Roma, 11 ago – Il sacro suolo italiano è stato spesso e volentieri bagnato dal sangue di giovani soldati che, in barba alla paura ed alle preoccupazioni, si sono gettati sui nemici con il coltello tra i denti. Molti di loro morirono da eroi, altri furono martirizzati dai barbari nemici. Uno di questi fu Francesco Rismondo, il cui corpo non venne mai ritrovato.
Il dalmata
La storia inizia il 15 aprile 1885 a Spalato, nell’attuale Croazia. Francesco Rismondo nacque in quella che, un tempo, era una ricca colonia veneziana, terra irredenta e desiderata da molti nazionalisti italiani. Il giovane spalatino, malgrado fosse a tutti gli effetti un cittadino austriaco, si sentiva più che mai italiano ma, si sa, questo sentimento poteva rivelarsi molto pericoloso nei delicati anni della Belle Epoque. Da giovane, Francesco Rismondo si dimostrò essere una vera e propria rivelazione nel ciclismo e divenne, da giovane adulto, il presidente del “Veloce Club” di Spalato.
La passione per lo studio porterà Rismondo a frequentare l’Università di Graz e a seguire corsi anche all’estero. Ma la sua Italia era ancora lì, oltre il confine austriaco, casa sua che – tuttavia – non era Patria sua.
Il “disertore”
Si arriva dirimpetto al 1915. Poco prima dello scoppio della prima guerra mondiale, Francesco Rismondo con la moglie riuscirono a varcare le pericolose frontiere austriache. Ci riuscì anche grazie all’intervento del padre che era un ricco armatore. Il 16 giugno dello stesso anno, si arruolò nel Regio Esercito e combatté finalmente per la sua amata Italia.
Dapprima, Rismondo svolse la mansione di interprete con i nemici austriaci ma, poi, conosciute le sue doti di ciclista venne inserito all’interno dell’VIII Reggimento Bersaglieri Ciclisti. Combatté dapprima sul Carso e si distinse particolarmente sul Monte San Michele. La fine di Rismondo non è conosciuta. Quel che è più probabile è che cadde prigioniero dei nemici austriaci. Riconosciuta la sua origine spalatina, sarebbe stato ucciso sulla forca come traditore della corona asburgica. Secondo questa versione, sarebbe morto il 10 agosto 1915.
Venne decorato con la medaglia d’oro al valor militare: “Volontario di guerra, irredento, animato dal più alto patriottismo, nelle prime aspre lotte, sul Monte San Michele, combatteva accanitamente dando prova di mirabile slancio e di indomito ardimento, finché cadeva gravemente ferito. Catturato, riconosciuto dal nemico, affrontava serenamente il patibolo, confermando col martirio il suo sublime amor di patria”.
Tommaso Lunardi