Di quella pellicola, ciò che negli anni è rimasto come l’elemento inarrivabile per altri film dello stesso (o altro) genere, è proprio quell’equilibrio di cui sopra tra Corpo, Anima e Spirito. Equilibrio che ne caratterizza ogni singola scena, colonna sonora ovviamente inclusa – chi l’ha visto, sa di cosa scrivo. Quest’anno come noto ne è uscita la trasposizione di Ghost in the Shell in live action con Scarlett Johansson. A scanso di equivoci diciamolo subito: il film è bello, merita la visione. E non soltanto per Scarlett versione skinhead, ma per due specifiche ragioni:
- Il Corpo: il film riesce a mantenere una dimensione umana, fisica, perfetta. In una pellicola come questa, con il rischio di digitalizzazione dietro l’angolo, non è scontato;
- L’Anima: per quanto spiattellata in faccia fin dalla primissima scena, la dimensione e la tensione psichica del Maggiore viene mantenuta alta per tutta la durata della pellicola. Non è cosa da poco.
Manca ovviamente, sarà chiaro ormai, quel terzo ed ultimo – forse il più importante – elemento: lo Spirito. Ma che gli Americani riuscissero a parlare di spiritualità più, o almeno quanto i Giapponesi non è cosa improbabile…è cosa impossibile. Probabilmente, dando per scontato questo, si riuscirà ad approcciarsi con maggiore tranquillità ad un film che comunque riesce a mantenere la giusta trazione ed a toccare temi importanti, soprattutto per chi non ne ha già avuto modo.
In conclusione e sintetizzandone il codice: non è vero, in questo caso, che la Tecnologia senza Spirito rimane solo ferraglia.
Davide Trovato