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La mafia nigeriana dei “Vichinghi”. Ecco come si integrano i migranti

by La Redazione
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mafia nigeriana

Roma, 6 ott – Un rito magico-religioso può condurre l’uomo a trasformarsi in simbolo. C’è in noi un richiamo ancestrale che sfonda il labile confine tra realtà e fantasia, generando il mito che si staglia al di sopra di esse. Lo spiega mirabilmente Mircea Eliade nelle sue opere, pietre miliari imprescindibili per chiunque tenti di cogliere il senso profondo del complesso rapporto che abbiamo ad ogni latitudine con la spiritualità. Quando però il rito finisce per ridursi a strumento della criminalità si perde qualunque contatto evocativo con il trascendente e l’immateriale diventa semplicemente un giogo che sottomette l’essere umano fino a dilaniarlo. E’ il caso delle ragazze africane provenienti dallo stato di Edo, nel sud-ovest della Nigeria, che vengono quotidianamente sottoposte al juju, che di per sé non è un termine negativo ma identifica l’insieme delle religioni animiste dell’Africa Occidentale. E’ oggi però utilizzato, attraverso amuleti e incantesimi, da presunti sciamani nigeriani per convincere giovani (anche minorenni) appartenenti alle famiglie più povere dello stato di Edo, a partire alla volta dell’Italia per prostituirsi.

In realtà l’operazione di convincimento è più banale e spietata allo stesso tempo, questa sorta di capi religiosi locali sono spesso a libro paga delle confraternite legate alla mafia nigeriana. Persuadono le ragazze che in Europa troveranno normalissimi lavori ben pagati e potranno così garantirsi un raggiante futuro, oltre a inviare soldi a casa per aiutare le loro famiglie indigenti. “La forte fede che hanno negli spiriti e il desiderio di uscire dalla povertà e migliorare la propria condizione sociale sono gli ingredienti che costituiscono un terreno molto fertile per il proliferare della tratta di esseri umani e della riduzione in schiavitù,” spiega a VICE News Andy Desmond, ex detective di Scotland Yard e oggi consulente nella lotta al traffico di esseri umani. “Le donne – spiega Desmond – non riescono a intraprendere da sole il viaggio verso l’Europa. Come fanno a procurarsi un passaporto o un visto? Come possono permettersi un biglietto aereo? È qui che fanno il loro ingresso le madame e i trafficanti.”

In pratica, a libro paga della mafia nigeriana non vi sono soltanto gli pseudo sciamani locali, dopo di loro nella catena che porta le ragazze nigeriane a giungere in Italia ci sono le cosiddette “madame”, spesso ex vittime (quindi ex prostitute) trasformate in mediatrici che rassicurano le nuove schiave del sesso, insieme ai trafficanti, sotto lauti compensi, le conducono fino alle coste libiche attraverso i confini inesistenti tra Nigeria e Niger (grazie alla Cedeao) e poi pagando altri trafficanti tuareg che controllano il confine poroso tra Niger e Libia. Dalle coste dell’ex colonia italiana le ragazze pagano altri schiavisti per salire sui barconi che arrivano in Sicilia. Barconi cosiddetti “fantasma” perché spesso non intercettati dalla Guardia Costiera, con gli equipaggi fatti letteralmente sparire dalla mafia nigeriana che li preleva sulle coste siciliane. E qui inizia una storia troppo a lungo celata, che adesso viene a galla dopo anni di ipocrisie istituzionali e azioni criminali incontrastate. Sui barconi fantasma infatti non ci sono soltanto ragazze che finiranno sul mercato nero della prostituzione, controllato prima dalla spietata Black Axe e adesso soppiantata dai cosiddetti “Vichinghi”, ovvero un altro clan mafioso nigeriano. Ci sono migliaia di giovani uomini che finiscono per unirsi, coercitivamente e non, a chi oggi controlla in Italia buona parte del traffico di droga.

Il Times e il Guardian hanno dato un notevole risalto all’attività della criminalità nigeriana nella nostra Nazione, spiegando come sia arrivata in molti casi a soppiantare anche le nostre organizzazioni mafiose. A Palermo controlla di fatto l’immigrazione clandestina, perché se in un primo momento vi era una sorta di collaborazione con ‘Ndrangheta e Cosa Nostra, adesso i gruppi criminali africani hanno raggiunto una completa autonomia. I “Bucanieri”, i “Black Axe”, gli “Eiye” e oggi, soprattutto, i più potenti, i “Vichinghi” (i cui membri sono soliti portare il machete come arma), non si limitano a scontrarsi tra di loro ovviamente, ma arrivano grazie ai flussi migratori ad avere un numero elevatissimo di appartenenti e di sodali che garantiscono coperture fino a qualche anno fa impensabili. Secondo Rodolfo Ruperti, capo della polizia di Palermo, i Vichingi sono un’organizzazione “molto gerarchica, con capi presenti in ogni città, un capo per l’Italia e si stanno organizzando per trovare un capo per tutta Europa” che importa circa 8 mila prostitute all’anno nella sola Palermo.

In pratica oggi in Italia grazie al lassismo istituzionale e alla politica delle porte aperte, ci ritroviamo una nuova mafia probabilmente ancora più spietata delle mafie autoctone. Mentre parte dei nostri parlamentari si dà allo sciopero della fame per lo ius soli e un intero mondo politico, associazionistico, religioso, continua a parlarci di accoglienza, sorge spontanea una semplice domanda: a che punto siamo con l’integrazione della mafia africana? Attendiamo lo sciopero degli sciamani juju?

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Tony 7 Ottobre 2017 - 6:21

..esercitano il diritto di mafia…una specie di ius soli…

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