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Le mani della J.P. Morgan sulla riforma costituzionale

by La Redazione
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renziRoma, 29 ago – Come tutti noi sappiamo questo autunno si terrà un referendum costituzionale in grado di rivoluzionare il sistema politico italiano. Tale riforma è stata fortemente voluta dall’attuale Primo Ministro Matteo Renzi, i punti cardine di questa revisione costituzionale sono:

-Il superamento del bicameralismo paritario, attraverso il depotenziamento del Senato che acquisterebbe una posizione di mero controllo delle attività politiche e della pubblica amministrazione, perdendo così la facoltà di votare la fiducia al Governo, oltre ciò i nuovi senatori non saranno più eletti ma nominati dai Consigli Regionali. Questa nuova camera acquisterebbe così il ruolo di punto di raccordo tra Stato e Regioni. In oltre il nuove Senato, nel caso si voti su leggi con riserva costituzionale (leggi tributarie, leggi di bilancio leggi di ratifica di trattati internazionali, amnistie e indulti), si comporterebbe come nel vecchio ordinamento, non snellendo quindi il procedimento legislativo, che sarebbe uno degli obbiettivi di questa riforma.

-La riforma del titolo V della Costituzione, ossia la diversa ripartizione delle competenze tra Stato ed Enti Locali, a favore del primo. Con questa riforma gli enti locali si ritroveranno privi dell’autonomia finanziaria necessaria per creare e gestire le varie reti di distribuzione dei servizi pubblici fondamentali, lasciando così un ampio spazio a privatizzazioni affascinanti per i capitali esteri, che vedono in questa manovra un mezzo per lucrare sulle spalle dei cittadini gonfiando tariffe e costi fissi di gestione.

-L’abolizione delle Province, o meglio il loro depotenziamento ad enti di aerea con limitate funzione, a favore dell’istituzione delle Città Metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria e il distretto di Roma Capitale e da come riportato dal sito del internet del governo: “La Città metropolitana avrà funzioni istituzionali di programmazione e pianificazione dello sviluppo strategico, coordinamento, promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione.” Lasciando così così milioni di cittadini italiani con uno strato istituzionale in meno.

Passiamo ora alla cronistoria di come la banca d’affari americana abbia potuto mettere le mani su questa riforma costituzionale. Nel lontano 2013, la J.P. Morgan pubblicò un documento di 16 pagine in cui vengono riportati dei consigli, indirizzati ai paesi dell’Europa del Sud, per tornare economicamente competitivi ed uscire dalla crisi del debito. L’anno successivo, il 2014, avviene un incontro tra Matteo Renzi neosegretario del Partito Democratico e l’ex Premier britannico, ora consulente della J.P. Morgan, Tony Blair, non il primo incontro tra i due che si erano già incontrati nel 2012, quando l’attuale premier era Sindaco di Firenze. Questo feeling tra i due uomini politici porta il quotidiano britannico Daily Mirror a scrivere: “Renzi è il Blair italiano non solo nelle intenzioni politiche, ma anche nelle alleanze economiche. Un esempio? La JpMorgan”.

Tornando al documento emanato dalla banca d’affari, al suo interno si parla di: flessibilità, privatizzazioni e liberalizzazione dei settori industriali protetti dallo Stato, tutte manovre che l’attuale governo ha trasformato nelle proprie politiche. Oltre a ciò nel dossier possiamo trovare passaggi come “I sistemi politici e le costituzioni di alcuni paesi del Sud presentano caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea”. Secondo gli analisti della banca d’affari la nostra Costituzione avrebbe infatti un carattere troppo socialista. Tale carattere sarebbe di intralcio al processo di integrazione europea e agli investimenti finanziari del capitale internazionale.

Indi per cui la J.P. Morgan, dopo aver contribuito a causare l’inizio della crisi nel 2008, ora ci viene a spiegare come dovremmo rilanciare l’economia. Siamo veramente sicuri che la banca d’affari statunitense pensi veramente a come risollevare l’economia nazionale italiana e non a come espandere il suo potere e la sua influenza?

Pietro Ciapponi

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1 commento

Luca 29 Agosto 2016 - 6:24

Qualsiasi cosa tolga collegialità e confronto parlamentare va bene. Quanto all’appoggio delle istituzioni finanziare, per la brexit non vi ha impedito di valutare serenamente il merito della questione. Qualunque cosa diminuisca gli iter parlamentari, anche se proposta da Mastella, mi andrebbe bene. Un organo legislativo bicefalo è una barzelletta.

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