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La Dalmazia e la Milizia volontaria anticomunista

by La Redazione
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milizia anticomunista

Roma, 10 sett –  Milizia volontaria anticomunista (Mvac o più semplicemente bande Vac) è il nome dato a formazioni militari locali in Dalmazia. Emanazione del Governatorato italiano creata nel giugno 1942, era formata da 26.500 uomini. Cinquecento erano del reparto “Dinara”, prevalentemente serbi cristiani greco-ortodossi (cioè cetnici) che, malgrado fossero cittadini della Croazia, non volevano dipendere da Zagabria. Nel Regno di Jugoslavia erano stati per anni il popolo dominante e il loro nazionalismo aveva generato vere e proprie persecuzioni ai danni delle altre etnie, in particolare verso i croati. Dopo la sconfitta della Jugoslavia nel 1939, il neonato governo della Croazia mise in atto pesanti misure discriminatorie contro di essi e una parte di loro trovò rifugio in Italia. I restanti 26mila militi erano del reparto “Zara”, croati provenienti dalla zona annessa al Regno d’Italia. Queste bande vennero create a causa dell’inadeguatezza delle nostre truppe davanti alle imboscate dei partigiani. I militari italiani, infatti, oltre a una scarsa pratica delle tattiche di controguerriglia, non conoscevano il territorio. Essendo milizie ausiliarie dell’esercito italiano, al comando di ogni formazione vi era un ufficiale distaccato dal regio esercito, prevalentemente locale (dalmata), che era affiancato da un ufficiale di etnia slava (serba o croata). Allo stesso modo i sottufficiali erano in parte elementi locali, in parte militari del regio esercito. Contava il grado e non l’etnia.

La nascita, la formazione e la controguerriglia

Si iniziò formando milizie paesane, affiancate ai Carabinieri nella difesa del territorio. L’arruolamento era volontario e avveniva fra i nativi della provincia. Il loro copricapo era il simbolo più famoso, tradizionalmente usato dai contadini della zona. Piatto, come un tamburello nero con una frangia ricadente, aveva la parte superiore di colore rosso per i componenti delle bande cattoliche e di colore arancione per quelle greco-ortodosse, sul fronte vi era un teschio con il pugnale tra i denti sovrapposto a una coccarda con il tricolore italiano.

Le bande erano mobili e utilizzate in ogni angolo della provincia, divise in plotoni con una forza oscillante tra i 100 e i 250 uomini. Le formazioni della provincia di Zara erano in tutto nove, divise in 2 battaglioni: quello cattolico e quello greco-ortodosso. Il comandante della divisione Zara, generale Carlo Viale, mostrò in un rapporto i principali compiti delle bande: controllo dell’attività svolta dalla popolazione nella zona di giurisdizione, raccolta di informazioni, repressione armata di ogni azione a carattere partigiano, concorso alle operazioni con reparti del regio esercito. Nel medesimo documento disse che le bande avevano avuto notevoli risultati prestando sorveglianza alle strade, alle opere d’arte e alle infrastrutture, mettendo un freno agli atti vandalici e violenti di elementi “perturbatori”. Un importante contributo fu l’attività informativa che aveva consentito efficaci operazioni anti-partigiane.

Spiegava sempre Viale che, dal punto di vista operativo, le bande agivano in tre modi. Innanzitutto assieme ai reparti dell’esercito, durante azioni di una certa importanza in cui le bande svolgevano funzioni di esplorazione, agganciamento del nemico, fiancheggiamento e aggiramento. In secondo luogo a banda riunita, isolata, quando agivano nella propria zona di sorveglianza per operazioni nelle quali era richiesto l’intervento immediato e rapido. Infine a banda frazionata in grosse pattuglie, per la normale attività operativa di ricognizione, raccolta notizie, accertamenti e sopralluoghi, scorta indiretta alle autocolonne, appostamenti soprattutto notturni, colpi di mano.

Le azioni della Milizia anticomunista

Scontri, appostamenti, azioni notturne, colpi di mano, operazioni di ricerca e annientamento delle forze ribelli – cioè rastrellamenti – in concorso con reparti di una certa consistenza, questo era il contrasto operato verso i partigiani in molte loro azioni. Un esempio è rappresentato dall’operazione volta a ridimensionare la forza dei partigiani che, nel triangolo Vodize-Zaton-Aurana, avevano costituito il primo battaglione del Litorale, forte di 200 uomini, agli ordini di Drago Zykovic. Il comando della divisione Zara preparò un’operazione di annientamento, utilizzando una formazione del 292º fanteria, il battaglione camicie nere “Tevere”, una compagnia del battaglione Vespri, una batteria 65-17 e quattro bande Vac Il nemico venne agganciato, il capo dei partigiani riuscì a fuggire mentre i suoi gregari lasciarono sul terreno 54 morti. Le truppe italiane contarono solamente 12 caduti, due dei quali ufficiali e tre volontari delle bande.

In Dalmazia nel 1943 il contrasto si accentuò sempre di più e lo scontro divenne ancora più cruento. Il 13 aprile, nella zona di Chistagne, venne attaccato dai partigiani un distaccamento della banda anticomunista, cinque volontari della quale furono uccisi e venti catturati. Il successivo 16 aprile la banda, al comando del sottotenente Finestra, sorprese i partigiani uccidendone 14, catturandone 5 e liberando 5 loro camerati tenuti prigionieri. Il 7 luglio fu una giornata dura: una banda Vac subì un’imboscata da parte di formazioni partigiane cui seguì un combattimento durato ben 4 ore. Il sottotenente Antonio Vakassina, asserragliato in una casa, si sacrificò per consentire a gran parte dei suoi uomini di salvarsi. Esaurite le munizioni, fu ucciso: per il suo coraggio gli venne conferita la medaglia d’oro alla memoria.

Un altro combattimento importante fu quello in cui i partigiani attaccarono un’autocolonna di 30 camion scortati da due autoblinde e un’auto protetta sulla strada Zara-Sebenico, in località Scardona. Le bande, in questo caso greco-ortodosse, procedettero al disimpegno. L’efficacia dell’azione si misurò sul numero delle perdite: l’attacco partigiano causò agli italiani 18 morti e 23 feriti, mentre le bande registrarono solamente 4 caduti, malgrado avessero assalito e respinto il nemico, uccidendo 13 partigiani, e catturandone pure 7.

L’ultima operazione e l’8 settembre

L’ultima operazione delle bande fu quella del 5 settembre del 1943 quando, affiancate al 292° reggimento fanteria, andarono in soccorso a un reparto tedesco caduto in un’imboscata, salvandolo dall’annientamento. Dopo l’8 di settembre le bande si sciolsero e i loro membri confluirono nelle formazioni della Rsi, soprattutto Gnr e brigate nere (stante il loro ruolo di difesa territoriale). Il raggruppamento sotto il comando di Tommaso David entrò nella marina germanica, mentre i militi ortodossi aderirono all’organizzazione cetnica.

Francesco Maria Attolini

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