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“Identità e Democrazia”…perché il sovranismo “ufficiale” va comunque tenuto d’occhio

by Stelio Fergola
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Roma, 2 gen – Identità e democrazia si avvia ad affrontare le prossime elezioni europee soffocato dalle sue stesse contraddizioni. Ma ciò che ci deve interessare non è questo, bensì la prospettiva “consensuale” di un insieme di valori che hanno dimostrato di essere ancora presenti nelle coscienze continentali.

Identità e Democrazia: perché conviene “tifare” per Salvini e Le Pen

Partiamo con le noti dolenti e ovvie: dei gruppi che compongono “Identità e democrazia” nelle sedi europee, quelli più in vista hanno già tirato i remi in barca su quasi tutte le questioni dirimenti, dal no euro a un “no immigrazione” più urlato che sostanziale, a una protesta ormai quasi inesistente contro i diktat di Bruxelles (salvo qualche “residuo” rappresentato dal No del governo italiano al Mes). Importante da sottolineare: la “ritirata” è avvenuta da anni, e per alcuni dei vertici politici in questione non è neanche stato necessario andare al governo, ma addirittura dai banchi delle opposizioni e delle sconfitte alle presidenziali. In tal senso, la differenza tra Marine Le Pen e Matteo Salvini è significativa: a tutto vantaggio del politico italiano, va precisato per onestà intellettuale. Mentre il leader del Carroccio ha infatti avuto un’esperienza di governo assolutamente dirimente nell’esecutivo gialloverde come ministro dell’Interno, a seguito della quale ha ridimensionato la portata delle sue politiche aggressive (specialmente sul tema dell’immigrazione di massa), la signora Le Pen non è mai andata all’Eliseo, sconfitta sempre dal fronte progressista di Emmanuel Macron, ben rimasto in sella al “trono” di Francia. Eppure, il leader dei sovranisti francesi non ha pensato due volte a riguardo, trasformando il Front National in “Rassemblement” già nel 2018 e rinunciando a gran parte delle polemiche “dissidenti”, soprattutto in senso euroscettico (su tutti, il “no Euro”). Per farla brevissima: almeno Salvini al governo ci è andato, prima di ritirarsi. Oltre le Alpi, qualcuno lo ha fatto molto prima.

In ogni caso, Identità e Democrazia resta un gruppo da guardare con interesse perché i numeri dell’euroscetticismo, a dispetto di una “narrazione d’area” stranamente e futilmente nichilista, restano poderosi. In varie forme, in varie elezioni nazionali (si pensi alle ultime olandesi), non necessariamente comprendenti partiti aderenti al succitato gruppo, la quantità di cittadini che guarda a Bruxelles con sospetto e con antipatia è aumentata a dismisura negli ultimi dieci anni. Un’affermazione dei partiti “euroscettici” – con tutte le virgolette del caso –  ancora maggiore nel futuro, indipendentemente da probabili e ulteriormente tristi “ritirate strategiche”, sarebbe comunque un dato numericamente rilevante – l’ennesimo – da registrare. Con l’obiettivo di indirizzarlo a dovere negli anni venturi.

La balla del “sovranismo estinto”

L’idea che il sovranismo sia in qualche maniera “morto”, non si capisce bene sulla base di quali “disposizioni testamentarie” mai concretizzate in nulla, è a tutti gli effetti fallace. A meno che le ritirate di campo dei vari Salvini, Le Pen – o per citare altri già “svenduti” da tempo-  colleghi spagnoli di Vox, non comportino una similare ritirata dal punto di vista elettorale e – nella fattispecie – dell’anti-europeismo espresso nella seconda metà del decennio scorso in buona parte delle Nazioni che sono coinvolte nell’astrusa gabbia “organizzata” nei centri di Bruxelles e ben disposta su indicazioni di Berlino.

Un fatto che non è mai avvenuto, anzi. Addirittura, la Lega è diventato un partito irrilevante proprio perché al clamoroso 34% raggiunto nella primavera del 2019 aveva fatto seguire un crollo dei consensi che lo avrebbe condotto al meno del 9% attuale, non certamente sulla base di una maggiore insistenza sui temi “sovranisti” ma proprio inseguendo suggestioni diametralmente opposte: ovvero, abbandonare del tutto il “no euro”, il filo-identitarismo, l’attacco ai ricatti dei mercati finanziari (gli stessi che, in pratica, “tengono per le palle” il nostro debito così come l’impossibilità di fare spesa pubblica), e perfino l’anti-immigrazionismo, oggi nelle sedi del Carroccio decisamente più blando che nella – a questo punto possiamo perfino definire “fortunata” – stagione gialloverde.

Se c’è una cosa che hanno dimostrato le urne negli ultimi anni – oltre al devastante astensionismo – è esattamente che proprio l’abbandono delle tematiche identitarie, socioeconomiche, etniche e valoriali allontani i consensi. Che poi il sovranismo come concetto possa essere criticabile per altri aspetti (su tutti, quello di non aver mai generato una formulazione ideologica che sarebbe eccome necessaria) è un altro discorso, il quale però prescinde da queste considerazioni di merito.

Stelio Fergola

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