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Formare gli italiani del futuro: era il 3 aprile 1926 e nasceva la “Opera nazionale Balilla”

by Stelio Fergola
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opera nazionale balilla

Roma, 3 apr – Con la legge numero 2247, il 3 aprile 1926, il governo italiano istituì ufficialmente la ben nota “Opera nazionale Balilla”. Uno dei numerosi progetti pedagogici a cui si dedicò il fascismo nei suoi vent’anni – circa – di esistenza. Emblematico che l’ente sia nato nel 1926, poco dopo le cosiddette “leggi fascistissime” e il superamento della fase di “condominio liberale” al governo. In effetti, a ben vedere, è difficile parlare di “ventennio fascista”, considerando che la piena programmazione ideologica delle camice nere cominciò solo nel 1925. Con l’anno successivo che, con la fondazione dell’OnB, avrebbe mostrato chiaramente la progettualità di Benito Mussolini e di chi gli era vicino.

Opera nazionale Balilla: un progetto che guardava al futuro

Il nome completo era il seguente: “Opera nazionale Balilla per l’assistenza e per l’educazione fisica e morale della gioventù”. Il che spiega molto di più dell’abbreviazione, chiaramente. La parola “Balilla” fu ispirata dalla storia di Giovan Battista Perasso, il quale nel 1746 spinse alla rivolta i genovesi durante la breve occupazione asburgica della città. Inno ufficiale il celebre “Fischia il sasso”, di Giuseppe Blanc.

 

Emblematici erano i nomi delle formazioni, maschili e femminili, dei piccoli e giovani Balilla: le bambine e i bambini erano i “figli della Lupa” (dai 6 agli 8 anni, la fase più precoce), quindi figli di quella romanità espressa dalla leggenda di Romolo e Remo, che il fascismo enfatizzò molto per consolidare una radice culturale ritenuta essenziale nella Nazione italiana. Successivamente, si diventava “ballilla” da maschi e “piccole italiane” da femmine (dagli 8 ai 14 anni) e infine, in piena adolescenza fino ai 18 anni, “avanguardisti” e “giovani italiane”.

L’OnB sarebbe rimasta viva fino al 1937: non per scomparire, ovviamente. Ma per confluire nella neonata Gioventù Italiana del Littorio (GiL), insieme ai Fasci giovanili di combattimento.

Formare gli italiani del futuro

Senza giovani che abbiano un’idea sana della propria comunità non c’è alcun futuro. L’esempio dell’OnB va analizzato soprattutto per questo, non tanto per immaginare anacronistiche emulazioni. Ciò che conta per una società, qualsiasi società, come insegnava la lezione dello stesso Emile Durkheim nel merito, è la formazione. E il fascismo operò in modo molto serio proprio sulla formazione delle generazioni future. Oltre all’OnB e agli stessi “Fasci giovanili”, che si interessarono di preparare i bambini e gli adolescenti, c’era anche l’attività della ben nota Scuola mistica fascista, interessata alle evoluzioni delle future classi dirigenti, dunque dedicata a una categoria di persone adulte. D’altronde, l’aspetto di formazione antropologica è stato centrale nel programma del cosiddetto ventennio, interessato agli italiani del futuro piuttosto che su quelli del presente, a giudizio dello stesso Mussolini ormai troppo “radicati” da pensieri del passato per poter interiorizzare le idee del fascismo stesso. A prescindere da qualsiasi giudizio si possa avere sulle formazioni pedagogiche giovanili del tempo, è da notare come l’aspetto di formazione ufficiale sia scomparso quasi del tutto nella società contemporanea. A meno che non si tratti di interiorizzare i diktat globalisti, immigrazionisti e di ispirazione Lgbt, si intenda. Forse anche oggi ci sono le “formazioni Balilla”, ma non sono esplicite, e soprattutto non portanti i valori del passato…se non quelli del solito, anacronistico antifascismo che, senza essere ideologia, blocca psicologicamente una Nazione da quasi 80 anni.

Stelio Fergola

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