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Israele e Iran, perché del “teatro” ci interessa poco

by Stelio Fergola
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Israele Iran

Roma, 16 apr – Diciamolo, è parso un po’ come la “bomba di Trump” in Siria di diversi anni fa, l’attacco dell’Iran a Israele di sabato scorso: centinaia di droni che non hanno sortito danni ingenti, almeno stando a quanto ci è pervenuto, e una generale sensazione di “atto da compiere” per accontentare le ale più estreme della società iraniana, dopo gli attacchi terroristici israeliani al consolato di Teheran presso Damasco.  È però parso anche un test con cui il regime degli ayatollah ha mostrato una potenza di fuoco notevole, in un contesto come quello del Medio Oriente il cui il “conflitto vivo” per il momento resta quello di Gaza, ma che collateralmente mostra ampliamenti già in tutta l’area, sebbene di minore entità. Chi liquida la questione con la scenetta teatrale senza preoccuparsi delle corde tese, però, forse commette un’ingenuità.

La guerra totale è sempre un “calcolo sbagliato”

Lo diceva con una certa proprietà di sintesi Alessandro Barbero in una delle sue numerose lezioni in pubblico sugli eventi storici più importanti della contemporaneitù, tra cui anche le due guerre mondiali. Nessuno desidera realmente una guerra mondiale. Qualsiasi potenza, in un contesto di competizione con altre, spera di “farla franca” in altri modi. O quanto meno attraverso conflitti delimitati e “sicuri” (virgolette ovviamente non casuali). Così l’Austria Ungheria nel 1914, così la Germania nazista nel 1939 (Joachim von Ribbentrop sentiva spesso un Galeazzo Ciano preoccupatissimo di una reazione delle potenze occidentali in seguito a un attacco alla Polonia che avvenne e che, a differenza di quanto pensava il ministro degli Esteri tedesco, provocò la reazione franco-britannica e quindi la guerra). Così, in generale, sempre. Chiunque attacchi o provochi le possibilità di attacchi altrui (gli Stati Uniti sono maestri di quest’ultima strategia, dai tempi di Pearl Harbor fino all’attuale crisi russo-ucraina), pensa o spera quasi sempre che la controparte non reagisca per non avere ulteriori rogne. Ovviamente, non sempre è così. Israele, con l’ultima guerra a Gaza, si è inimicata  tutta l’area circostante ancora più che in passato. E il pesce più grosso si chiama Iran. Il quale per il momento interviene per vie traverse o “telefonate” (come è probabile siano state quelle di sabato scorso). Ma un domani…

Israele e Iran, basta un niente per accendere la miccia

Insomma, se gli eserciti sono schierati, non è proprio il caso di minimizzare la questione. Certo, possiamo ricordarci che nessuno vuole realmente la guerra: Teheran ha mandato due giorni fa una sorta di avvertimento, misto alla dimostrazione di potenza di fuoco, diretto verso Tel Aviv. Dopo aver già anticipato una reazione successiva ai fattacci di Damasco del 2 aprile. Ovviamente, da parte israeliana si è annunciata una reazione. Potrebbe essere teatrale ancora una volta. Ma a tirare troppo la corda, come si suol dire, prima o poi il rischio di spezzarla diventa concreto. Anche perché Teheran è obbligata a sua volta ad annunciare una “contro-reazione”. Ed ecco che la spirale comincia a diventare potenzialmente infinita…

Stelio Fergola

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