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La morte della bellezza in nome del politicamente corretto

by La Redazione
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Roma, 7 apr – Body positivity e cosmeticoressia, due termini apparentemente agli antipodi. Questo perché, sebbene col proprio significato, hanno però la stessa radice, precisamente quella culturale, in quanto entrambi sono il frutto della scorretta mentalità del politicamente corretto. Una mentalità intrisa di ipocrisia che, inevitabilmente, porta al paradosso, a sua volta frutto della totale mancanza di equilibrio ed armonia. Aspetti questi ultimi che rappresentano l’essenza della bellezza, proprio come dimostrato dall’ arte romana che, non per nulla, ha emulato l’equilibrio e l’armonia di quella greca.

La distruzione della bellezza

Ecco perché la body positivity e la cosmeticoressia sono il perfetto combinato disposto del paradosso che regna nel politicamente corretto. Da un lato, infatti, con la body positivity si ha l’accettazione di tutti gli aspetti fisici a prescindere da taglia, forma, colore della pelle, genere e abilità fisica e, di conseguenza, la contestazione degli standard di bellezza come un costrutto sociale da abbandonare; dall’altro invece, con la cosmeticoressia si ha l’esatto opposto ossia l’eccessiva preoccupazione per l’aspetto fisico e l’ossessione di soddisfare determinati standard di bellezza. Una body positivity che vede come sua paladina una donna in sovrappeso o influencer che sbattono sui social la loro cellulite per gridare al mondo la loro forte autostima. Una body positivity che, infatti, ha dato vita a neologismi politicamente corretti come “grassofobia“, ma che, nel mentre, promuovono uno stile di vita completamente scorretto. Tutto questo perché manca proprio quell’ equilibrio e quell’ armonia, la cui assenza porta di conseguenza a elogiare e promuovere le modelle curvy. Questo sempre in nome della coerente incoerenza politicamente corretta visto che: se è giusto condannare il sottopeso, dovrebbe essere altrettanto giusto condannare il sovrappeso, come sarebbe altrettanto giusto condannare non solo l’anoressia ma anche l’obesità. Mancanza di equilibrio e armonia che danno vita alla morte della bellezza. Proprio come avviene anche con la cosmeticoressia, ma per l’eccesso opposto che, infatti, degenera in una cura non salutare ma maniacale della bellezza, portando come sue principali vittime, come spesso accade, le adolescenti e addirittura le bambine.

Il caso delle “Sephora Kids”

Per di più, negli ultimi mesi, sembra proprio che la situazione sia degenerata, in quanto è diventato virale l’hashtag #SephoraKids, dove, infatti, a essere protagoniste dei turorial skincare sono proprio preadolescenti, o perfino bambine, che esfoliano la pelle e applicano sieri e creme anti-age come esperte beauty influencer. Per questo motivo, queste giovanissime sono state soprannominate “Sephora Kids”, proprio perché vanno per negozi di bellezza del marchio omonimo, chiedendo consigli e maneggiando i tester. Un fenomeno inquietante proprio perché ha come protagoniste bambine e ragazze della Gen Alpha (nati tra il 2010 e il 2024) che oggi hanno tra gli 8 e i 12/13 anni. Complici di questo malsano fenomeno, come sempre, sono i social. In particolare, TikTok ha notevolmente contribuito allo sviluppo della tendenza, portando i giovani a guardare i video di Get Ready With Me (GRWM) e ad alzarsi presto per intraprendere questi laboriosi rituali di bellezza prima della scuola. Negli USA si ha l’esempio delle figlie di Kim e Kourtney Kardashian di 10 e 11 anni, che hanno condiviso video della loro routine di cura della pelle. Una diffusione social della beauty routine delle mini-influencer, che ha portato molte coetanee a fare altrettanto, andando così nei negozi di prodotti di bellezza per emulazione. Ma al peggio non c’è mai fine, in quanto secondo la British Association for Dermatologists, ispirate sempre dai social media, sembra che le bambine e le adolescenti stiano praticando rigorose routine anti-età. Uno scenario raccapricciante confermato dai dati: su 9.200 adolescenti la spesa per la cura della pelle è aumentata del 19%. Questo è quanto emerso lo scorso autunno secondo la banca d’investimento Piper Sandler che ha analizzato, appunto, le abitudini di acquisto di circa 9.200. Secondo le statistiche, le preadolescenti guidano la crescita dell’attenzione di massa per la cura della pelle con il 49%, secondo i dati del NIQ (Consumer Intelligence Provider). Anche in Italia la situazione è allarmante, in quanto gli esperti del Centro Studi di Cosmetica Italia hanno confermato che la Generazione Alpha è la più beauty addicted di sempre e usa più cosmetici dei suoi coetanei di dieci anni fa.

Falsi miti che nascondono solo ipocrisia

Body positivity e cosmeticoressia: due facce scorrette della stessa medaglia politicamente corretta. Due tendenze, mode o semplicemente malsani stili di vita, dove a essere offesa è proprio la vita stessa tra negazione della realtà e oltraggio alla bellezza. Una realtà in cui, infatti, il grasso si definisce in modo diverso per renderlo più “commestibile” alle orecchie sensibili e le ragazzine, ossia le donne del domani, sono in bilico tra l’eccesso della trascuratezza (perché far vedere i propri difetti, anziché correggerli, è un atto eroico) e della perfezione (perché così hanno deciso i canoni di bellezza del web). Eppure, basterebbe semplicemente chiamare la realtà col suo nome, insegnando ai giovani che i difetti, se è possibile, si correggono tra spirito di sacrificio, forza, volontà, e se non è possibile, si accettano senza creare falsi miti rendendo di conseguenza bello ciò che di fatto non lo è. Insegnare ai giovani che la perfezione si raggiunge proprio quando si è consapevoli che ognuno è perfetto nella sua imperfezione. Ciò avviene proprio quando si raggiunge quell’equilibrio e quell’ armonia fatti di onestà intellettuale anziché di falsi miti nascosti da parole politicamente corrette ma profondamente scorrette nei contenuti.

Nemes Sicari

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