Pur di sconfiggere ogni attore non allineato lo schema che è stato scelto in Europa è stato il medesimo: l’unione di tutte le vecchie forze politiche per far fronte contro ‘i nuovi barbari’. Tale strategia ha effettivamente permesso, dalla Francia andando indietro, di consentire al sistema di non aprire le stanze del potere ai nuovi arrivati… ma in cambio di cosa? Una totale e diffusa paralisi nel migliore dei casi. Una Europa che politicamente è davvero sull’orlo di un precipizio che non è facile vedere perché i media festanti ci raccontano del coraggio avuto dalla Merkel a parlare di ‘destino Europeo’: un po’ come sul Titanic non tutti si erano accorti del pericolo incombente visto che l’orchestra stava suonando.
Facciamo ad uso del lettore una più onesta disamina della situazione di alcuni governi nazionali. In Austria, finita la fase di giubilo per la vittoria delle forze mainstream, si è finalmente arrivati alla conclusione che battere il Fpo è una cosa, governare un’altra: conservatori e socialdemocratici però non possono davvero farlo assieme e allora si tornerà alle elezioni in autunno. In Olanda, finita la sbornia per la “Sonora sconfitta di Wilders” (come ci spiegava il Corriere), il quale comunque ha raddoppiato la propria pattuglia parlamentare, non si è ancora riusciti a fare un governo trovando una quadra tra tutti gli altri attori serviti per costruire una maggioranza che definire liquida parrebbe generoso. In Spagna il governo esiste, fragile e mai in equilibrio, costretto ad elemosinare la maggioranza parlamentare con estenuanti trattative per ogni singolo provvedimento minimamente importante. In Grecia siamo al caos, in una situazione dove la dialettica politica passa per illegalità, violenza e minacce. Non parliamo dell’Italia, risparmiamoci di ripetere per iscritto l’assurdità di quel che si vede quotidianamente.
Sopra una crisi economica dalla quale non è mai uscita, l’Europa è entrata ora in una crisi politica della quale è impossibile prevedere gli esiti. Ci permettiamo, senza aver intenti apologetici, di chiederci se davvero il populismo sia ‘il problema politico’ di questa fase o semplicemente la manifestazione di un malessere da parte dell’elettorato che evidentemente non si sente rappresentato da un sistema politico. Tuttavia è lecito prevedere che alle classi dirigenti europee mancherà l’onestà di fare questa semplice analisi e tenteranno ancora di fingere che sia sensato scambiare la vittoria sugli attori populisti con la completa paralisi politica. Avremo tempo e modo di vedere quanto questa sceneggiata potrà durare e quanto potrà peggiorare la situazione.
Guido Taietti
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