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Roma, 1 apr – Quando si parla di influenza cinese in Africa, la prima cosa che viene in mente sono le imprese cinesi che costruiscono opere infrastrutturali o che estraggono materie prime. Tuttavia c’è un altro aspetto meno noto ma altrettanto importante: i commercianti cinesi che aprono negozi in Africa e vendono merci prodotte in Cina.
Kenya, la rivolta contro i commercianti cinesi
Anche se nessuno conosce il vero numero dei cinesi in Africa, si stima che siano circa un milione e molti di essi sono appunto negozianti che importano merci cinesi da rivendere nel continente nero a prezzi stracciati. Questo fenomeno non deve sorprendere visto che per la Cina l’Africa rappresenta un grosso mercato. La concorrenza cinese crea però grossi problemi ai commercianti e agli imprenditori africani visto che non riescono a competere.
E’ un malumore crescente, prova ne sia quanto accaduto di recente in Kenya, dove migliaia di commercianti kenioti sono scesi in piazza contro i commercianti cinesi accusandoli di fare concorrenza sleale. A scatenare le ire dei negozianti di Nairobi è stato in particolare l’arrivo della società China Square Retail che vende i suoi prodotti a prezzi troppo bassi. Episodio che ha spinto i commercianti kenioti a marciare verso gli uffici del Parlamento.
Al momento la reazione del governo è stata contradditoria, perché se da una parte il ministro del Commercio ha promesso che avrebbe revocato la licenza all’azienda cinese, dall’altra il segretario del ministero degli Affari Esteri ha dichiarato che chiunque è benvenuto in Kenya come investitore, qualunque sia la sua nazionalità. La polemica è destinata a durare a lungo, anche considerando che in Kenya è crescente il risentimento nei confronti della Cina, accusata di offrire prestiti onerosi col solo scopo di prendere il controllo di importanti infrastrutture. Molti citano come esempio la costruzione di una linea ferroviaria per la quale la Cina ha erogato 3 miliardi di dollari, una spesa ritenuta dai cittadini kenioti decisamente esorbitante.
Giuseppe De Santis
2 comments
La solita guerra tra importatori di prodotti e servizi (favoriti da un governo compiacente che “mangia” grazie alla locale “IVA”), pro Pil alla faccia della politica economica locale.
Invece in Italia le pecore si bevono il caffè tutti i giorni dai cinesi