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Focolai nelle scuole: nessun dato pubblicato nel 2021

by Francesca Totolo
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L’ultimo rapporto, redatto dall’Istituto superiore di sanità, sui focolai di Covid-19 scoppiati nelle scuole italiane è datato 30 dicembre 2020 e si riferisce al periodo compreso tra il 24 agosto e il 27 dicembre 2020. Nessun dato aggregato e consolidato è stato pubblicato dall’Iss successivamente, sebbene gli alunni fino alla prima classe della scuola secondaria di primo grado abbiano continuato a frequentare le aule in presenza. Ora, è stato preannunciato dal coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Franco Locatelli, che verrà avviata una vaccinazione di massa degli studenti under 12 anni da novembre, quindi sarebbe estremamente utile conoscere quanto i focolai nelle scuole abbiano inciso sui contagi totali in Italia. Abbiamo, inoltre, sollecitato più volte il ministero della Salute a fornirci i dati sui focolai dalla riapertura delle scuole, dopo le vacanze natalizie, fino al termine dell’anno scolastico, ma fino ad ora non ci è stato inviato alcun riscontro. Quindi ci limiteremo ad analizzare i dati disponibili.

Focolai nelle scuole: tasso di letalità e di ospedalizzazione

Partiamo subito da due dati fondamentali per capire il rischio che i più giovani corrono a causa del Covid-19. Dal marzo del 2020 al 4 agosto 2021, il tasso di letalità tra gli 0 e i 19 anni, ovvero il rapporto tra i decessi (30) e i casi di positività (677.043), si attesta al 0,00443%. La quasi totalità dei deceduti aveva gravi patologie preesistenti.

Se consideriamo il tasso di mortalità, ovvero il rapporto tra i decessi e la popolazione totale dei soggetti tra gli 0 e i 19 anni (10.415.276), si scende allo 0,000288%. Questo dato è rivelante perché la stragrande maggioranza dei più giovani che aveva contratto il virus, era asintomatico o paucisintomatico, rispettivamente il 71,2% e l’8,4%, come riporta l’Istituto superiore di sanità.

Nel periodo compreso tra il 24 agosto e il 27 dicembre, su 203.350 casi di positività al Covid-19 rilevati in età scolare, sono stati 1.503 gli studenti finiti in ospedale. Quindi, il tasso di ospedalizzazione è stato 0,7 per cento. Nella popolazione over 18, il tasso di ospedalizzazione è stato 8,5 per cento.

L’incidenza sulla pandemia dei focolai nelle scuole

La popolazione in età scolare in Italia, compresa tra 3 e 18 anni, ammonta ad un totale di circa 8,9 milioni di soggetti, circa il 15 per cento della popolazione totale. Durante l’anno scolastico 2020-2021, il Dpcm del 25 ottobre aveva disposto la didattica a distanza (Dad) per una quota pari almeno al 75 per cento dell’attività scolastica delle scuole secondarie di secondo grado, anche se alcune ordinanze regionali avevano già stabilito la quota del 100 per cento. Con il Dpcm del 3 novembre, la Dad veniva estesa al 100 per cento per le scuole secondarie di secondo grado. Nelle regioni “zone rosse” veniva introdotta la Dad anche per le scuole secondarie di primo grado (eccetto il primo anno). Con l’ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza del 4 novembre 2020 erano entrate in zona rossa Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Calabria e la provincia autonoma di Bolzano, poi con l’ordinanza del 13 novembre 2020 anche Campania e Toscana e, infine, dal 20 novembre anche l’Abruzzo.

Tasso di contagiosità nelle scuole nel 2020 è stato del 2,28%

Nel periodo compreso tra il 24 agosto e il 27 dicembre 2020, sono stati diagnosticati in Italia come positivi per Covid-19 1.783.418 casi, di questi 203.350 in età scolare (3-18 anni), ovvero l’11 per cento del totale. Quindi, considerando la popolazione totale dei soggetti in età scolare (8,9 milioni), il tasso di contagiosità nelle scuole italiane è stato del 2,28 per cento. La maggior parte dei casi in età scolare (40 per cento) si è verificata negli adolescenti di età compresa tra i 4 e i 18 anni, seguiti dai bambini delle scuole primarie di 6-10 anni (27 per cento), dai ragazzi delle scuole medie di 11-13 anni (23 per cento) e dai bambini delle scuole per l’infanzia di 3-5 anni (10 per cento).

Quindi, dei 203.350 studenti soggetti positivi in età scolare, 81.340 avevano tra i 14 e i 18 anni, 54.905 avevano tra i 6 e i 10 anni, 46.770 tra gli 11 e i 13 anni, e 20.335 tra i 3 e i 5 anni.  Il picco di incidenza giornaliero nel periodo in esame è stato di circa 43/100.000 abitanti nella fascia di età tra i 3 e i 18 anni, decisamente inferiore a quello degli over 18 che è stato di 60/100.000 abitanti. In età scolare, si riscontra un aumento dell’incidenza con l’aumentare dell’età: dai 14 ai 18 anni è stato di 57/100.000 abitanti, dagli 11 ai 13 anni è stato di 53/100.000 abitanti, dai 6 ai 10 anni di 37/100.000 abitanti, e dai 3 ai 5 anni di 24/100.000 abitanti.

Quanti focolai sono scoppiati nelle scuole?

