spirituali, forse proprio come il leggendario aedo Omero – gli mostrerà le ombre dei compagni di battaglia e dei familiari che gli indicheranno il cammino. A quella di Ulisse fa eco la discesa di Enea nel poema virgiliano. L’eroe troiano, dopo che la Sibilla ispirata da Apollo gli indicherà la discesa nell’Averno, non solo incontrerà le ombre di parenti e compagni d’arme ma anche gli spiriti degli eroi futuri della sua discendenza, in una visione atemporale in cui a Enea verranno indicati non solo il futuro e il cammino ma anche il destino immortale e divino di Roma.
Nei misteri di Mithra al quinto grado di iniziazione, il Perses, corrisponde la figura di Cautopates, il dadoforo che porta la fiaccola verso il basso indicando contemporaneamente la discesa solare dopo la porta equinoziale d’autunno e la discesa agli inferi dell’iniziato – il suo omologo Cautes, con la fiaccola verso l’alto, associato al grado successivo di Heliodromos, indica invece l’equinozio opposto e la corrispondente risalita. La discesa nel mondo sotterraneo dopo aver “fatto il pieno” di luce nello zenit del percorso solare durante il solstizio e durante l’apice energetico del Sol Leone è un momento cardinale della vita spirituale. Si porta con sé, interiormente, la luce che nel mondo macrocosmico inizia a scemare – da qui il simbolismo della fiaccola tanto dei Misteri di Eleusi quanto di quelli di Mithra – in una discesa nel profondo mondo ctonio, infero ma anche primordiale, quello dove affondano le radici e dove va piantato il seme che dovrà schiudersi per la futura rinascita.
Ma è anche discesa negli antri più oscuri, caotici in quanto non ordinati e per questo pre-cosmici e quindi primigeni, dove si nasconde la sorgente della sapienza primordiale, originaria ed eterna. Dunque un viaggio iniziatico, rituale e sacrificale per ottenere in cambio il dono della Conoscenza segreta, sotterranea in quanto nascosta, non visibile e a molti inaccessibile ma necessaria per poter far fronte al proprio Destino e poterlo quindi forgiare – come Ulisse ed Enea – e creare un cosmos ordinato. In questo senso emblematici sono i due viaggi di Odino, il dio sovrano del mondo norreno, nei mondi sotterranei. Il primo, verso le radici di Yggdrasil, il Frassino del Mondo, l’Albero Cosmico. È proprio tra le sue radici, in basso, nel mondo caotico e infero dei giganti, lo Jotunheim, che è nascosta la Mimirsbrunn, la fonte di Mimir il Saggio, “colui che ricorda” o, secondo alcuni, “colui che misura il Destino”, a cui Odino si abbevera per ottenere la saggezza e soprattutto la Vista, sacrificando al gigante – proprio come l’indovino Tiresia – un suo occhio, prima di sacrificarsi e donarsi a se stesso per scoprire il Verbo runico, l’alfabeto segreto con cui è scritta la trama del mondo.
Il secondo, nello Hel, il regno dei morti, dove il dio cavalca per interrogare la veggente sul destino di Baldr, intrecciato indissolubilmente al Ragnarök e quindi al destino degli dei tutti e del mondo. La porta equinoziale apre dunque un periodo critico e la coscienza della nuova fase porterà di qui a poco alla necessità di affrontare l’abisso con la luce della fiaccola e per la Luce eterna. Incede l’autunno con i suoi frutti dolci, gli uomini stivano le provviste e preparano le fiaccole in attesa del freddo e del buio che verranno ma che dovranno vincere in nome della vita e della luce.
Carlomanno Adinolfi e Flavio Nardi