Roma, 16 feb – Un ragazzo di Lavagna è intercettato dalla Guardia di Finanza. Gli trovano dell’haschish. Ne fa uso e ne tiene un po’ a casa, verosimilmente per suo uso. Quando gli agenti perquisiscono la casa e trovano questi pochi grammi di droga, lui si getta dalla finestra e muore. Quando leggo questa notizia penso a ciò che sarà detto dalla maggior parte dei giornali, o sarà comunque suggerito: vedete a cosa porta l’inutile e cieca repressione di qualcosa che in fondo non fa male ma è semplicemente espressione di libertà ? In altre parole, ecco a cosa portano gli effetti della Legge Fini-Giovanardi, ecco perché si dovrebbe decriminalizzare l’uso (e la detenzione per uso personale) delle non meglio classificate droghe leggere, sicuramente della cannabis. A me invece, da medico, viene in mente tutt’altro: quello che vedo professionalmente, sempre più spesso in questi ultimi anni.
Un’amica di questo ragazzo, intervistata, accenna che lui parlava ogni tanto di non voler più vivere, appariva depresso. I disturbi dell’umore e l’uso di sostanze (senza alcuna distinzione tra leggere e pesanti) sono due fattori di primo rango che influenzano il rischio di suicidio. In questi casi non è tanto un’idea costante e strutturata, ma anche una facilità a reazioni impulsive, in cui una situazione di per sé rimediabile può avere un impatto tale da suscitare un gesto estremo. Sulla prima parrebbe che il ragazzo si sia ucciso per l’umiliazione e la vergogna, specie di fronte ai genitori, causata dall’intervento delle forze dell’ordine. E invece così non è, se – come si apprende oggi, dagli aggiornamenti – la madre stessa aveva richiesto l’intervento delle forze dell’ordine, come gesto disperato per fermare una situazione di degenerazione personale e familiare. Un tentativo di far cambiare qualcosa, anche a prezzo di un danno immediato (una carcerazione), perché l’alternativa era qualcosa di peggiore: uno stato di intossicazione da cannabis. Molti canapisti si metterebbero a sorridere, o data la tragicità del fatto si arrabbierebbero, perché secondo loro è ridicolo affermare che la cannabis possa portare gravi problemi, figuriamoci un suicidio. I dati della ricerca, che indicano chiaramente le modificazioni della funzione cerebrale indotte dalla cannabis, per loro non sussistono. O, se sussistono, riguardano una minoranza.
Eppure, una minoranza nutrita, perché le famiglie che chiedono un intervento medico non sono poche, troppe perché questo fenomeno sia considerato “leggero”, anche volendo insistere sulla leggerezza della droga. A chiedere aiuto sono spesso le famiglie, perché i consumatori, sotto effetto dalla cannabis, tipicamente non hanno più una visione empatica della realtà. Riferiscono di essere depressi, o irritati, per colpa dell’ambiente e che la cannabis, per loro, diviene un’ancora di salvezza: li calma, li consola. Invece i familiari vedono tutt’altro: da quando i loro figli la consumano gli studi vanno male, o si sono interrotti; la vita è divenuta improduttiva; i comportamenti anaffettivi, con tendenza all’instabilità umorale, dalla disperazione alla strafottenza, e con indifferenza rispetto ai rischi e ai danni che si producono, in uno stillicidio continuo. L’unica verità su cui canapisti e non-canapisti sono d’accordo è che il problema della cannabis non è la dipendenza. Non mi pare che il resto, quello di cui abbiamo accennato, possa essere una questione secondaria, meno grave, meno allarmante.
Questo caso non è il caso Cucchi. Non si profila un abuso di potere, una violenza privata fuori dai doveri di rispetto e custodia. Stiamo parlando di una famiglia che, probabilmente dopo aver valutato altre soluzioni, cerca di recuperare il figlio “fermandolo”, senza poter prevedere un incidente di questo tipo. La madre stessa, nell’estremo saluto al figlio, fa riferimento ad un proprio senso di colpa, al “vuoto interiore” del figlio che forse non era stato in grado di capire fino in fondo. Tutt’altro a mio parere. Il “vuoto interiore” è un vuoto tossico, indotto da determinate sostanze, non un errore educativo o una debolezza caratteriale. Se sia una minoranza a correre questi rischi, è irrilevante: una società si preoccupa delle sue minoranze come delle sue maggioranze.
