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Euro, Europa e austerità: tre lezioni dalla crisi Greca

by Filippo Burla
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crisi greca bandieraRoma, 19 apr – La crisi della Grecia non demorde e negli ultimi giorni è tornata a spaventare euro, Europa e mercati. Se si pensava che Atene fosse ormai fuori dai pericoli, la sua situazione consolidata e le finanze all’ombra del Partenone messe in sicurezza, le certezze lasciano invece ancora il campo a dubbi e perplessità. Il livello di (artificiosa) interrelazione fra le economie del vecchio continente non aiuta a rintuzzare l’effetto contagio, che anzi si espande e tocca anche chi ha o avrebbe gli anticorpi per difendersi.

Le gravi incognite sul futuro del paese ellenico ci aiutano, in ogni caso, a mettere alcuni punti fermi. Almeno tre lezioni dalle quali trarre insegnamenti validi per il prossimo futuro.

La prima: l’austerità non funziona. Fino a prova contraria, la spesa pubblica -anche nella sua componente più improduttiva- è una componente del Pil. Tagliarla con l’accetta, inseguendo irreali pareggi di bilancio in periodi di recessione, significa contrarre ancora di più le già misere prospettive di riagganciare la crescita. Con che risultati, poi? Tsipras è al governo da pochi mesi ed è bastato che l’Europa si impuntasse su una singola tranche dei finanziamenti del piano di salvataggio perché le casse di Atene andassero vicine al prosciugamento. Segno che la sua tanto sbandierata crescita è, nella migliore delle ipotesi, un mero fatto contabile. Il rischio, a questo punto, è che non si tratti più di capire se la Grecia uscirà dall’euro, ma quando lo farà.

La seconda: lo spread è un indicatore del tutto irrazionale. L’Italia ha sperimentato, nell’autunno 2011, un attacco speculativo partito da massicce vendite di titoli di Stato, che ne ha fatto schizzare all’insù i rendimenti sul mercato secondario. Da qui la crisi del differenziale con il “solido” Bund tedesco, il rovesciamento d’imperio di un governo e i cicli di austerità che hanno toccato anche il nostro paese. Anche qui: quali risultati? Aumento del debito pubblico, aumento della disoccupazione con tassi drammatici per quella giovanile, crescita che ancora non si vede. Lo spread però è diminuito, ma è bastato un annuncio negativo di Varoufakis per farlo schizzare di nuovo all’insù. Tre indizi di irrazionalità che fanno una prova: pianificare politiche pubbliche, che hanno effetti sulla vita di tutti i cittadini, sulla base dell’umore e della volatilità dei mercati, risulta inutile e, in ultima analisi, pericoloso.

Terza e ultima: tentare di modificare l’Europa dall’interno è perfettamente inutile. Tsipras, dai fasti presunti rivoluzionari di quando a gennaio è salito al governo, è stato ormai ridotto all’ombra di sé stesso. Le armi di ricatto che ha provato ad utilizzare, dall’uscita dall’euro all’avvicinamento con la Russia, sono state tutte cordialmente rispedite al mittente. Nel frattempo, però, non ha esitato a rimborsare al Fondo monetario internazionale tutti i debiti in scadenza. Segni inequivocabili che la dirigenza di Bruxelles non si preoccupa delle intemperanze di un suo membro riottoso ad accettare le imposizioni comunitarie.

Filippo Burla

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