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Joe Hart al Torino, il colpo che sminuisce Higuain e Pogba

by Lorenzo Cafarchio
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hartTorino, 31 ago – “There is only one Joe Hart”. Nella sera del 24 agosto scivolava via lenta ed inesorabile la sfida tra Manchester City e Steaua Bucarest, ritorno dei preliminari di Champions League. La gara era in ghiaccio, 1-0 per i Citizen forti, inoltre, della vittoria in Romania per 5-0, mentre il pubblico dell’Etihad Stadium iniziava a cantare. Le parole erano indirizzate all’orecchio di Joe Hart – estremo difensore della parte blue di Manchester e numero uno della nazionale dei Tre Leoni – “there is only one”, gli occhi quasi lucidi, la fascia al braccio di capitano stringeva forte, più forte che in qualsiasi altra partita. Quella è stata l’ultima serata da eroe tra i pali nella perfida Albione, almeno per il momento, per il 29enne nato a Shrewsbury. Pep Guardiola ha scelto, in stile Barça, Claudio Bravo, nazionale cileno giunto in Inghilterra direttamente dall’area piccola del Camp Nou.

Prestito secco e Manchester diventa Torino, sponda granata. Non ce ne vogliano gli amanti della Vecchia Signora, i visionari del pallone alla Paul Pogba, i calcolatori alla Mino Raiola, ma quello messo a segno da Urbano Cairo è il miglior colpo di mercato di questa estate. Un’estate italiana – 90 milioni per Higuain, 100 e rotti per il tuttocampista di Lagny-sur-Marne – che tramonta in via Arcivescovado, sede del F.C. Torino, brillando di luce innaturale. Questa trattativa (lo sceicco Mansur bin Zayd Al Nahyan pagherà il 60% del contratto faraonico che percepisce Hart) ha il sentore di videogioco, di artificiale, suona come una missione impossibile tra agenti e contratti. In tanti hanno paragonato il trasferimento alle modalità riscontrate in Football Manager, gioco manageriale sul mondo del calcio, e la sensazione è che nel pallone dei miliardi margini di manovra, risicati, siano ancora possibili.

Il portiere dell’Inghilterra, facile agli scivoloni, nome da annoverare nel Gotha del manto verde – secondo solo ai vari Buffon, Neur e Courtois – passerà da un difesa formata dal quartetto Zabaleta, Kompany, Otamendi, Clichy – per non parlare di Mangala, Sagna, Stones… – a una più modesta con Zappacosta, Castan, Bovo, De Silvestri. Sarà tutto nelle sue mani, anzi nei suoi guantoni. Perché scegliere di lasciare la Premier League, meta agognata da chiunque sappia fare due palleggi in fila, per restare titolare ed approdare in una nobile decaduta, lontana delle Coppe, è una scelta forte. Una scelta di cuore che ha il sapore di Brexit, viziata dal fatto di essere stati estromessi dal proprio regno e consapevoli che era giunto il momento di trovare un’altra casa. “How many special people change?”, la colonna sonora degli Oasis come viaggio nella città più inglese d’Italia, quella Torino che respira ancora, nella sua periferia, attraverso i polmoni malconci della Rivoluzione industriale. Don’t Go Away, intonano ancora una volta i fratelli Gallagher, mentre il charter di Hart ha già raggiunto la destinazione prefissata.

Il gusto della cultura britannica ci accarezza, dai gradoni alla musica passando per il vestiario, merito della voglia matta dei granata di tornare a specchiarsi con un passato troppo lontano e troppo ingombrante. I giorni di trasferta dell’inglese in riva al Po sono all’inizio, non resta che goderci il viaggio.

https://www.youtube.com/watch?v=bT_P70qFe6I

Lorenzo Cafarchio

 

 

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4 comments

Luca 31 Agosto 2016 - 7:28

L’anglofilia, come l’antijuventinità, è una patologia. Fatti curare.

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Antonio 1 Settembre 2016 - 3:09

E’ chi segue la giuve che deve farsi curare, semmai.

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DanFortesque 3 Settembre 2016 - 3:29

Caro Luca, ho molti amici juventini che si sono emozionati con me, tifoso del Toro, all’arrivo di un gran giocatore come non se ne vedevano da decenni sulla sponda povera di Torino. Purtroppo di juventini sportivi come loro ce ne sono pochi, e gran parte di voi è arrogante, prepotente e supponente come dimostri nel tuo commento. Non avete alcun rispetto per le squadre avversarie, anzi le sbeffeggiate irridendole per i pochi tifosi (Chievo), per i pochi scudetti (Roma, Napoli) e per altri motivi che con lo sport hanno poco a che fare. Non stupitevi se siete la tifoseria più detestata d’Italia, e non illudetevi che sia per le vostre vittorie, ma per l’assoluta mancanza di sportività del 90% della vostra tifoseria. Lasciate sognare noi del Toro, la parte bistrattata ma sognatrice di Torino (sempre che tu ci sia mai stato a Torino) per questo prestito dal grande valore simbolico e romantico che ci permette di rialzare la testa per una volta tanto.

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carlo 5 Settembre 2016 - 5:57

ma è arrivato in aereo …?!

Senza offesa Dan ma siete sempre più acidi e permalosi (oltre che come sempre, autoreferenziali e sopravvalutati).

Un Bacio

Torino, 1 Novembre 1897

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