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Italia: De Rossi sempre sia lodato, Pellè a mai più e Paolo Di Canio…

by Lorenzo Cafarchio
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italia-spagnaTorino, 7 ott – Tempo di sorrisi in casa Italia. Si perché il pareggio con la Spagna – non stiamo parlando della corazzata 2008-2012, ma di un parente prossimo – è ossigeno in vista del mondiale a casa Putin nel 2018. Abbiamo concesso tutto quello che potevamo concedere ad una squadra di palleggiatori. Ci siamo ritrovati con il 28% di possesso palla, alla fine del primo tempo, e non siamo stati in grado di mettere due passaggi in fila per quasi un’ora. Eppure alla fine abbiamo ottenuto un punto.

Gli iberici hanno un grande merito, quello di aver allungato la giovinezza a Don Andrés Iniesta. Il blaugrana è il mandriano del centrocampo, l’ombelico del mondo fatto a pallone, togliete lui alla regia e avrete un film alla Gianfranco Rosi, Fuocoammare per intenderci. Per rispondere a Julen Lopetegui, il navigato Giampiero Ventura ha affidato il compito della manovra all’asse Marco ParoloRiccardo Montolivo. Tolto il primo, onesto lavoratore con buone geometrie in quel dell’Olimpico, il milanese quest’anno ci aveva provato, provato veramente. Per contro ha rimediato l’ennesimo infortunio con l’Italia, questa volta il crociato anteriore del ginocchio sinistro, e dovrà essere operato. Il requiem sulla carriera dell’ex Fiorentina suona senza sosta.

I giornali spagnoli parlano di Buffonata. Hanno ragione, ma non parliamo di Gianluigi Buffon, l’errore è nulla davanti ai miliardi di miracoli regalati in nazionale e con la maglia della Juventus – De Rossi ci ha provato, chiedendo maggiori infortuni, il solito tristo linguaggio Rai, con indosso i colori della Vecchia Signora – parliamo di Graziano Pellè. Il leccese ha fatto il suo tempo, galvanizzato dall’era Premier League, giocava nel Southampton ora in Cina, e la mancata stretta di mano all’allenatore ligure ha messo il sigillo finale sulla sua carriera con la maglia dell’Italia. Se il cucchiaio, l’avesse almeno fatto, gli ha scavato la fossa, il cinque rifiutato a Ventura è la terra che fa sparire la bara e confina il tutto alla memoria.

Detto che sentendo le telecronache della nazionale, ci domandiamo ancora perché chi chiede la questua del canone non abbia ingaggiato Paolo Di Canio liquidato da quei fetentoni di Sky – Alberto Zaccheroni competente, ma è fatto della stessa materia del Lorazepam – ringraziamo Daniele De Rossi. Innanzitutto per aver mandato i compagni fuori dall’area di rigore al momento del tiro dal dischetto, ci pensa lui. E ci ha pensato. Seconda cosa per la tempra che dimostra ogni volta, anche dopo 100 partite azzurre fa innamorare come se fosse la prima volta.

Plausi per Alessio Romagnoli, glaciale, e il bistrattato oriundo Eder, sparito all’Inter, che quando indossa la casacca italiana si trasforma che neanche Fabio Grosso. Infine il focus sul duo Ciro Immobile-Andrea Belotti. Il primo è al bivio: da una parte Alberto Gilardino dall’altra Giampaolo Pazzini. Il secondo è pronto all’impatto. Del resto lo manda Maurizio Zamparini, sublime scopritore di talenti, sul resto sorvoliamo.

Lorenzo Cafarchio 

 

 

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