Roma, 27 ago – Una delle caratteristiche della realtà economica contemporanea è la formazione di monopoli e oligopoli attraverso fusioni e acquisizioni tra multinazionali. Questa strategia è finalizzata in primo luogo a rendere la libertà di mercato assolutamente inefficace ed è finalizzata a comprare il concorrente poiché si ritiene che l’acquisizione abbia costi inferiori rispetto alla realizzazione di nuove strategie aziendali per vincere la concorrenza. La seconda ragione della necessità di numero sempre più alto di acquisizioni dipende dal fatto che queste consentono di aumentare i titoli azionari delle società.
Fusioni e acquisizioni: così il “mercato” non esiste più
Se dal punto di vista storico l’esistenza delle grandi multinazionali che procedono per graduale e progressive acquisizione sul mercato si colloca tra il tra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900 è nell’epoca odierna che questa strategia ha raggiunto il suo apice. Limitandoci al periodo che va dall’ultima decade dello scorso secondo ai primi anni duemila non potremo fare a meno di osservare che questa strategia di acquisizioni per la realizzazione di monopoli o oligopoli ha certamente cambiato il volto dell’industria a livello globale.
Vediamo, per illustrare quanto poc’anzi affermato, di citare alcuni esempi che rappresentano degli casi di acquisizione che hanno fatto scuola.
Negli anni 90 le svizzere Ciba-Geigy e Sandoz si fondono creando la multinazionale farmaceutica Novartis, la britannica British Petroleum acquisisce l’americana Amoco, in Germania la multinazionale siderurgica Thyssen acquisisce la Krupp, la multinazionale petrolifera francese Total acquisisce la Elf Aquitane. Nei primi anni del 2000 l’americana Procter & Gamble compra la Gillette riuscendo in questo modo ad avere il 75% del monopolio del mercato americano relativo ai prodotti per la rasatura maschile.
Accanto a questi illuminanti esempi possiamo citare anche quelli relativi all’industria agroalimentare che avuto come scopo quello di formare monopoli e oligopoli sia nel contesto delle sementi sia nel mercato degli alimenti che nella distribuzione dei prodotti alimentari. A tale proposito basti citare il ruolo che nell’industria agroalimentare hanno la svizzera Syngenta o la DuPont. Per quanto riguarda invece il monopolio degli alimenti confezionati quelle più significative sono la svizzera Nestlé, l’americana Kraft, l’olandese Unilever e la francese Danone.
Profitti ad ogni costo
Una delle condizioni fondamentali affinché queste acquisizioni possono essere portate a compimento è l’esistenza del manager il cui compito è quello di costruire strategie adeguate per far aumentare le azioni delle grandi corporation e quindi il valore delle stesse sul mercato. Tuttavia è necessario precisare che queste strategie, volte a massimizzare il valore delle azioni sul mercato, impongono ai manager di conseguire la massimizzazione dei profitti a qualsiasi costo: il manager deve infatti soddisfare prevalentemente gli interessi degli azionisti e non di altri soggetti come per esempio quello dei lavoratori. L’esempio più eclatante da questo punto di vista è stato quello del crac Enron nel 2001.
Fino a quando il potere delle oligarchie multinazionali sia bancarie che industriali – potere in grado di condizionare profondamente le scelte politiche sia dei singoli stati come degli organismi sovranazionali come l’Unione Europea – non sarà profondamente ridimensionato, parlare di sovranità costituisce un esercizio di pura retorica soprattutto se si prende in considerazione la recente proposta di Mark Carney, attuale governatore della Banca d’Inghilterra, secondo il quale per conseguire una stabilità finanziaria globale sarebbe opportuno istituire una nuova moneta globale coordinata dalle banche centrali. Superfluo osservare che questa proposta, se venisse effettivamente realizzata, non solo consentirebbe agli Usa di riconquistare l’egemonia economica americana minacciata dalla Cina (guarda caso Carney viene dalla Goldam Sachs) ma eliminerebbe ogni residuo di sovranità economica.
Roberto Favazzo
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