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Ritorna l’idea Eurobond: disco rotto per una sinfonia europea che non suona più

by Filippo Burla
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eurobond euro ueRoma, 3 apr – Quando non si sa più a che santo votarsi, l’idea di tirare fuori dal cilindro un antico refrain cercando di svecchiarlo può tornare sempre utile. E’ il caso dell’idea degli Eurobond, che ciclicamente ritorna senza però mai concretizzarsi per davvero. Ultima apparizione in ordine di tempo quella di qualche giorno fa, con Commissione e Bce che sarebbero al lavoro per cercare di dare una forma alle obbligazioni comunitarie da piazzare sul mercato come una sorta di ‘Titolo di Stato’ dell’Ue.

“Stiamo dando seguito al lavoro del Consiglio sul rischio sistemico sulla creazione di bond collateralizzati da titoli di Stato. Vediamo un valore aggiunto nel cartolarizzare i bond sovrani, creando un marchio europeo in modo che si possano produrre e vendere questi nuovi titoli”, ha spiegato Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione, illustrando la proposta che sarebbe già sul tavolo di Mario Draghi per le valutazioni del caso in sede Esrb, il Consiglio europeo sul rischio sistemico.

Gli Eurobond versione 2017 prendono il nome di Sbs (sovereign-backed securities) e rappresentano nelle intenzioni uno strumento sovrano in mano a Bruxelles, collateralizzato da obbligazioni emesse dai governi nazionali. L’obiettivo è rafforzare una moneta unica sempre più in difficoltà, tramite l’acquisto – che dovrebbe essere affidato al fondo Esm – di titoli dei singoli paesi, ‘impacchettati’ poi negli Sbs e venduti come fossero un titolo nuovo di zecca. Parlare di responsabilità comune fra tutti i membri dell’eurozona è ancora bandito, ma l’idea è sostanzialmente questa: centralizzare il rischio, per evitare che in caso di crisi di un’economia si inneschi la fuga di capitali verso altre nazioni dell’area euro. A beneficiarne sarebbe il sempreverde spread, ma anche le banche, che eviterebbero così l’esposizione verso i titoli sovrani e dunque di venire trascinate verso il fondo dalle difficoltà dei conti pubblici.

Detta così, l’idea sembra il classico uovo di colombo. Non fosse per un piccolo particolare: la nazione-guida dell’Ue, la Germania, non ha mai accettato di condividere alcun rischio con gli altri, considerandoli calvinisticamente responsabili dei propri guai e dunque costretti a pagare tramite austerità e svalutazione interna. Chi ha dunque detto che di buon grado accoglieranno l’idea di mettere i loro bund allo stesso livello dei nostri Btp o dei bonos spagnoli? La domanda vale per gli eurobond come per il surplus commerciale e per i trasferimenti fiscali a sostegno dei differenziali di competitività. E la risposta è semplice: nessuno.

Filippo Burla

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