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Giornata mondiale dell’uomo…o di quel che ne resta

by La Redazione
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Roma, 19 nov – Giornata internazionale dell’uomo anche se, forse, sarebbe più corretto ben altro nome: “Giornata internazionale di ciò che resta dell’uomo” o semplicemente “requiem”.

Giornata dell’uomo con la virilità latitante

Partiamo da uno studio condotto qualche anno fa dall’università di Padova, una ricerca da cui sono emersi dati non rincuoranti per l’universo maschile. Infatti, rispetto alla generazione dei padri i ragazzi di oggi sono sì più alti, ma con la lunghezza del pene accorciata di 0,9. La situazione non migliora col testosterone, dal momento che l’infertilità maschile è peggiorata: una volta un uomo produceva tra i 300 e i 400 milioni di spermatozoi per eiaculato, adesso circa il 30% in meno. Una sterilità che, secondo gli studiosi italiani, sarebbe raddoppiata negli ultimi 20 anni.

La cultura anti-maschile

Ma questo è uno dei tanti, troppi aspetti, che segnano l’inizio della fine della figura maschile. Basti pensare a Stefano Ferri, un uomo bianco ed etero, utilizzando il linguaggio trentasfemminista, ma con una moda tutta al femminile. Quando si dice avere le idee chiare. Ferri infatti è un uomo, che si sente tale, con tanto di moglie e figlia. «Non ho mai conosciuto nessuno che indossasse abiti femminili con le mie stesse motivazioni. Che sono anche piuttosto complesse. Ognuno ha una parte maschile e una femminile, che di solito si amalgamano. In me, invece, sono sempre rimaste distinte, scisse».

Il padre e marito specifica che «non sono mai stato attratto da un uomo» ma è anche vero che «Accanto a lui c’è una parte femminile – così si descrive Stefano -, che potremmo chiamare Stefania, innamorata di un uomo, che sono io, e con cui ha un rapporto particolare. Ha bisogno di prendere a prestito il suo corpo, cioè il mio, quello di Stefano, per esistere. Io, questa donna, la vedo quando mi guardo allo specchio».

La cancellazione dei sessi

In nome della diversità e dell’inclusività si sta cancellando la diversità che rappresenta il motore del mondo: quella tra l’uomo e la donna. Ma la cancellazione dell’uomo con tutte le sue tipiche sfaccettature e tratti, quali appunto l’essere virile e quindi maschio, la si può riscontrare anche e soprattutto nelle battaglie arcobaleno condotte da diversi artisti. Pensiamo ad Harry Styles con la gonna, ad esempio, diventato un simbolo della fluidità di genere per dichiarare guerra contro la tossicità di un certo ideale di mascolinità e virilità.

Non per nulla, l’ex membro dei One Direction rifiuta la differenza dei vestiti per maschi e per femmine. Una forma mentis che spiega perché sia stato proprio lui il primo uomo a posare con una gonna sulla copertina di Vogue.  Un’altra copertina che darà man forte a questa battaglia petalosa sarà quella di Zendaya per GQ.

Infatti, l’attrice ha posato in abiti maschili ricordando quando da ragazzina era solita fare acquisti nei reparti maschili, perché si è sempre sentita a proprio agio con la tuta tanto quanto con un abito da sera.

Da ricordare altresì Nastia e Benjamin, crossdressers per mera vocazione artistica, facendo diventare il  crossdressing il loro successo. Si tratta di una coppia eterosessuale canadese e Benjamin è solito indossare i vestiti della sua fidanzata, senza che questo ostacoli la loro vita di coppia. Infatti, hanno dato vita a due alter ego (Alaska lui e Katya lei) e realizzano degli scatti glamour insieme, che hanno molto successo su Instagram.

Per Nastia: “Non importa se Ben è Ben o Alaska, non importa come sia vestito, la persona di cui mi sono innamorata è sempre la stessa. Se condividi la vita con qualcuno che non ti permette di essere te stesso, non stai con la persona giusta”.

Una sviolinata arcobaleno degna del plauso politicamente corretto, dove si lotta per la diversità ma, alla fine, si diventa tutti uguali con donne che ostentano mascolinità e uomini sempre più effeminati dove il diverso, ossia chi non appoggia questa triste pulcinellata, è marchiato come odiatore legato agli stereotipi ed ai pregiudizi.

Una melassa arcobaleno che, in nome della diversità, distrugge la stessa. Ma, fortunatamente, non tutti si sono allineati al pensiero unico delle minoranze, o presunte tali, diventando così omologati in nome della diversità. C’è chi ancora resiste a questo martellante delirio. Si sta parlando della Cina che, nel constatare maschi troppo effeminati, ha deciso di «coltivare la mascolinità», proponendo attraverso la scuola, un «piano per prevenire l’effeminazione degli adolescenti maschi».

Il metodo scelto dal ministero dell’Istruzione di Pechino è prima di tutto l’aumento dei corsi di educazione fisica nelle scuole. Servirebbero a battere la scarsa virilità che, secondo le autorità, dimostrerebbero i ragazzi. Nel mentre, invece, nella civile e democratica società occidentale, l’uomo coraggioso, e quindi che osa, è quello che mette lo smalto sulle unghie.

Oggi la nuova virilità è osare di essere femminile, rinnegando così la propria natura, ossia la mascolinità ormai marchiata come male assoluto personificato nel maschio bianco etero cis. Quel maschio che osa comportarsi da uomo salvando la principessa e che quindi è giusto cancellare, perché la donna deve essere leader e, per questo motivo, senza un uomo al suo fianco che la protegga o, peggio, la salvi. Una rivoluzione transfemminista che si può ben riscontrare nel live action di Biancaneve dove, infatti, il principe azzurro non c’è. Una figura estirpata che, alla fine, diventa il simbolo di un film già visto e che continua a ripetersi: la cancellazione dell’uomo.

Nemes Sicari

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