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Incendio dell'hotel Balkan: ad un secolo di distanza non c'è ancora pace per Trieste

by La Redazione
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Trieste, 15 lug – A distanza di 98 anni dall’incendio dell’hotel Balkan ancora la città di Trieste non ha pace sulla sua storia. Da una parte l’Anpi e tutte le altre sigle antifasciste e filo-slovene ad attribuire il fatto ai fascisti. Dall’altra la Lega Nazionale di Trieste e la Fondazione Rustia Traine dell’On. Renzo de’ Vidovich che invece parlano di falso storico. Ma, a ben vedere, la seconda tesi pare essere, oltre che la più fondata, anche quella storicamente più vera.
Carte alla mano, infatti, due giorni fa si è tenuta una conferenza presso la sala Tessitori di Trieste in cui si sono ripercorse le tappe fondamentali di quei fatti. A partire dall’omicidio di Giovanni Nini, giovane patriota di appena di 17 anni, trafitto a morte da due “slavisti” (come venivano definiti all’epoca). Il tutto accadde durante una manifestazione di solidarietà per l’omicidio di altri due patrioti, il comandante della nave “Puglia” Tommaso Gulli ed il motorista Aldo Rossi, avvenuto il giorno prima a Spalato. Successivamente all’omicidio del giovane Nini, gli “slavisti” si rifugiarono nell’allora hotel Balkan, rincorsi da una folla spontanea che aveva assistito alla morte del patriota. Qui le versioni cominciamo a dividersi ma la tesi più accreditata e supportata, secondo la Lega Nazionale e Renzo de’ Vidovich, dai documenti presenti presso l’archivio di Stato vuole che il secondo piano dell’hotel Balkan fosse stato trasformato in una vera e propria santabarbara, fornita di armi, munizioni ed esplosivi. E proprio dal secondo piano partì la granata che uccise Luigi Casciana, tenente del Regio Esercito presente sul posto per arginare l’insurrezione. Poco dopo cominciarono a divampare le fiamme, sempre dal secondo piano, che in breve tempo inghiottirono la parte superiore del palazzo. La causa? Forse uno scoppio accidentale avvenuto all’interno del Balkan, forse il tentativo di bruciare i documenti in possesso degli “slavisti”.
Il punto della questione è che secondo questa accreditata ricostruzione, l’evento non è attribuibile alla folla né, tanto meno, ai fascisti come sostenuto dall’Anpi e dalle altre sigle filo slovene. Un fatto che però a distanza di quasi un secolo continua a far discutere. E non tanto per il suo passato, quanto per il presente, perché nonostante la comunità slovena sia già stata “ripagata” (senza un apparente motivo ndr) con un teatro per quei fatti, il Rettore dell’Università degli Studi di Trieste, sulla questione del “ritorno” del Narodni Dom alle istituzioni della comunità slovena di Trieste, ha ribadito che “stiamo lavorando in una direzione precisa. L’iter è lungo ma abbiamo dato disposizione affinché questo edificio diventi un centro di cultura scientifica e letteraria per gli sloveni e i triestini”. Insomma, un altro regalo ad una comunità già ricca che di sicuro non aiuterà a rimarginare ferite ancora sanguinanti.
Francesco Clun

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