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Roma, 29 lug – Non esiste computer al mondo che non abbia un microprocessore dentro: vero cuore su cui poggiano tutti gli altri elementi che costituiscono queste macchine elettroniche così complesse. Il microprocessore è a sua volta costituito da uno o più circuiti integrati che sotto forma di rete logica digitale elaborano dei dati in output (uscita) e dei dati in input (ingresso) espressi sotto forma di segnali elettrici. Ma il vero dato sorprendente è il quantitativo di transistor presente all’interno del processore stesso, soprattutto nei modelli più recenti che armano i nostri personal computer, tablet, smartphone e altri dispositivi elettronici di consumo: su una tavoletta di silicio grande pochi centimetri (in genere un quadrato poco superiore ai 3 cm. x 3), sono presenti oltre cinque miliardi di transistor.
La storia di questa rivoluzionaria scoperta scientifica è relativamente recente. Sono 44 gli anni che ci separano dalla nascita del primo microprocessore. Il primo commercialmente degno di nota è stato il 4004 prodotto nel 1971 da Intel. Era costituito da 2.300 transistor (che in elettronica sono dei dispositivi semiconduttori) e il team che lo progettò era guidato da un italiano: Federico Faggin.
Un fisico vicentino con la passione dell’elettronica applicata che cominciò la sua carriera lavorando negli stabilimenti della Olivetti di Borgomanero, all’epoca tra le industrie all’avanguardia nel settore. Faggin contribuì alla progettazione di un piccolo computer elettronico digitale a transistor con 12 bit di memoria magnetica. Siamo nella metà degli anni ’60, in un’epoca in cui sulle scrivanie degli uffici troneggiavano chiassose macchine da scrivere e imponenti telefax.
Nel 1967 Faggin venne assunto dalla statunitense SGS-Fairchild (oggi ST Microelettronics) ad Agrate Brianza dove si mise in luce per lo sviluppo della prima tecnologia di processo a circuito integrato.
A questo punto le porte del successo si spalancarono davanti al fisico italiano. La SGS-Fairchild decise di inviare Faggin in California, a Palo Alto per la precisione, per fare esperienza. Qui egli si dedicò allo sviluppo di altri e più performanti circuiti integrati tra cui la creazione di memorie a semiconduttori. Ancora oggi, il 90% di tutti i circuiti integrati prodotti nel mondo usano la stessa tecnologia inventata da Faggin.
Il fisico italiano decise a questo punto di rimanere negli Usa dove nel frattempo la Intel, adocchiandolo, gli aveva promesso un contratto. Siamo nel 1970 e l’attuale colosso dell’informatica altro non era che una piccola azienda di componentistica per macchine calcolatrici da tavolo.
Faggin fu messo a capo di un progetto di ricerca e sviluppo che un anno dopo mise alla luce il primo microprocessore monolitico (cioè interamente contenuto in un solo circuito integrato): il 4004. Il fisico italiano volle legare indissolubilmente al proprio nome il chip, tanto da includere nella stampa del circuito originale le proprie iniziali FF.
“Non avrei mai immaginato quanto quell’invenzione avrebbe cambiato la nostra vita, non avrei mai immagino internet o gli smartphone“, così Faggin oggi, che aggiunge: “l’invenzione di quel microchip è l’equivalente per la rivoluzione tecnologica di quello che il motore elettrico è stato per la rivoluzione industriale“. Il fisico italiano ha seguito per i successivi cinque anni il concepimento di altri microprocessori di Intel contribuendo a far crescere l’azienda e a farle conquistare fette di mercato sino ad arrivare al duopolio di oggi con l’altro storico competitor statunitense: Amd. L’Italia per l’ennesima volta dimostra il valore del suo ingegno e dei suoi figli.
Giuseppe Maneggio
Roma, 29 lug – Non esiste computer al mondo che non abbia un microprocessore dentro: vero cuore su cui poggiano tutti gli altri elementi che costituiscono queste macchine elettroniche così complesse. Il microprocessore è a sua volta costituito da uno o più circuiti integrati che sotto forma di rete logica digitale elaborano dei dati in output (uscita) e dei dati in input (ingresso) espressi sotto forma di segnali elettrici. Ma il vero dato sorprendente è il quantitativo di transistor presente all’interno del processore stesso, soprattutto nei modelli più recenti che armano i nostri personal computer, tablet, smartphone e altri dispositivi elettronici di consumo: su una tavoletta di silicio grande pochi centimetri (in genere un quadrato poco superiore ai 3 cm. x 3), sono presenti oltre cinque miliardi di transistor.
La storia di questa rivoluzionaria scoperta scientifica è relativamente recente. Sono 44 gli anni che ci separano dalla nascita del primo microprocessore. Il primo commercialmente degno di nota è stato il 4004 prodotto nel 1971 da Intel. Era costituito da 2.300 transistor (che in elettronica sono dei dispositivi semiconduttori) e il team che lo progettò era guidato da un italiano: Federico Faggin.
Un fisico vicentino con la passione dell’elettronica applicata che cominciò la sua carriera lavorando negli stabilimenti della Olivetti di Borgomanero, all’epoca tra le industrie all’avanguardia nel settore. Faggin contribuì alla progettazione di un piccolo computer elettronico digitale a transistor con 12 bit di memoria magnetica. Siamo nella metà degli anni ’60, in un’epoca in cui sulle scrivanie degli uffici troneggiavano chiassose macchine da scrivere e imponenti telefax.
Nel 1967 Faggin venne assunto dalla statunitense SGS-Fairchild (oggi ST Microelettronics) ad Agrate Brianza dove si mise in luce per lo sviluppo della prima tecnologia di processo a circuito integrato.
A questo punto le porte del successo si spalancarono davanti al fisico italiano. La SGS-Fairchild decise di inviare Faggin in California, a Palo Alto per la precisione, per fare esperienza. Qui egli si dedicò allo sviluppo di altri e più performanti circuiti integrati tra cui la creazione di memorie a semiconduttori. Ancora oggi, il 90% di tutti i circuiti integrati prodotti nel mondo usano la stessa tecnologia inventata da Faggin.
Il fisico italiano decise a questo punto di rimanere negli Usa dove nel frattempo la Intel, adocchiandolo, gli aveva promesso un contratto. Siamo nel 1970 e l’attuale colosso dell’informatica altro non era che una piccola azienda di componentistica per macchine calcolatrici da tavolo.
Faggin fu messo a capo di un progetto di ricerca e sviluppo che un anno dopo mise alla luce il primo microprocessore monolitico (cioè interamente contenuto in un solo circuito integrato): il 4004. Il fisico italiano volle legare indissolubilmente al proprio nome il chip, tanto da includere nella stampa del circuito originale le proprie iniziali FF.
“Non avrei mai immaginato quanto quell’invenzione avrebbe cambiato la nostra vita, non avrei mai immagino internet o gli smartphone“, così Faggin oggi, che aggiunge: “l’invenzione di quel microchip è l’equivalente per la rivoluzione tecnologica di quello che il motore elettrico è stato per la rivoluzione industriale“. Il fisico italiano ha seguito per i successivi cinque anni il concepimento di altri microprocessori di Intel contribuendo a far crescere l’azienda e a farle conquistare fette di mercato sino ad arrivare al duopolio di oggi con l’altro storico competitor statunitense: Amd. L’Italia per l’ennesima volta dimostra il valore del suo ingegno e dei suoi figli.
Giuseppe Maneggio