Sognare un mondo in cui questo tipo di sostanze sono “libere”, significa sognare una maggiore libertà di vuoti interiori, di gesti impulsivi, di affetti spezzati. Se c’è una via diversa dal controllo della diffusione delle droghe, ancora nessuno l’ha trovata né proposta.
Matteo Pacini
12 comments
Parafrasando Totò: “ma mi facci il piacere, mi facci…”. L’articolista mi pare abbia opinioni simili a quelle delle pubblicità americane anni ’50 sull’uso della marjuana: totalmente assurde! Forse a qualcuno farebbe bene rileggere le pagine sulle droghe scritte da J. Evola in “Cavalcare la tigre” per un approccio tradizionalmente corretto sull’argomento, non delle castronerie da bigotto benpensante.
te pareva che i commenti siano in tal senso, quando basta scrutare un po’ in internet e ti trovi centri di recupero da dipendenza da canna. Forse qualcuno non sa che le canne non sono più quelle degli anni 60 o 70, ma quelle odierne hanno il principio attivo potenziato fino a 500 volte. Fare finta di niente e negare non vuol dire essere nella verità.
danny, la cannabis odierna non ha un principio attivo più potente, bensì una percentuale di principio attivo (thc) più elevata. la varietà di strain (ceppi) odierni in ogni caso è talmente variegata da essercene per tutti i gusti, ogni qualità ha la sua percentuale dichiarata, dalle più blande alle più potenti, esattamente come la gradazione delle bevande alcoliche, sta tutto nella moderazione di chi ne fa uso… c’è una bella differenza tra un bicchiere di vino e mezza bottiglia di whisky. ad ogni modo, la dose necessaria per causare danni rilevanti ad un essere umano è talmente elevata da risultare ridicola; si parla di QUINTALI di sostanza in manciate di minuti.
mi dispiace fare l’ecumenico ma hanno ragione tutti quelli che hanno scritto. Conosco molto bene la cannabis e le persone che ne fanno uso. Può essere innocua ma può portare alla psicosi, di sicuro un ragazzino di 15 anni che si sfonda di canne non cresce bene. Allo stesso tempo, però, devo dire che la madre del suicida, a mio avviso, ha errato nell’attribuire alla cannabis le cause dei mali del figlio e ha fatto male a fare intervenire la GDF, non era assolutamente necessario.
già il fatto di supportare le tesi di un Saverio Tommaso o di un Roberto Saviano a favore della legalizzazione,dovrebbe essere ragione sufficiente per non fumare nemmeno la cartina di una canna…
Esatto, e te lo dice il padre di un figlio che aveva cominciato con le canne per finire poi a morire di overdose di eroina, dopo 4 anni di comunità e altri due di astinenza.
Si comincia così, poi si vuole di più, basta vedere le sigarette, prima se ne fuma 2 alla settimana, poi una al giorno e poi un pacchetto al giorno e va bene se ci si ferma lì.
Io per esempio avevo cominciato a fumare a 13 anni e solo a 70 anni sono riuscito a smettere, figuriamoci come mi avrebbero creato dipendenza le canne, per non parlare d’altro ben più pericoloso.
Le droghe fanno male tutte, la cannabis va legalizzata esclusivamente per fini medici, controllando accuratamente che i soliti furbetti non trovino i soliti modi per aggirare la legge.
Collega, lo vada a dire a chi usa questa pianta medicinale, caparbiamente demonizzata, per curarsi. Ansia, depressione, fibromialgia, dolore cronico di ogni tipo, spasticità, salendo fino ai tumori. La canapa cura, altro che danneggia. Dove c’è danneggiamento la causa è un’insensato senso di colpa che anche la classe medica a contribuito a creare. Senso di colpa che spinge le persone ad uccidersi, non ultimo pensando a l’acuita sensibilità che dona la pianta, altro che fa perdere l’empatia. Si aggiorni, per l’amor di Dio.
È inutile che un medico citi studi scientifici, i sostenitori della cannabis controbatteranno con argomenti tratti dalle loro letture di libercoli della subcultura della droga, frutto anch’essa del proibizionismo. Il fatto che la cannabis sia illegale crea una mitzzazione della sostanza.
