Roma, 20 giu – Genitori servi dei figli, secondo Paolo Crepet. Noi aggiungeremmo addirittura “schiavi”, ma la questione è profonda e ha radici storiche radicate negli ultimi cinquant’anni.
“Genitori servi dei figli”: Crepet ha ragione, ecco perché
Nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Crepet dice la sua sulla questione, criticando perfino il Sessantotto: “Oggi i genitori vogliono essere più giovani dei figli, tutto questo appiattisce e amicalizza un rapporto che invece deve essere fondato sul riconoscimento dei ruoli. Non esiste più il capitano, il punto di riferimento. È forse il compimento del ‘68, dalla rivolta antiautoritaria. Ma ora una generazione che ha contestato i padri è diventata serva dei propri figli. Non è capace di dire i no, di orientare senza usare l’autoritarismo, ma l’esperienza. C’è un armistizio: io ti faccio fare quello che vuoi, tu non mi infliggi la tensione di un conflitto. Ma così si spegne il desiderio di autonomia, l’ansia di recidere i cordoni, l’affermazione piena della propria identità. Il conflitto generazionale è sparito. E non è un bene”. Ora, senza troppi giri di parole: è veramente difficile non dare ragione a Crepet. Per un semplicissimo motivo: gli adulti non sono più in grado di impartire alcuna strada ai piccoli e ai minori. E il motivo risiede nella totale mancanza di autorità.
Generazioni di adulti deboli o addirittura “imbecilli”
Sono stati cinquant’anni in cui si è distrutta ogni autorità, invero, degli adulti in generale, non soltanto dei genitori. Lo vediamo sempre più spesso nella scuola (non a caso, anch’essa citata da Crepet) con professori regolarmente bullizzati o addirittura aggrediti fisicamente dagli alunni. Posto che nessuno immagina una società in cui gli adulti sevizino i più piccoli, la domanda è di una semplicità imbarazzante: come si fa ad “educare” le nuove generazioni se non si ha alcuna autorità per farlo? È, ovviamente, impossibile. Perché ogni propria decisione di adulto è sempre soggetta a discussioni e a proteste, il che rende come minimo complicato impartire una direzione a una gioventù che poi – in ogni caso – raggiunta la maggiore età sarebbe liberissima di seguire la propria strada. Così non è. I ragazzi sono liberi da subito, con tutte le conseguenze drammatiche del caso. Con l’unico risultato che quando arriva la maturità (solo sulla carta) non sanno neanche come esercitarla.
Alberto Celletti