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Krugman: “E se la Grecia fuori dall’euro avesse successo?”

by Filippo Burla
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Paul Krugman GreciaRoma, 27 mag – La Grecia non riuscirà a pagare le rate di giugno al Fondo monetario internazionale. Invece sì, raggiungerà un accordo con i creditori ed otterrà i miliardi dell’ultima tranche del piano di aiuti. E intanto interviene il Pd con la proposta, fuori dal tempo e dalla logica, di una tassa (un’altra) per contribuire al salvataggio delle casse di Atene.

Il sirtaki che si sta ballando in piazza Syntagma fra affermazioni in palese contraddizione l’una con l’altra mostra, nella migliore delle ipotesi, una frenesia che lascia spazio all’ipotesi più vaga possibile: non si sa che fare, si procede per tentativi, provocazioni, partite a scacchi sotterranee. Con un’unica certezza: la Grecia deve essere salvata, anche se per ora non è dato sapere come.

Ma è proprio un punto fermo necessario? Non è dello stesso parere Paul Krugman, nobel per l’economia nel 2008 ed editorialista del New York Times. In un editoriale uscito il 25 maggio, il professore all’università di Princeton prova a ribaltare il paradigma che vorrebbe che l’euro sia salvato “ad ogni costo” (come ebbe a dire Draghi), Grecia compresa.

“La natura della situazione greca è che gli attuali parametri per un accordo a breve termine sono chiari ed ineludibili: la Grecia non può ricorrere al deficit perché nessuno le presterebbe altri soldi, e nemmeno può ricorrere ad un avanzo di bilancio perché non si può cavare del sangue dalle pietre”, spiega Krugman, evidenziando il controsenso nella scellerata gestione dello stato di crisi del paese ellenico.

“Ciò su cui vorrei che tutti ragionassero è cosa succederebbe se la Grecia uscisse dall’euro. Sarebbe senza dubbio pessimo per la Grecia, almeno all’inizio”. Un’eventualità che nessuno mette in dubbio.

“Ma la più grande questione -osserva argutamente Krugman- è cosa succederebbe un anno o due dopo, quando il vero rischio non è che la Grecia fallisca, bensì che abbia successo. Immaginate una nuova dracma, svalutata, che attiri masse di bevitori di birra inglesi sulle coste dello Ionio, e che la Grecia cominci a riprendersi”. E’ ovvio che la ripresa non vivrebbe solo di turismo, dato che la svalutazione sosterrebbe in misura rilevante anche le esportazioni. Con un effetto a catena, almeno politico in prima battuta: “Questo incoraggerebbe chi, in ogni paese, sfida l’austerità e la svalutazione interna“.

“Una possibile conclusione, immagino, sia che la Germania tenti di sabotare la Grecia post-uscita. Ma spero che ciò venga considerato inaccettabile. Quindi pensateci bene: siete sicuri di voler intraprendere questa strada?”.

Filippo Burla

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