Il THC ha effetti terapeutici ed è utilizzato soprattutto nella terapia del dolore e per stimolare l’appetito in coloro che sono sotto trattamento farmacololgico per la cura del tumore, ma da qui a sostenere che faccia bene alla salute ce ne passa.
Certo fumare una canna ogni tanto è sicuramente meno dannoso che scassarsi di alcol o fumare un pacchetto di sigarette al giorno, e il passaggio dalla cannabis alle droghe cosiddette droche pesanti non è legato alla sostanza in sé, ma alla subcultura della droga nella quale spesso chi ne fa uso entra, ma il consumatore tipo di questa sostanza difficilmente si limita a una cannetta ogni tanto, ne fa un uso quotidiano.
La dipendenza da cannabis non è fisica, come non lo è quella da cocaina, ma psicologica ed è la piu difficile da superare; dopo tre giorni di astinenza si vince ogni dipendenza fisica ma è quella psicologica quella difficile da eliminare.
Chi fa uso massiccio di cannabis vive in uno stato mentale alterato che gli crea fragilità emotiva e tendenza a costruirsi una realtà illusoria solipsistica.
Il discorso sulla legalizzazione è controverso, uno stato che appone il sigillo di monopolio su alcol e tabacco e biscazziere risulta ipocrita quando diventa moralista su altri vizi come il fumo o la prostituzione, ma sostenere che fumare canne è innoquo se non salutare è da imbecilli, un tipico esempio di permeismo, altro vizio molto diffuso in italia: posso esprimermi su tutto perché per me è così, non importa se il mio interlocutore è uno che certi argomenti li tratta per professione dopo una formazione accademica, sia che si parli di economia, clima o come in questo caso di sostanze chimiche che agiscono sulla fisiologia umana poco importa, il permeista anteporrà sempre il bar alla scienza.
Collega, io sono favorevole alla cannabis medica, e ho anche scritto in proposito. Non appartengono alla relgione che dice “la canapa cura” o “la canapa danneggia”. E’ come l’acqua, si beve e causa anche inondazioni. Le isterie canapiste o il moralismo sulle droghe le lascio ad altri. Però bisogna studiare, visitare, non sparare affermazioni sull’empatia da cannabis, che induce una nota sindroma apatica nel consumo cronico. Lei quindi non conosce la materia, peccato. Si è aggiornato senza aver studiato. Cominci dall’inizio. Per quanto riguarda Evola, io non studio medicina sui testi di Evola, ma sul campo e se mai sui manuali, sui dati, cose del genere insomma.
Stiamo tutti aspettando farmaci attivi sul sistema cannabinoide, dovrebbero allargare l’uso dei cannabinoidi terapeutici, e proporli anche per molte altre malattie. Ma tutto ciò non c’entra nulla con i danni da cannabinoidi, anche perché stiamo parlando di miscele diverse.
Non so se tu stia rispondendo al mio commento ma:
1 Io non sono un tuo collega
2 Non ho mai citato Evola
3 Il mio commento non era riferito al tuo ma a quelli più sopra
4 Sei un medico o uno studente di medicina?
Hai pubblicazioni di rilievo all’attivo per atteggiarti a espertone?
5 Se hai letto bene il mio commento non appartengo a nessuna delle due fazioni da te citate e come ti ho detto non era in risposta al tuo ma a quelli per cui la cannabis fa bene.
6 Sarai anche un medico o un aspirante tale mai hai evidenti difficoltà di comprensione di un testo.
Saluti
Perdonami, la tua risposta era riferita a cotal Dario e non a me, il problema è che i miei commenti, probabilmente per problemi di rete visto che scrivo da migliaia di km dall’Italia vengono pubblicati molto in rirardo così appariva quello di Dario poi il mio e infine il tuo che sembrava in risposta al mio.
In effetti la cosa non aveva senso e mi ha irritato per questo sono stato un po’ brusco tanto più che non avevo letto che eri l’autore dell’articolo.
Ti chiedo nuovamente scusa ma se si usasse la funzione reply per replicare a un commento questi malintesi si poteebbero evitare.
Saluti