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Italiani massacrati dai partigiani di Tito: rinvenuta in Istria una nuova fossa comune

by La Redazione
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Roma, 12 lug – Castua è una cittadina medievale di poco più di 10.000 abitanti, oggi appartenente alla Repubblica di Croazia e in particolare alla Contea Litoraneo-montana, avente per capoluogo Fiume, da cui dista circa 10 km. Dopo essere appartenuta ai Conti di Duino, a Wallsee e infine all’Impero austro-ungarico (Margraviato d’Istria), dopo la Prima Guerra Mondiale Castua fu assegnata al Regno Serbo-Croato-Sloveno, per poi essere brevemente annessa al Regno d’Italia nel 1941-1943.
Nel 1992 la Società di Studi Fiumani (avente sede in Roma), con l’aiuto del parroco locale don Franjo Jurčević, aveva individuato ed esplorato nel bosco della Loza, a un km da Castua, una fossa comune profonda circa 3 metri e ricoperta con terra e pesanti massi, contenente resti umani. Ma evidentemente i tempi non erano maturi per uno scavo più approfondito e l’iniziativa non ebbe seguito, anche se il 4 maggio di tutti gli anni la Società di Studi Fiumani, in collaborazione con don Franjo Jurčević, ha continuato durante tutti questi anni a celebrare una messa di suffragio in memoria delle vittime. Fu lo storico Amleto Ballarini, autore con il croato Mihael Sobolevski del volume Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947), pubblicato nel 2002 dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, a formulare in sede scientifica l’ipotesi che le vittime fossero civili e militari italiani arrestati a Fiume nel maggio 1945.
Il 7 luglio 2018, in attuazione dell’accordo italo-croato del 6 maggio 2000 sulle sepolture di guerra e grazie all’impegno dello delle autorità croate, del Commissariato per le Onoranze ai Caduti in Guerra, del Ministero degli Affari Esteri, della Presidenza del Consiglio e del Tavolo di coordinamento Governo – Associazioni Esuli Fiumani, Istriani e Dalmati, è stato concluso uno scavo sistematico della fossa comune.
Lo scavo ha riportato alla luce scheletri umani in condizioni frammentarie appartenenti a un gruppo tra le sette e le dieci persone, nonché una serie di oggetti (due orologi, una protesi con due denti d’oro, dei pettini, un gemello da polso ed un bocchino da fumo) che potrebbero portare all’identificazione dei resti. Secondo le testimonianze raccolte, le vittime sarebbero civili e militari italiani, arrestati a Fiume dalla polizia segreta partigiana di Tito (OZNA) dopo la fine delle ostilità belliche e massacrati dai partigiani slavo-comunisti a Castua il 4 maggio 1945.
riccardo gigante fossa comuneUno degli scheletri rinvenuti apparterrebbe al noto politico fiumano Riccardo Gigante (1881-1945), irredentista sotto l’Austria-Ungheria, volontario nel Regio Esercito e decorato con la Croce di guerra al valore militare durante la Grande Guerra, sindaco (1919-1920) e podestà (1930-1934) di Fiume, senatore del Regno (1934), presidente della Società Fiumana di Navigazione (1937), infine Governatore della Provincia del Carnaro durante la Repubblica Sociale Italiana (1943-1945). Tra gli altri resti umani potrebbero esserci quelli del giornalista Nicola Marzucco, del vicebrigadiere dei Carabinieri Alberto Diana del maresciallo della Guardia di Finanza Vito Butti.
I resti e gli oggetti ritrovati nella fossa comune sono stati consegnati al Consolato italiano di Fiume, dove li attende l’analisi di un anatomopatologo per l’individuazione del numero effettivo e possibilmente dell’identità delle persone sepolte. Lo scavo alla fossa di Castua rappresenta un successo, seppure amaro, conseguito a decenni di distanza ed ottenuto grazie all’insistenza delle Associazioni che hanno da sempre richiesto di onorare i propri caduti.
La Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati (Federesuli), che riunisce le cinque associazioni più rappresentative dei 350.000 esuli italiani (e loro discendenti) dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia e alla cui guida è stato recentemente confermato Antonio Ballarin, ha già chiesto alle autorità italiane e croate l’apposizione, a Castua e in tutti gli altri luoghi che furono teatro degli eccidi avvenuti durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale a danno della popolazione italiana dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, di lapidi multilingue per conservare la memoria storica di tali tragici avvenimenti. Una richiesta che, per il suo indubbio valore etico, merita senz’altro piena condivisione e sostegno da parte dell’opinione pubblica e delle istituzioni sia italiane, che slovene e croate, con l’auspicio che la ricerca dei resti delle vittime di una delle più grandi tragedie della storia nazionale ed europea possa proseguire in tutto il territorio dell’Adriatico orientale.
Carlo Altoviti

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4 comments

Dino de Fasto 12 Luglio 2018 - 2:00

Fatelo leggere alla boldrini

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Andrea Spilotti 12 Luglio 2018 - 8:26

non solo alla boldrini ma anche a personaggi come fiano (tanto attento a cautelare la sua etnia che massacra continuamente il popolo Palestinese) o al copione re della demagogia spicciola saviano

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Commodo 13 Luglio 2018 - 9:14

La SBOLDRA?… “Non si può svegliare qualcuno che da finta di dormire”. Proverbio Indiano

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angelo 13 Luglio 2018 - 11:53

ONORE AI CADUTI!

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