Nel periodo tra il 31 agosto e il 27 dicembre 2020, il sistema di monitoraggio del ministero della Salute ha rilevato 3.173 focolai in ambito scolastico, ovvero il 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale. Però, come sottolinea l’Istituto superiore di sanità, “non è stato possibile stabilire con certezza che la trasmissione sia avvenuta in ambito scolastico e che la scuola sia stata la fonte di infezione, pertanto spesso ci si riferisce a casi che hanno frequentato contemporaneamente lo stesso ambito scolastico”. Peraltro, “non è inoltre disponibile l’informazione sul numero di casi coinvolti in ciascun focolaio”. Quindi, come dimostrano anche diversi studi effettuati in altri Paesi, è difficile stabilire se un soggetto in età scolare sia stato contagiato durante la didattica in presenza o in altri contesti.

L’Istituto superiore di sanità ha evidenziato: “Dopo la riapertura delle scuole, nel mese di settembre 2020, l’andamento dei casi di Covid-19 nella popolazione in età scolastica ha seguito quello della popolazione adulta, rendendo difficile identificare l’effetto sull’epidemia del ritorno all’attività didattica in presenza. Quello che si può notare è che pur con le scuole del primo ciclo sempre in presenza, salvo che su alcuni territori regionali, la curva epidemica mostra a partire da metà novembre un decremento evidenziando un impatto sicuramente limitato dell’apertura delle scuole del primo ciclo sull’andamento dei contagi”. Quindi, l’Iss ha suggerito che “allo stato attuale delle conoscenze le scuole sembrano essere ambienti relativamente sicuri, purché si continui a adottare una serie di precauzioni ormai consolidate quali indossare la mascherina, lavarsi le mani, ventilare le aule, e si ritiene che il loro ruolo nell’accelerare la trasmissione del coronavirus in Europa sia limitato”.

I bambini sono veramente terribili untori?

Nell’introduzione al rapporto sui focolai scoppiati nelle scuole, l’Istituto superiore di sanità ha evidenziato: “Pur avendo osservato che la probabilità di sviluppare sintomi dopo l’infezione aumenta con l’aumentare dell’età, e che la carica virale (e quindi il potenziale di trasmissione) non è statisticamente differente tra sintomatici e asintomatici, non è ancora perfettamente noto quanto i bambini, prevalentemente asintomatici, trasmettano SARS-CoV-2 rispetto agli adulti. Alcuni studi, ipotizzano che, specialmente i bambini al di sotto dei 10 anni, giochino un ruolo minore nella trasmissione dell’infezione. Lo European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) nel documento ‘Covid-19 in children and the role of school settings in Covid-19 transmission’ sostiene che, sebbene meno del 5% dei casi di Covid-19 segnalati nei Paesi Ue/See (Unione Europea e Spazio Economico Europeo) e nel Regno Unito riguardi persone di età inferiore ai 18 anni, il ruolo dei bambini nella trasmissione della SARS-CoV-2 rimane poco chiaro. Le evidenze disponibili fino ad oggi indicano che, nei Paesi in cui sono state implementate le chiusure scolastiche e il rigoroso distanziamento fisico, i bambini, in particolare nelle scuole dell’infanzia e primarie, hanno una maggiore probabilità di contrarre il Covid-19 da altri membri infetti della famiglia piuttosto che da altri bambini in ambito scolastico. Il tracciamento dei contatti nelle scuole e altri dati osservazionali, provenienti da un certo numero di Paesi Ue, suggeriscono che la riapertura delle scuole non sia associabile a un significativo aumento della trasmissione nella comunità, sebbene esistano evidenze contrastanti circa l’impatto della chiusura/riapertura della scuola sulla diffusione dell’infezione. Inoltre, una revisione, effettuata dall’Ecdc, di alcuni studi sieroepidemiologici condotti al luglio 2020 su bambini e adolescenti e sulla popolazione generale, evidenzia che la sieroprevalenza è leggermente inferiore nei bambini e negli adolescenti che negli adulti (20-55 anni) nei Paesi membri dell’Ue/See e in Svizzera (tranne che in Svezia, dove non si sono evidenziate differenze tra i minori di 19 anni e gli adulti in età lavorativa).

Un’indagine condotta nei 31 Paesi dell’Ue/See mostra che in molti dei 15 Paesi rispondenti sono stati identificati cluster nelle strutture educative, ma limitati in numero e dimensioni. Diversi Paesi, in particolare, hanno affermato di non avere alcuna evidenza che le strutture scolastiche abbiano svolto un ruolo significativo nella trasmissione di Covid-19. Inoltre, i Paesi in cui le scuole erano state riaperte al momento dell’indagine non hanno riscontrato un aumento di casi in ambito scolastico”.

A questo punto, sarebbe utile, per studiare l’impatto nazionale delle trasmissioni Covid-19 tra studenti e per una corretta informazione rivolta ai genitori, che l’Istituto superiore di sanità rediga un nuovo rapporto sui focolai scoppiati in ambito scolastico dalla riapertura dopo le vacanze natalizie al termine dell’anno scolastico 2020-2021, visto che è stata preannunciata una vaccinazione di massa dei bambini under 12 anni.

Francesca Totolo

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Luca 16 Agosto 2021 - 11:31

Basarsi su dati relativi a variante alpha o variante capostipite ha poco senso. Potrebbe essere utile guardare UK luglio o US ora

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