Roma, 3 lug – “Sono un medio progressista”. Una definizione, un lampo di genio, con cui Paolo Villaggio nella scena finale del primo film di Fantozzi annuncia, o meglio profetizza, nel lontano 1975, la fine del partito comunista e l’avvento del Pd (e più in generale del centrosinistra). Diventato un militante comunista grazie alla formazione ricevuta dal compagno Folagra, il ragionier Ugo Fantozzi si dà alla contestazione violenta contro la “megaditta che l’aveva sfruttato per vent’anni”. E così, sciarpa rossa al collo e parka, lancia una pietra contro le vetrate degli uffici.
Convocato dal Megadirettore Galattico Duca Conte Balabam, padrone assoluto della Megaditta che nessun dipendente aveva mai incontrato, invece di essere punito con la crocifissione in sala mensa, viene accolto benevolmente dal megadirettore. Fantozzi è sorpreso di vedere come l’ufficio abbia un aspetto francescano e sia privo delle piante di ficus, le poltrone in pelle umana e l’acquario dei dipendenti di cui si favoleggiava. Il Duca Conte lo accoglie e lo fa sedere al suo posto, gli offre del pane, spiegando che tra loro due “non c’è nessuna differenza”. Lo spaesato ragionier Fantozzi, che si aspettava di avere davanti uno spietato padrone capitalista, prova in un primo momento a rispondere: “Ma come che differenza c’è? Voi siete i padroni, gli sfruttatori. Noi invece siamo gli schiavi i morti di fame”.
Il Megadirettore risponde facendone un problema esclusivamente di “terminologia”, che assomiglia molto a quanto avviene oggi, dove dalle rivendicazioni sociali si è passati al riconoscimento di diritti individuali spesso basati proprio su questioni semantiche. Ma il vero capolavoro il Duca Conte lo realizza quando spiega a Fantozzi di “pensarla come lui e Folagra”, convinto che in questo mondo “ci sono molte ingiustizie da sanare”. Fantozzi con un certo imbarazzo, chiede allora al Megadirettore: “Ma lei non mi vorrà dire che è comunista?”. La risposta è un capolavoro: “Comunista no. Vede, io sono un medio progressista”.
Parole alle quali Fantozzi, ormai in stato confusionale e rassegnato, fanno sorgere una legittima domanda: “Ma in merito a tutte queste rivendicazioni e le ingiustizie che ci sono, lei cosa consiglierebbe di fare?”. E qui il Megadirettore si trasforma direttamente in Renzi, rispondendo con una supercazzola: “Bisognerebbe che per ogni problema nuovo tutti gli uomini di buona volontà come me e lei Fantozzi, cominciassero a incontrarsi senza violenze in una serie di civili e democratiche riunioni, finché non saremo tutti d’accordo”. Praticamente l’anticipazione del pensiero unico e dell’assorbimento da parte delle élite dominanti, di tutte le istanze relative all'”uguaglianza” e ai “diritti”. Con la collaborazione colpevole di un proletariato ormai addomesticato a colpi di politicamente corretto e finti diritti un tanto al chilo.
Davide Romano