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I voti ai magistrati? Una buona idea, ma serve molto altro

by Stelio Fergola
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Roma, 28 nov – Premettendo che neanche vadano prese in considerazione le critiche provenienti dalla categoria (no, neanche chi viene dall’attività antimafia, non per sminurla chiaramente ma perché purtroppo, dai tempi di eroi come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, essa è diventata uno degli strumenti artificiosi di scudo acritico della “classe togata”), il fatto che i giudici possano essere valutati dall’esterno è se non altro un tentativo – pur debole – di rottura rispetto all’insindacabilità sulla quale hanno vissuto fino ad oggi.

Voti ai magistrati, ecco perché è una buona idea

Si rompe, per l’appunto, un tabu, ovvero quello del giudice non può essere giudicato da nessuno se non da altri giudici. Dunque, il sì per i voti ai magistrati è convinto. Qualcuno lamenterà il solito pericolo per l’indipendenza, ma è difficile parlare di indipendenza in un contesto dove la palese ingerenza sulla politica si è manifestata per almeno trent’anni, in situazioni palesi, evidentemente faziose, dall’esempio cardine di Silvio Berlusconi fino a innumerevoli altri spesso appartenenti perfino all’ala sinistra “non gradita” alle alte sfere (si possono citare i casi di Ottaviano Del Turco, di Matteo Renzi o dello stesso Ignazio Marino: insomma, spesso anche chi sta a sinistra, se “non fa i compiti per bene”, viene preso di mira). La magistratura nei fatti non è mai stata indipendente, ma su una posizione di evidente superiorità rispetto alla politica: è un dato di fatto. Ciò che sorprende, semmai, è ch questo dato di fatto venga messo da parte, mostrando addirittura stupore quando qualcuno lo sottolinei o lo metta nuovamente in primo piano. Si pensi a Guido Crosetto che passa addirittura per “complottista” alla luce delle sue ultime dichiarazioni sui giudici e su una parte di essi (le solite correnti, ufficiali, documentate, eppure ancora esercitanti come se non esistessero, l’espressione “Mabgistratura democratica” è puramente voluta), sulle possibili azioni “concentrate” prima delle elezioni europee. “Come può il ministro aver detto questo? Cosa sa? Cosa non sa?”, si mormora sulla stampa mainstream.

In trent’anni abbiamo visto di tutto e c’è chi si meraviglia

Otre gli esempi sopracitati, sono spuntate pure testimonianze evidenti, dichiarate – in modo puramente strumentale e non certo animato da spirito di giustizia, sia chiaro – anche da ex vertici della categoria come Luca Palamara. Si sa tutto, è praticamente alla luce del sole. Decine di inchieste finiscono nel nulla e tutti se ne dimenticano. Un ministro fa un’affermazione che è perfettamente in linea con l’andazzo di questi trent’anni e scoppia addirittura una sottospecie di “scandalo”? Sì, fa abbastanza ridere. Ecco perché, in un contesto così drammatico, in cui è praticamente impossibile anche rimarcare mediaticamente una situazione evidente a chiunque non viva nel mondo delle favole, quello dei voti ai magistrati è un ottimo inizio, ma non sufficiente. L’orizzonte sarà sempre lo stesso: quella riforma della Giustizia che potrà portare, finalmente, alla separazione delle carriere tra giudice e pm. Beninteso che, deve essere chiaro anche questo, neanche quella potrà risolvere completamente la questione: sarà sicuramente un grande aiuto strutturale a una situazione davvero insostenibile (e una grossa zavorra all’autonomia di qualsiasi governo), ma non potrà eliminare la propensione ideologicamente orientata della categoria. Come probabilmente non potrà farlo nulla, se non una rivoluzione culturale. Forse ci sarebbe da aggiungere un’altra riforma di cui poco si fa menzione: abolire una volta per tutte le correnti politiche in seno all’Anm e al Csm. Niente più Magistratura Democratica, ma neanche Magistratura Indipendente e Unità per la Costituzione. Via tutte, senza distinzioni. Se si entra in magistratura le proprie idee politiche si tengono nel proprio cuore e basta, perché si comincia a fare un altro lavoro. Un punto che in pochi hanno ricordato (si pensi al costituzionalista Antonio Baldassarre). Lì, forse, si potrebbe raggiungere una svolta pressoché totale nel rapporto tra magistratura e politica.

Stelio Fergola

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