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Eroi dimenticati: Aurelio Morandi, l’ultimo legionario del cielo

by Tommaso Lunardi
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Roma, 21 apr – La Repubblica Sociale Italiana necessitò di un esercito per la difesa dei propri confini. Una potente fanteria apriva la strada mentre la morte incombeva anche dall’alto. Furono 210 gli aviatori che parteciparono alla guerra civile sotto l’insegna dell’aquila fascista. L’ultimo di questi fu Aurelio Morandi.

Il cacciatore bresciano

Aurelio Morandi nacque il 19 marzo 1921 ad Orzinuovi, un paesino in provincia di Brescia. Il 1921 è un anno molto turbolento. In Italia si sta consumando il “Biennio rosso”, i comunisti e i fasci di combattimento occupano fabbriche e attentano la vita dei loro leader. Morandi visse gli anni del fascismo e rimase colpito, come molti altri nella zona del bresciano e del milanese, dalla figura del Duce e dell’impero fascista. Un altro aspetto che colpì moltissimo Morandi fu la passione per il volo e per gli aeroplani. Per questo motivo seguì molto da vicino le azioni di guerra. Nel 1943, all’indomani dell’8 settembre, Aurelio Morandi iniziò seriamente a pensare ad un suo possibile arruolamento nell’Aeronautica Nazionale Repubblicana.

L’ultimo soldato

Morandi fu uno degli ultimi membri dell’ultimo manipolo di soldati che si arruolarono con l’Aviazione Repubblicana quando, ormai, gli Alleati avevano invaso quasi tutto il Nord Italia e i partigiani spingevano da est. Morandi ottenne il brevetto di pilota da caccia con un corso intensivo e, in men che non si dica, venne affidato 1° Gruppo di Caccia “Asso di Bastoni”. Dopo pochi giorni dalla sua entrata in servizio, Morandi fece registrare la sua prima vittoria con l’abbattimento di un velivolo americano in territorio emiliano. A pochi giorni dalla fine delle ostilità, Morandi ebbe l’occasione di distinguersi un’altra volta. L’ultima.

Giunse notizia presso gli uffici dell’aeronautica repubblicana, che gli anglo-americani stavano per fare decollare tre aerei carichi di viveri e rifornimenti per i partigiani stanziati in Valtellina. La notizia mise in moto il sistema di difesa e Morandi e altri compagni salirono sui loro mezzi e intercettarono i velivoli statunitensi. I tre aerei americani cercarono in ogni modo di evitare lo scontro ma uno di questi entrò nel raggio di fuoco del velivolo di Morandi. Il pilota bresciano, aprì il fuoco ma il nemico, il capitano Sutton, riuscì a scansare i colpi e a sferrare un attacco sull’abitacolo del pilota italiano. Morandi morì sul colpo e precipitò al suolo.

Le notizie dell’epoca vollero che i tre americani, in seguito abbattuti dalla contraerea svizzera (la battaglia si era spostata sin lì) e dai colpi italiani, vennero fatti prigionieri dai soldati repubblicani. Tuttavia, chiesero insistentemente di essere portati sul luogo di morte di Morandi per potergli rendere, comunque, omaggio.

Tommaso Lunardi

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