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Australia, l’influencer trans era l’incubo dei bimbi: in manette per abusi su minori

by Cristina Gauri
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influencer trans

Roma, 7 ott — Ancora membri della comunità Lgbt coinvolti in procedimenti giudiziari per abusi sessuali su minori: è successo ad Adelaide, in Australia, dove l’influencer trans Rachel Queen Burton è accusata di almeno 8 reati sessuali commessi ai danni di alcuni bambini. Burton, che su TikTok è @rachel.queen8008, ha affrontato ieri la prima udienza presso l’Adelaide Magistrates Court tramite collegamento video dalla prigione. Le accuse di cui deve rispondere sono gravissime: vanno dall’indecenza grave alla manipolazione e allo sfruttamento di minore finalizzato alla produzione di materiale pedopornografico. I reati sarebbero avvenuti in varie località dell’Australia meridionale rurale nel corso del 2019.

L’influencer trans accusato di pedofilia

Burton, 44 anni, di Coolalinga nel Territorio del Nord, descrive se stesso su TikTok come una «orgogliosa donna trans» che sta «vivendo la mia vita migliore». Ha pubblicato 545 video sulla popolare piattaforma online e vanta 36.100 follower. Ieri i pubblici ministeri hanno chiesto che il caso fosse aggiornato di 10 settimane per consentire l’analisi elettronica del computer portatile di Burton. L’avvocato difensore si è opposto a tale ritardo, dicendo che la loro cliente era in custodia da giugno e voleva che il suo caso «si muovesse il più rapidamente e velocemente possibile». Il magistrato Simon Smart ha rinviato in custodia cautelare la signora Burton, che dovrà rispondere alle accuse a fine dicembre.

Lgbt e pedofilia: sempre più casi

Nei giorni scorsi, un altro scandalo si è abbattuto sul mondo Lgbt, più precisamente sulla potente associazione Lgbt britannica Mermaids (già coinvolta nello scandalo della Tavistockclinica degli londinese per ragazzini trans): la Bbc ha infatti reso noto che Jacob Breslow, amministratore dell’organizzazione e professore associato per le tematiche gender alla London School of Economics, partecipò a un gruppo di sostegno per pedofili, il B4U-ACT, nel 2011.

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Cristina Gauri

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